E’ stato un po’ il nostro “benvenuto” alla nuova stagione e, in quanto tale, è stato complessivamente un bel benvenuto. Lattexplus Festival, a seconda di come lo si guardava, poteva essere l’ultimo festival dell’estate o il primo della nuova stagione: visto che è bello guardare al futuro, ci piace di più vederlo nella seconda maniera. E c’è un’altra cosa da dire: ovvero, Firenze. Già da un paio d’anni ci capita sempre più spesso di fare cronache legate a zone toscane, e non dev’essere un caso: fermo restando che la tradizione da quelle parti è immensa (Insomnia, Jaiss, ma gli esempi sarebbero mille) e che sempre da quelle parti c’è chi ha portato avanti il verbo del clubbing ad alti livelli da praticamente sempre (Tenax) o con insolita grandeur negli ultimi tempi (Decibel), è anche vero senza stare sulle “solite cose” che Firenze è stata anche un “unsung hero” per la scena italiana beats più creativa (il lavoro fondamentale da informatore di Andrea Mi o quello della label Fresh Yo!, i seminali Ether, il fenomenale Clap! Clap!…), aka gente-che-alza-il-livello, nonché uno di quei posti dove si combinavano faccende interessanti apparentemente opposte fra di loro (vedi il dancefloor di Nextech e l’avanguardia colta di Musicus Concentus).
Insomma, quasi senza accorgercene – perché a Firenze non si sono mai posti troppo il problema di comunicarsi all’esterno per mille motivi, validi e non validi – da quelle parti lì si può parlare davvero di un patrimonio passato, presente e possibilmente futuro di alto alto livello. Nulla di strano che tutto questo si tramuti in un festival di qualità: e di qualità, a Lattexplus Festival, ce n’è stata parecchia, lo scorso 7 ed 8 settembre. Ce n’è stata innanzitutto in cose importanti spesso trascurate: la struttura, l’impianto audio, quelle piccole attenzioni (ad esempio, il riciclo dei bicchieri di plastica) che rendono un evento più accogliente ed interessante. Molto bene.
(Peggy Gou riempie sempre, ma… continua sotto)
E molto bene anche alcuni set: in primis Dj Tennis (e ce lo si poteva aspettare, tra passato, psichedelia e futuro) ed Avalon Emerson (idem), mentre per quanto riguarda il Mount Kimbie dj set uno poteva non aspettarsi granché invece chi c’era di loro c’ha preso la mano e ha tirato fuori qualcosa di molto convincente, tra techno, house e UK Bass. Ma in generale hanno suonato bene tutti, a partire dai primi set della giornata (davvero ottimo il filotto Speaking Minds e poi Job Jobse come apertura della domenica), eppure qui c’è da sottolineare un annoso problema, e non è certo colpa del festival: la maledetta abitudine italiana di non arrivare mai presto. Abitudine ancora più da condannare pensando agli sforzi che fanno certi festival per fare delle line up sono interessanti dalla A alla Z, dal primo set all’ultimo, con tutto un discorso complessivo. Quindi sì, ha stretto un po’ il cuore vedere Jobse con davanti uno sparuto gruppo di ballerini quando invece avrebbe meritato il pubblico di Peggy Gou. Peggy che dal canto suo, come prevedibile, ha riempito invece tutto quanto. Anche se sinceramente resta il mistero su da dove arrivi tutto questo amore, visto che non solo i suoi dj set non assomigliano granché alle cose che produce ma anche, e un po’ da sempre, sono tecnicamente ok ma mancano di vero fascino, di quella “marcia in più” non dico alla Garnier (che resta il migliore di tutti, in questo) ma insomma qualcosa che ti permette di qualificarti come dj che davvero ti dona qualcosa in più mentre sei sul dancefloor. Evidentemente, nel suo caso, il “qualcosa in più” è (almeno in parte) extramusicale. D’altro canto di questi tempi va così.
Ad ogni modo, da Firenze si torna con impressioni positive. Sulla città (esempio stupido: la prima sera di Lattexplus Festival, a duecento metri alla Manifattura Tabacchi c’era una performance speciale del grande Michael Nyman, e potevi rimbalzare da un posto all’altro: esperienze da grande città, da metropoli culturale), sul festival in sé. E’ un primo passo, non un passo sufficiente. Ora tocca lavorare durante l’anno per continuare a seminare e raccogliere frutti. Le potenzialità ci sono tutte. E unendo gli sforzi, possono arrivare risultati importanti.