“Ciao Daniele ti va di intervistare Max e Bruce, di farci due chiacchiere riguardo “Glassforms” e la loro collaborazione?” Quello che segue è nato così, in maniera spontanea: dopo avervi annunciato la pubblicazione di “Glassforms” ho chiesto personalmente a Daniele Sciolla se aveva voglia di confrontarsi con loro. Chi meglio di lui infatti poteva trovare il modo di creare un contenuto interessante, particolare e approfondito? Il risultato è un alternarsi di tecnicismi e retroscena che vi darà l’opportunità di scoprire come musica classica ed elettronica riescano a creare un connubio apprezzabile dal grande pubblico, in maniera spontanea, senza troppi schemi. Lasciateci ringraziare Daniele per la disponibilità e, nel caso in cui vi fosse sfuggita, correte a recuperare questa premiere che ci aveva regalato.
In Glassforms i tuoi synth sono gestiti da un app che elabora i dati in arrivo dal pianoforte, suonato live da Bruce. Puoi dirci qualcosa su questa app? Come mai hai scelto di lavorare con lo sviluppatore Alexander Randon e quando e in che modo tu, Alexander e Bruce avete lavorato per riuscire a fare un prodotto del genere?
Max: Sì, in realtà è un semplice strumento di potenziamento MIDI, mi permette di avere un segnale MIDI di quello che Bruce suona, praticamente una versione elettronica di ogni nota, che posso “mescolare” con le mie note MIDI e creare un ibrido che guida i synth. Avevo già sperimentato su questa tematica, la mia traccia “Transcendental Tree Map” ad esempio utilizza lo stesso sistema per generare strutture melodiche ramificate, semplici forme melodiche che vengono elaborate in costrutti sempre più fini. Ho realizzato che, con qualche aggiustamento, si trattava praticamente di quello che avevamo bisogno per “Glassforms”: un sistema ibrido live-elettronico che permettesse a me e Bruce di suonare assieme. Il contatto con Alexander Randon è arrivato grazie al mio amico e produttore Nicolas Bougaeiff, dal quale ero andato per cercare di creare frattali musicali. Nick mi ha fatto conoscere l’app “Fugue Machine” di Alexander, che conteneva già alcune funzioni che stavo cercando e che ho usato per creare la mia traccia “Four Tone Reflections” (la sequenza centrale di accordi è esattamente quella, assieme a sequenze di note che vengono suonate avanti e indietro a velocità diverse). Alexander l’ho incontrato durante una visita a San Francisco per un concerto e abbiamo iniziato a sviluppare il nuovo plug-in fornendo di volta in volta nuove iterazioni al sistema esistente. Oltre al sistema di Alexander, gran parte di “Glassforms” dipende anche dalle patch dei synth e dall’elaborazione del segnale audio: in questa catena infatti successivamente arriva la casualità per mezzo di parecchie modulazioni controllate solo in parte. Mi sembra comunque che stiamo solo raschiando la superficie, che ci sia molto potenziale ancora non sfruttato in questo approccio e sono entusiasta di esplorarlo di volta in volta durante i live. L’intero processo rende ogni spettacolo molto diverso.
Tantissime app e strumenti vari oggi consentono ai musicisti non professionisti di produrre tracce sempre più belle e interessanti. Prendi ad esempio “ARPIO”: bellissima app di Alexander. Quanto è pericoloso per un artista professionista avere questi potenti strumenti facilmente reperibili ovunque e da chiunque? Sempre in tema, quanto sono influenzati gli artisti da questa cosa?
Max: Sono un musicista professionista che non sa suonare alcuno strumento e non sa cantare intonato, quindi piuttosto che pericolosi, gli strumenti computazionali li trovo di grande aiuto per la creatività. Musicalmente alzano il livello di ciò che può esser fatto e aumentano la quantità di musica creata, il che rende ancora più difficile, piuttosto che facile, la sfida a fare musica “buona”, relativamente parlando.
Collabori a 360° con altri artisti: visual artist, musicisti, sviluppatori. E sono sempre eccellenti. Ti capita spontaneamente o sei costantemente alla ricerca di nuove collaborazioni? Come e dove trovi gli artisti con cui lavori?
Max: Sono sempre alla ricerca di nuovi modi per presentare la musica e collegarla agli altri miei interessi, principalmente arti e scienze. La tecnologia ha aperto tantissime opportunità. Oltre ai consigli personali di amici e di sconosciuti online, in passato principalmente ho trovato molti collaboratori tramite le scelte dello staff di Vimeo, che negli scorsi anni è stata una grande comunità e fonte di videoarte. È sempre bello ricevere messaggi con progetti interessanti e lavori bellissimi, ringrazio chiunque di voi abbia dedicato del tempo a diffondere idee positive come questa.
