Sì. Continuiamo. Insistiamo. Alla fine le cose non cambiamo in cinque minuti o anche solo in due settimane, o in un mese; ma l’idea che per una (ri)crescita sostenibile del circuito della musica elettronica sia necessario mettere l’accento sugli “eroi di casa”, dopo tanta esterofilia, per valorizzare un po’ il prodotto a chilometro zero e privi degli additivi dell’hype, dei marketing e dei management, a noi continua a sembrare valida. Molto, ma molto valida.
E’ bellissimo vedere questo approccio in due eventi che illumineranno l’Emilia nel mese di ottobre. Partiamo dal primo: di Outer Festival avevamo già parlato – per la qualità, per alcune caratteristiche specifiche. Il coraggio. La capacità di scegliere delle location non convenzionali ed affascinanti. La gratuità, usata però per fare anche proposte “difficili” o comunque non nazionalpopolari, per riuscire a coinvolgere anche i “passanti casuali” nella comunità locale che sì, certe musiche e certe forme d’espressione hanno fascino da vendere. Vanno andate a cercare. Ma se le trovi, e se ti sono presentate nel modo giusto e con gli interpreti giusti, ti catturano.
Sono piccoli atti d’eroismo, questi festival: li fai non per guadagnarci, ma esclusivamente per un’idea. E per appunto dare qualcosa alla tua comunità, che sia geografica o intellettuale. Proprio quel tipo di eventi che più rischia di essere spazzato via dal Coronavirus: le obbligazioni di sicurezza logistiche sono una spesa in più, la preoccupazione pandemica tiene le persone più a casa, andando a segare l’unica forma d’introito possibile, il bar, oltre ai contributi istituzionali (limitati anche loro, vista l’emergenza – e comunque già difficili da ottenere in assoluto anche in misura minima). Beh: ad Outer non si sono fatti scoraggiare da tutto questo, si sono limitati a ridurre ad una le giornate di svolgimento, hanno confermato quella suggestiva location che è la Chiesa dei Santi Filippo e Giacomo (a Panzano, praticamente a Castelfranco Emilia – a metà strada tra Modena e Bologna) e, infine, hanno calato gli assi.
(Già nel 2016 Outer esplorava location “mistiche, qui Cosmic Neman”; continua sotto)
Quest’anno infatti oltre a Billy Bogus, aficionado del festival e primo fiancheggiatore esterno, c’è un trittico di nomi super: DayKoda (il Flying Lotus italiano, lo scrivemmo tempo fa e lo ripetiamo anche oggi), Gigi Masin (il “seduttore di anime” tra ambient e sperimentazione, arrivato con la sola forza del passaparola alla R&S e ai migliori festival europei), Giovanni Di Domenico (pianista immaginifico ed atipico, con collaborazioni con giganti del calibro di Jim O’Rourke). L’appuntamento è per il 10 ottobre. L’inizio è alle ore 20. Gli ingressi come detto sono rigorosamente gratuiti ma, come ovvio, limitati: lanciatevi subito su questa pagina per capire come fare ad assicurarvi la presenza, in una notte di musica ad alta, altissima qualità in una chiesa emiliana.
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Ecco, a proposito di Emilia: restiamoci. Bologna. E portiamoci al weekend del 23, 24 e 25 ottobre. A proposito di gente che non molla, ecco roBOt. Una istituzione. Dodici anni di festival. Anni di grandiosi alti e di cadute; ma da quest’ultime ci si è rimessi in piedi sempre meglio. Il CoVid non ha fermato il team che dà vita al tutto. Anzi. Pure loro, hanno deciso di seguire convinti la strada del “prodotto nazionale”, anche perché – come scritto nel primo comunicato ufficiale – “Esiste la consapevolezza che quello che avviene nella scena italiana ha ormai una dimensione planetaria, per la quale la provenienza geografica è solo un fatto anagrafico”.
(continua sotto)
Quest’anno ci si concentra in un’unica sede, quel DumBO che è stato la grande (e scenograficamente bellissima!) novità dell’anno scorso. C’è un “triumvirato” di altissimo livello a guidare il primo annuncio: Caterina Barbieri, Donato Dozzy, Lorenzo Senni. Praticamente un dream team italico. Non solo si esibiranno, ma a loro è stata affidata anche una specie di “consulenza pesante” artistica: affiancheranno infatti il direttore artistico storico del festival, Marco Ligurgo aka Marco Unzip, nella scelta degli altri nomi che impreziosiranno il cartellone (e che saranno annunciati a giorni: ci torneremo sopra, insomma).
Non mancheranno, come da tradizione di roBOt, workshop, panel, installazioni artistiche; ci sarà un “gran finale” domenicale a base di barbecue “comunitario”, e tra l’altro verrà anche riportata in auge la sezione RBT Kids, un programma di laboratori ed ascolti pensati appositamente per i più piccoli. Sì, la scena elettronica si fa adulta: era ieri che si era tutti ventenni e raver, oggi continuano ad esserci i ventenni e i rave ma i ventenni di allora si sono fatti trentenni, quarantenni, iniziano ad avere figli, a creare famiglie. La vita non si ferma. Ma la cultura non deve essere fermata dalla vita. Anzi. E questo è il messaggio più bello: anche nello sfidare questi tempi obbligatoriamente difficili, tempi a rischio, tempi dove la prudenza dev’essere triplicata. Ma questo non significa chiudersi in casa, e rinunciare al bello, rinunciare all’arte, rinunciare al senso di comunità. Non lo deve significare.