Ogni tanto ci sono delle condizioni fortuite che ti accendono delle lampadine: e ritrovarsi nello stesso giorno ad annotare l’uscita del nuovo lavoro dei Nas1 e ad intervistare Marie Davidson è stato esattamente questo. Se a prima vista può apparire strambo e forzato mettere insieme una release italiana “di nicchia” (i Nas1 sono bolognesi, ed escono sulla toscana Bosconi) e uno dei ciclici convinti tentativi “pop” della Ninja Tune (che ha deciso di puntare forte sulla Davidson, dopo averlo già fatto con la Gou), quando si fa parlare la musica le strade iniziano a convergere stranamente. E fortemente.
C’è un episodio in cui Marie Davidson fa veramente se stessa (pur con la collaborazione dei neo-soci e storici amici L’Œil Nu), nell’album uscito da meno di un mese “Renegade Breakdown”: quando in “Lead Sister” viene preso un brano del compositore barocco Alessandro Marcello, l’”Adagio in re minore”, e viene completamente trasfigurato in maniera digitale, creando un tappeto teso, inquietante, emotivamente potentissimo, mutante. Un piccolo capolavoro. Per il resto, è un album che parte narrando della reazione contro contro l’establishment di un certo tipo di industria musicale (evidentemente, quello più vicino all’elettronica – che è quello che l’ha accolta e sostenuta negli ultimi anni, forzandola evidentemente anche su direzioni non desiderate), e quindi di dance c’è ben poco (programmaticamente la title track, e giusto un altro paio di tracce), per il resto si viaggia su binari da forma-canzone synth/pop/wave anni ’80 primi ’90, con un approccio abbastanza punk e tremendista dietro la patina scintillante, suoni curatissimi cioè ma approccio di base essenziale, quasi lo-fi, niente virtuosismi inutili.
Solo che “niente virtuosismi inutili” più di una volta scade nel fare le cose in maniera molto, molto scolastica. Questo album, gemma assoluta a parte, è abbastanza un passo falso. E non perché ripudi la dance, anche se stavolta sarà più difficile trovare un’altra “Work It” da affidare alle amorevoli cure Soulwax per trasformarlo in una hit planetaria, perché ripudiare la dance non è una colpa; ma per il modo appunto troppo “flat”, in primis nella scrittura, con cui si riprendono atmosfere anni ’80 e primi ’90 su determinati territori. Non basta la cura sonora (ottima!) per mascherare la banalità e la scolasticità delle idee.
(“Renegade Breakdown” della Davidson; continua sotto)
Ecco: Nas1 hanno fatto esattamente il tragitto opposto, partendo dalle stesse basi. Anche loro hanno fatto un’opera di recupero saccheggiando, con grande nostalgismo, le soluzioni synth/pop/wave (striando molto di black la wave, ovviamente); anche loro hanno avuto un approccio punk, che poi è lo stesso di Theo Parrish e di Moodymann e di altri producer storici in campo dance, mantenendo i suoni poco trattati, poco rifiniti, essenziali. Non hanno avuto la “polish” in sede di mixaggio e mastering che la Davidson si è data, ma in cambio hanno tirato fuori un lavoro molto, molto più convincente ed avvolgente. Con pochi mezzi ma con molta competenza hanno “disegnato” spazi, scenari, viaggi, atmosfere, in un disco dove forse solo un brano è un filler (“Come Thru”, che è il classico brano che in cui un Parrish potrebbe insistere quando si incarta nel suoi dj set) e per il resto, davvero, si vola.
Detto seccamente: la Ninja Tune avrebbe dovuto far uscire “Polaris Time” molto più di “Renegade Breakdown”; sarebbe stato più coerente alla sua storia, sarebbe stato più coerente al suo valore. E questo non perché il lavoro dei Nas1 sia molto più dance di quello della Davidson, non è certo questo il punto. E’ che quando si va indietro nel tempo, quando si cita, essere scolastici e “piatti” nella scrittura diventa doppiamente colpevole, e su questo la Davidson – che resta un talento – ha toppato, rispetto alle sue potenzialità. I Nas1 invece hanno fatto veramente un gran bell’album. Ascoltatelo, supportatelo, non siate timidi o distratti (mettiamo l’embed Bandcamp non a caso) – e viva la Bosconi che continua a portare avanti un discorso musicale ad altissimo tasso di raffinatezza e qualità, anche quando sembrerebbe una battaglia persa.