So che Glassforms è stato commissionato dalla Paris Philharmonie nel 2019. Hanno scelto loro di collaborare con te e Bruce o uno di voi ha suggerito il nome dell’altro? Hai avuto carta bianca su come strutturare il lavoro o ti hanno dato alcuni suggerimenti?
Max: Credo che Infine e Bruce abbiano avuto la decisione di coinvolgere un artista elettronico e lo abbiano chiesto a me per primo, ero estremamente entusiasta dell’idea e detto subito di si! (essendo un fan di Glass da tutta la vita)
Bruce: La Filarmonica ha organizzato un fine settimana di concerti per celebrare la musica di Philip Glass. Volevano proporre un concerto che usasse il linguaggio della musica elettronica attuale affiancato ai brani di Philip. Hanno chiesto a me e all’etichetta discografica InFiné e io ho invitato Max. Abbiamo deciso di utilizzare composizioni per pianoforte di Glass che vanno dagli anni sessanta fino agli anni 2000 immaginando uno spettacolo che potesse evolversi liberamente anche durante il live.
Alcune domande sul setup live: ho letto che tutto inizia dal pianoforte a coda con uscita MIDI. È qualcosa che avete costruito apposta per questo progetto o un pianoforte a coda standard con MIDI? Quanto tempo richiede la preparazione di questi strumenti per un live? Che segnale proviene esattamente dal piano e il suono del piano ha sempre un direct out?
Max: È un pianoforte a coda con un estensione midi customizzata che può richiedere del tempo per essere montata! Ricevo sia un segnale audio da un microfono, sia il segnale midi, entrambi guidano la parte elettronica a cui si aggiunge il suono del piano dal vivo.
Bruce: Abbiamo usato pianoforti realizzati da Steinway e Yamaha. L’output MIDI è tradotto da un nuovo algoritmo creato da Alexander Randon, questa informazione è la base dei suoni prodotti da Max e dai suoi synth. Sono necessarie due o tre ore per l’installazione sul palco e spesso dobbiamo sbrigarci a sistemare il tutto. Max sta anche prendendo un suono di alimentazione audio dal piano, il suono del piano, e lo usa anche.
Come e dove avete realizzato la performance? Provando assieme in studio o a distanza? Quanto è durata la preparazione?
Max: Abbiamo trascorso circa una settimana nel mio vecchio studio a Londra per testare l’idea, poi circa una settimana di prove a Uzerche, in Francia, prima della prima esibizione privata per poi arrivare allo spettacolo della Philharmonie.
Bruce: Io ho realizzato alcune registrazioni MIDI con il piano dei pezzi base a New York usando lo Steinway Spirio e Max ha iniziato a lavorare su quelle registrazioni. A seguire, abbiamo trascorso diversi giorni a suonare insieme a Londra. Dopo poco ci siamo resi conto che lo spettacolo funzionava e che avremmo potuto suonarlo live da li breve, giusto il tempo di perfezionare gli ultimi dettagli.
Max che rapporto hai con la musica classica, e tu Bruce invece con l’elettronica? Gli ultimi spettacoli a cui avete assistito?
Max: Sì, certo, nei miei lavori ci sono molte influenze, e la classica è una di queste. Per quanto ricordo l’ultimo spettacolo per orchestra sinfonica a cui sono andato è stata la London Contemporary Orchestra con Claire M Singer e Ryan West (Rival Consoles), un bellissimo accostamento.
Bruce: Mi sono appassionato alla musica elettronica grazie a Francesco Tristano, abbiamo suonato insieme in un festival in Francia e ascoltato Carl Craig la sera prima. Frequento il Poisson Rouge di New York dove si alternano molti generi di musica. Ho sentito Squarepusher lì e un’altra sera, nella stessa room, ho suonato un quartetto di Messiaen
Nel 2004 avevi già proposto due sonate per pianoforte di Haydn in un modo simile: suonavi il piano mentre Nico Muhly dal suo laptop, aggiungeva armonie e suoni elettronici. È una pura coincidenza o il tuo primo lavoro “Haydnseek” ha contribuito alla realizzazione e al flusso di lavoro di Glassforms?
Bruce: Sono molto interessato a rimodellare la musica “classica” e ricontestualizzare il suono del pianoforte a coda acustico. Già negli anni settanta Karlheinz Stockhausen descriveva l’amplificazione elettronica di un pianoforte acustico che poteva consentire al pubblico di ascoltare e sperimentare alcune piccole sfumature del suono del pianoforte. In “Haydnseek” abbiamo sottolineato un po dell’umorismo musicale che un pubblico classico convenzionale potrebbe perdere. Successivamente Nico compose “Drones & Piano” per me. Utilizzando alcuni semplici suoni elettronici in una relazione aperta e variabile con il piano.
