Senza girarci tanto attorno: la Neroli di Volcov è uno dei più grandi patrimoni di casa nostra, in fatto di club culture. In assoluto. Stiamo esagerando? No. Lo è per alcuni criteri che possono essere soggettivi (i gusti musicali), ma lo è anche per altri che sono semplicemente oggettivi: in tempi non sospetti, quando l’Italia era veramente la “periferia dell’impero” in fatto di clubbing (se non come posto dal pubblico particolarmente caloroso e, quindi, anche come mercato da spennare senza andare tanto per il sottile), è stata una delle pochissime label di casa nostra che parlava da pari a pari coi contesti europei di appartenenza. Nel “suo” giro, la Neroli era (ed è) un’autorità, così come lo era l’esperienza di cui era inizialmente un prolungamento, la Archive. Oggi è molto più facile trovare italiani che sono considerati artisti dal respiro europeo, in quanto a fama o rilevanza, e non facciamo distinzioni tra techno, house, breakbeat, minimal, eccetera; c’è stato un momento storico, una sorta di “età di mezzo” che è seguita all’epopea della Roma “elettronica” e della Napoli techno o della house “Made In Italy”, in cui riuscirci era difficilissimo.
Volcov e la Neroli ci sono riusciti, eccome. E sono anche riusciti in un’altra cosa: essere più forti delle mode, reggere bene al passare del tempo, nonostante (o forse proprio perché) non siano mai entrati nell’occhio del ciclone dell’hype. Perché c’è stato un momento in cui la scena con massima affinità a Neroli/Archive, ovvero la galassia breakbeat / West London, era nell’occhio di tutti (…o almeno, di tutti i cultori veri di club culture); ma questa grande esposizione poi è sfociata in un riflusso in cui, come sempre accade, prima sembra che tu sia una bellezza irrinunciabile e poi, cinque minuti dopo, tanti fanno finta di non ricordarsi nemmeno di averti conosciuto. E non si capisce bene perché.
La Neroli è sempre andata avanti tranquilla per la sua strada. Così tranquilla da arrivare a venti. Vent’anni. E c’arriva celebrandosi con una raccolta molto, molto speciale, che vi consigliamo davvero. Non è una “classica” raccolta: c’è un concept dietro, l’idea è quella di mostrare un’anima più meditativa, più contemplativa, non da dancefloor. D’altro canto per una label il cui nome nasce ispirandosi a Brian Eno e per una “compilation” che ha per titolo un chiaro omaggio al Metheny del periodo ECM, è una scelta più che giusta. E più che bella.
Se quindi volete celebrare il ventennale Neroli e farle gli auguri acquistando “The First Circle”, il regalo lo state facendo prima di tutto a voi stessi. Dal brano che ha fatto da piccolo antipasto (il boss della label che incrocia le armi creative con Gerald Mitchell e Piranhead: hai detto nulla) al resto della tracklist dove ci sono gemme di Kirk Degiorgio, Dego (vedi alla voce 4 Hero), Fred P, Patrice Scott ed altri ancora. Tanta, tanta roba. Venti di questi anni: lo auguriamo alla Neroli, lo auguriamo a noi stessi.