Avete presente De Andrè quando citava in “La città vecchia” quei quattro avvelenati al tavolino del bar che passano estati e inverni a stratracannare e a stramaledire le donne il tempo ed il governo? Ecco: quelle sono le persone che si vedono passare la vita davanti, sono quelle che non mordono, sono quelle che non sognano (o che non sognano più), sono quelle che si sentono vittime, ma soprattutto sono quelle che non hanno una visione.
Cos’è la “visione”? La visione è un qualcosa per cui valga la pena fare e costruire. E’ un concetto, un’ideale, ma soprattutto un desiderio mosso da un processo profondo che oltrepassa qualsiasi ostacolo e ti carica d’entusiasmo. Praticamente, avere la “visione” marca la strada tra il vivere e il lasciarsi vivere.
La club culture da sempre s’appoggia sulle visioni: più intensa è la visione, più importante e profondo risulta essere il club in questione. Parliamo di Romagna (scritta e marcata appositamente con la lettera maiuscola) allora, sì, perché non possiamo esulare dalla Romagna quando parliamo di club e di visioni. Per secoli l’equazione Romagna-sta-al-clubbing (come il sottoscritto sta al Barolo, per dire) è stata una formula chimica perfetta, terreno fertile di visionari che hanno fatto nel loro la storia (…dice nulla un certo Loris? e un certo Gianluca?) del clubbing in tutte le sue forme, da quelle più edonistiche e “da big room” a quelle più intime e scure. E quindi no cazzi, boys: la Romagna sta sul podio, e tutti i folli romantici della notte ogni giorno dovrebbero fare una standing ovation di dieci minuti in ogni paese/regione/stato/continente del pianeta perché la Romagna li ha visti tutti passare da sé, coccolati tutti, pagati tutti, amati (quasi) tutti, e tutto ciò almeno fino a quindici anni fa. Sì, molti di voi non lo sapranno e ciò è comprensibile in qualche caso anagraficamente, ma c’è stato un tempo in cui mentre in Riviera Romagnola si faceva club cultura a Ibiza si suonavano ancora i bonghi e gli ukulele.
Poi un po’ di sabbia è entrata nell’ingranaggio, ma non per caso. Perché la sabbia non te le ritrovi per caso, la sabbia te la vai a cercare. Che è successo? Ecco, tornando alla “visione” è successo che essa è venuta a mancare. S’è cominciato a pensare all’attimo, al momento, e non più al dare ossigeno a un’idea di scena (appunto, la “visione”): quindi ospitone commercialone o ospitone ibizenco (spesso comunque commercialone, sempre più le due cose si sovrappongono) che serve per battere cassa, riempire una serata all’inverosimile, guadagnarando subito e facile. Ma poi? Poi succede che se la serata dopo o quella dopo ancora ti manca l’ospitone, che fai? Fai che muori dissanguato. Quando tutto è booking e niente è cuore, succede questo.
Quanto tutto è booking e niente è cuore, la “visione” si perde
Ma pur sempre in Romagna siamo, e le cellule si rigenerano e come diceva il nostro sommo poeta metropolitano Alioscia dei Casino Royale “Ogni stop è solo un alto start”. Ecco che quel DNA “Quando meno te l’aspetti / come una bomba” (cit. Otierra) ritorna, e con esso la “visione”. Parliamo del Meet Compact Club e della cellula Deestricted: un gruppo di guerrieri romagnoli (con ancoraggi solidi berlinesi) sul verbo techno che hanno scelto una strada ruvida, per nulla comoda, sicuramente scura e senza i lampioni ai lati; una strada intrapresa solo per la passione e non certo per i guadagni facili (avrebbero potuto anche loro fare il nome dell’ultimo quarto d’ora in spiaggia, prendere i denari, e ciao alla prossima marchetta). Una strada in salita, presa dopo un po’ di fisiologico assesto, dopo aver messo in panchina con tanti bye bye chi non era sulla loro frequenza e dopo aver trovato la squadra di titolari fortissima che ormai gioca compatta e unita, “Like a fistful of steel”.
Siamo sui terreni della Berlino di ferro, quella che gira sulla techno purissima e oltranzista, quella senza fronzoli; e portare questo suono tra la piada e il Sangiovese sembrava cosa da folli e impresa titanica. Invece? Chi avrebbe scommesso su questo suono, su questa attitudine su questa estetica in Romagna? Chi? Chi, se non dei veri folli appassionati con una “visione”? E quindi succede che sabato scorso VTSS, colei che ha fatto la traccia techno più figa del 2019, accetta l’invito e tra una Berlino e una Tblisi infila una gig nella Cesena periferia dell’impero, in una vecchia balera sperduta nel nulla cosmico (tra l’altro, nemmeno nei rinomati posti balneari ma a tre chilometri dal casello autostradale), e alza l’asticella di ciò che può tornare a essere e vivere la Romagna. Apre un ottimo Jotfen (teniamo d’occhio questo big boy) che riesce a creare un tunnel perfetto per l’ipnosi a 150 bpm della principessa techno, che senza chiedere permesso lancia molotov per tre ore senza lasciare il tempo di respirare. Molto fumo ma soprattutto molto arrosto, poche luci, pochi telefonini pochi selfie e pochi Shazam.
Insomma, l’essenziale : un impianto che spinge una queen in consolle, 400 persone che ballano e vaffanculo. La “visione” ha vinto ancora. Prossimo appuntamento con il Deestricteed + Meet Compact Club il 7 febbraio con SPFDJ, altra fanciulla diabolica di prima grandezza. La strada è presa la strada è giusta, la strada è questa. Be there, techno ravers!