Qual è il tuo rapporto con la scena IDM / techno e la musica elettronica in generale? Plaid, Max Cooper, Akufen, Francesco Tristano, tutti loro hanno remixato i tuoi lavori: li hai selezionati personalmente? Se sì, in che modo?
Bruce: Francesco è una parte importante della storia. Mi ha fatto conoscere la squadra di InFiné a Parigi. C’era l’idea di commissionare alcuni remix di musica per pianoforte che avevo già registrato, Francesco ha inaugurato le danze.
La musica colta si è frammentata sempre di più e di “recente” si è spinta fino alle estremità: dal Poema sinfonico per cento metronomi, Helicopter String Quartet o 4’33” al minimalismo sacro di Arvo Pärt. Anche se la musica di Philip Glass non è esattamente “musica classica”, in che modo inseriresti “Glassforms” in questo panorama di sperimentazioni, arrangiamenti e rivisitazioni in chiave moderna?
Bruce: Rivisitazioni, adattamenti e arrangiamenti mi affascinano. Edvard Grieg ha aggiunto un accompagnamento alle sonate per piano di Mozart. Robert Schumann ha scritto la parte di piano per i Capricci di Paganini, che erano originariamente scritti per violino solo. “Cheap Imitation” di John Cage è una revisione di un brano di Satie. L’ingresso del Louvre, progettato dall’architetto I.M. Pei è un esempio tangibile – spostarci da dove siamo verso un’arte preesistente.
ENGLISH VERSION BELOW
“Hi Daniele, would you like to interview Max and Bruce, to have a chat about” Glassforms “and their collaboration?” The following Q&A was born spontaneously, after announcing the publication of “Glassforms” I personally asked Daniele Sciolla if he wanted to talk with them, who better than he could find a way to create interesting, particular and in-depth content ? An alternation of technicalities and background that will give you the opportunity to discover how classical and electronic music manage to create a union that can be appreciated by the general public, spontaneously, without locked schemes. Let us thank Daniele for the availability and, in case you missed it, run to recover this premiere he had given us.
In Glassforms you are using a tool for taking live data from the piano and transforming it into new forms which drive your synths. Can you tell us something about this app? Why did you choose to develop it with Alexander Randon, when and in which way did you, Alexander and Bruce interact to succeed in generating such a product at the end?
Max: Yes, it’s a simple midi augmentation tool really, it allows me to have a live midi feed from Bruce’s playing, basically an electronic version of every note, which I can “mix” with my own midi notes to create a hybrid to drive the synths. It was an idea I’d already been experimenting with, my track “transcendental tree map” for example, uses the same system to generate branching melodic structures, simple melodic forms which get augmented into ever finer constructs. And I realised with Glassforms, with some adjustment, it was a big part of the solution we needed to create a hybrid live-electronic system which both Bruce and I could play in collaboration. The link to Alexander Randon came via my friend and producer/music academic, Nicolas Bougaeiff, when I went to him with the problem of how to create musical fractals. Nick pointed me to Alexander’s “Fugue Machine” app, which already contained some of the aspects I was looking for, and which I used to create my track “Four Tone Reflections” (the central chord sequence being exactly that, with tones sequences playing forwards and backwards at different rates). I met Alexander during a San Fran gig visit, and we started down the path of the new plugin which went on to yield the existing system some iterations down the road. A lot of the Glassforms system is also dependent on the synth patch and audio feed processing in addition to Alexander’s pitchblend system, the chaos comes in a later point downstream in the processing chain via lots of only partially controlled modulation. I feel like we’re only scraping the surface though, there’s a lot more untapped potential in the approach which I’m excited to explore as we develop the live shows together. The whole approach makes every show very different.
A variety of apps and tools allow non-professional musicians to produce better and interesting music works. Take, for example, Alexander’s great ARPIO app. How dangerous is it for a professional artist to have these powerful instruments easily available almost everywhere? Still on the subject, how much does this thing influence the artist’s creations?
Max: I’m a professional musician who cannot play any instrument or sing in tune, so rather than being dangerous, computational tools are a great aid to creativity. They raise the bar of what can be done musically, and increase the amount of music being created, which makes the challenge of creating “good” music, relatively speaking, even harder, rather than easier.
You cooperate all-around with other artists: film makers, musicians, software developers. And they are always excellent. Did you come across this by chance or are you constantly looking for new collaborations? How and where do you usually find the artists you work with?
Max: I’m always looking for new ways of presenting music and linking it to my other interests in the arts and sciences, mainly. Technology has opened up all sorts of opportunities. Historically I found a lot of collaborators via Vimeo staff picks, which has been a great source and community of video art over the years, in addition to personal recommendations from friends and strangers online, mainly. It’s always nice to receive messages about interesting projects and beautiful work, big thanks to any of you who have taken the time to spread positive ideas like this.
