Leggete attentamente, molto attentamente il post che riportiamo qui a fondo articolo pubblicato da Paolo Fresu. Un musicista che non avrebbe bisogno di presentazioni, un gigante mondiale; ma anche una persona che non si è mai fatta i fatti propri ma si è spesa tanto, tantissimo per la sua terra. Basta solo leggere questa intervista per rendersi conto della sua grandezza (e basta sapere un minimo di musica per rendersi conto della sua statura artistica, un vero e proprio patrimonio mondiale). Premessa d’obbligo, per contestualizzare bene le righe di cui sotto. E per chi ancora non lo sapesse, Time In Jazz è uno dei festival più celebrati a livello europeo per la sua particolarità, per la sua unicità – e questo al di là del genere musicale d’appartenenza.
Non solo: è anche il festival che in un momento difficilissimo, quando tutto il mondo della musica e degli eventi era bloccato e faceva fatica anche solo ad immaginare la sua esistenza, con un atto di coraggio assolutamente eccezionale ha annunciato “Noi ci saremo, anche nel 2020”. E qualche mese più tardi, ci sono stati. Eccome. Con una edizione bella, riuscita, partecipata. Insomma: qualcosa da portare ad esempio, qualcosa di cui andare fieri.
Allora: il vero scandalo sardo non è tanto quello che ha guadagnato una grande risalta mediatica, con l’attenzione di Report (una attenzione piena di parzialità ed incongruenze, come abbiamo raccontato). Ci accapigliamo tanto attorno a discoteche sì, discoteche no spendendo così dobloni di moralismo, perché in fondo il retropensiero è sempre che lo svago è male, divertirsi è superficiale, il ballo è stupido. Questo è. Ma la nostra indignazione dovrebbe essere spesa molto di più – e finire quotidianamente su tutti i giornali, tutti i post, tutti i discorsi da bar – nel constatare la mala gestione delle nostre amministrazioni, delle nostre istituzioni.
Sì: perché è mala gestione organizzarsi così per i – già miseri – fondi pubblici a disposizione della cultura. E’ mala gestione, ed irresponsabile sciatteria, mettere completamente in secondo piano le notazioni di merito. Il fatto che spesso queste notazioni di merito siano fatte alla cazzo (spostandoci di isola, pensiamo subito al maltrattamento che da anni subisce Ypsigrock, una eccellenza a livello mondiale come riconosciuto dalla stampa internazionale specializzata e non, sempre ignorata quando si tratta di contributi e riconoscimenti pubblici), così come il fatto che queste notazioni spesso premino le realtà meno innovative e meno dinamiche e più parassitarie, non è una scusa. Non deve essere una scusa.
Ci arrendiamo al fatto che in Italia la cultura o è abbandonata, o è assistita alla cazzo facendo le cose a caso, o è sostenuta esclusivamente su stanche ed infruttuose rendite di posizione? Lo riteniamo normale?
Quello che dobbiamo fare è riprendere in mano l’intelligenza, nel (ri)costruire. Capire cosa vale, quanto vale, perché vale. Capirlo con criteri sensati. E’ tanto difficile? Davvero? Stiamo chiedendo troppo? Ah sì? Ci arrendiamo al fatto che in Italia la cultura o è abbandonata, o è assistita alla cazzo facendo le cose a caso, o è sostenuta esclusivamente su stanche ed infruttuose rendite di posizione? Lo riteniamo normale? Magari lo è, normale. Magari sì. Ma sapete che c’è? C’è che è un lusso che non ci possiamo più permettere. Ripetiamo: è un lusso che non ci possiamo più permettere.
Le finanze pubbliche usciranno devastate da questa pandemia. Ritrovare e ritagliarsi soldi e produttività, senza perdere l’umanità, sarà l’obiettivo numero uno per tutta la nazione, nei prossimi anni. Pena il caos e il collasso. Ormai sono infiniti gli studi che dimostrano come la cultura possa essere un ottimo investimento, con ricadute non solo sociali ma anche economiche incredibilmente positive. Ma lo è solo se viene gestita con competenza, capacità di discernimento, attenzione all’innovazione ed alle energie più vive, reali, dinamiche. La cultura è uno spreco ed un lusso solo quando viene usata come soprammobile, o come parcheggio per rendite di posizione (…e quando è usata così, si svilisce anche dal punto di vista intellettivo, contenutistico).
Le finanze pubbliche usciranno devastate da questa pandemia. Ritrovare e ritagliarsi soldi e produttività, senza perdere l’umanità, sarà l’obiettivo numero uno per tutta la nazione, nei prossimi anni. Pena il caos e il collasso
Quello che racconta Paolo Fresu qui sotto è incivile, è stupido, è irresponsabile, è la dimostrazione di non saper fare le cose. Una cosa grave già di per sé, ma ancora più grave in tempi difficili come questi. E’ questo il vero scandalo sardo: la cattiva amministrazione. Non tanto e non solo le dispute attorno al Phi Beach, a quanto è una merda Briatore (…se chiedete a noi: sì, è un po’ una merda, ma ognuno ha le sue antipatie), a Sven Väth, pardon, “Sven Svat”. Perché il Phi Beach difende i suoi interessi, Briatore pure, “Sven Svat” anche: tutti operano nei loro campi navigando a vista, con le dinamiche lavorativa sconquassate da una pandemia mondiale, cercando di aggrapparsi alla normalità e cercando un interlocuzione con chi è preposto a decidere. E’ un casino. Ma organizzare bene un bando, cercando di discernere in maniera logica chi merita di più, chi fa le pratiche più virtuose, chi veicola il messaggio più sano e costruttivo non è, o non dovrebbe essere, per nulla difficile. Non ci sono scuse. Per noi, il vero scandalo sardo è questo, è quanto vi racconta qui sotto Fresu.
CANES DE ISTERZU (Cani da secchio)
E’ stata pubblicata poche ore fa la graduatoria della Legge 7 della Regione Sardegna…
Pubblicato da Paolo Fresu su Giovedì 3 dicembre 2020