I know that Glassforms was commissioned by the Paris Philharmonie in 2019. Did they choose to collaborate with you or did one of you suggest the other? Did you have carte blanche in choosing how to structure the work or did they give you some suggestions?
Max: I believe Infine and Bruce had the decision regarding an electronic artist to be involved and asked me first, and I was extremely excited about the idea and agreed immediately! (being a life long Glass fan)
Bruce: The Philharmonie put together a weekend of concerts celebrating music by Philip Glass. They wanted to have one concert that would use a language of current electronic music together with Philip’s pieces. They asked me and the record label InFiné, and I invited Max. We knew we would use piano pieces by Glass from a period going back to the 1960s, on to the 2000s. The structure of Glassforms evolves as we rehearse it.
Some questions about your live setup: I read that it all starts with the grand piano with midi output. Is it something custom made or a standard pre-assembled midi grand piano? How long does the setup take for a live show? What signal comes from the piano exactly and does the piano sound always have a direct output?
Max: It’s a custom midi enabled Grand which can take some time to set up! I receive both an audio mic feed, and the midi feed, both of which drive the electronics side of the audio in addition to the live piano sound.
Bruce: We have used pianos made by Steinway and Yamaha. The MIDI output is translated by a new algorithm created by Alexander Randon. This new information is the basis for the sounds Max is making. It does take 2 or 3 hours to set up onstage. Sometimes we have to hurry. Max is also taking an audio feed sound from the piano, the piano sound, and he uses that as well.
How and where did you build the performance? In the studio practicing or remotely? How long does the preparation take?
Max: We spent a week or so at my old studio in London testing the idea, then a week or so in Uzerche, France, rehearsing before the first private trail performance ahead of the Philharmonie show.
Bruce: I made MIDI piano recordings of the basis piano pieces in New York using the Steinway Spirio. Max started working with those recordings. Later, we had several days of playing together in London. Fairly soon we discovered that we could play a coherent show together. So it’s been a process of evolution and refinement since then.
Max what relationship do you have with classical music and you Bruce with electronics? The last shows you attended?
Max: Yes of course, I have many strong influences on my work, classical being one of them. My last symphonic orchestra show was the London Contempory Orchestra with Claire M Singer and Ryan West (Rival Consoles) as far as I remember, it was a beautiful fusion.
Bruce: Through my former student Francesco Tristano, I started becoming interested in electronic music. We played a show together in a festival in France and heard Carl Craig the night before. In a venue like the Poisson Rouge in New York City many kinds of music are performed. I’ve heard Squarepusher there; on another evening, in the same room, I played a quartet by Messiaen.
In 2004 You already performed 2 piano sonatas by Haydn in a similar way: you were playing the piano and Nico Muhly was using a laptop, adding extended harmony and electronic sounds. Is that purely coincidence or did your first work “Haydnseek” contribute to the realisation and workflow of Glassforms?
Bruce: I’m very interested in reframing “classical” music and re-contextualizing the sound of the acoustic grand piano. Already in the 1970s, Karlheinz Stockhausen described electronic amplification for an acoustic piano that might allow an audience to hear and experience some of the small, “close-up” nuances of piano sound. In “Haydnseek” we were underlining some of the musical humor that a conventional classical audience might miss. Later, Nico composed “Drones & Piano” for me. It uses some simple electronic sounds in an open-ended, variable relationship to the piano.
What’s your relationship to the IDM/techno scene and to electronic music in general? Plaid, Max Cooper, Akufen, Francesco Tristano, have all remixed your works, did you select them personally? If yes, in which way?
Bruce: Francesco is an important part of the story. He introduced me to the team at InFiné in Paris. There was the idea of commissioning some remixes of piano music that I had already recorded. Instead we made new recordings and remixes followed from that. Francesco’s track was the first.
Art music has become more and more fragmented and has “recently” expanded out to the extremities: from Poème symphonique (symphonic poem) for one hundred mechanical metronomes, Helikopter-Streichquartett or 4′33″, to religious music by Arvo Part. Even if the music of Philip Glass is not exactly “classical” music, how would you hook Glassforms into this panorama of experiments, arrangements and modernizations?
Bruce: Artistic reuses, repurposing, and even “reneges” fascinate me. Edvard Grieg added accompaniments to Mozart’s piano sonatas. Robert Schumann wrote piano parts for Paganini’s solo violin caprices. “Cheap Imitation” is John Cage’s recasting of music by Satie. The entrance that I.M. Pei conceived to the Louvre is a tangible example — moving from where we are, into a preexisting art.
photo credit: Julien Bourgeois