Ormai non è più necessario ricordare che stiamo parlando di Marco Donato e Federico Marton che dopo essersi trasferiti a Londra hanno dato vita al progetto Italoboyz. Ormai si distingue solo fra chi ha ballato sui loro set e chi ancora no! E’ stato proprio grazie all’abbandono del Paese “pizza e mandolino” che subirono l’influenza di generi come l’electro, del sound di locali come il NagNagNag ed ebbero la possibilità di intraprendere la carriera che li ha portati dove sono oggi. La produzione inizia nel 2006 con “The Titty Twister EP” su Einmaleins Musik, dopodiché lanciano grandi successi su Mothership come Viktor Casanova o Bahia (un disco che non si può non avere). Sono grandi non solo per i loro dj sets di classe, ma anche per l’energia e il rapporto che hanno con il pubblico (ricordo l’ultima volta che li sentii: io gli passavo un bicchiere vuoto e loro mi restituivano dalla console un drink a base di Vodka come niente fosse). Gli Italoboyz sono una continua evoluzione, un restare sempre in movimento, un guardare al jazz come al funk riportando tutto in chiave techno-house.
Non spendo molte parole in questa introduzione, ci penseranno Marco e Federico a parlare un bel po’ di loro!
Ciao e benvenuti su Soundwall!
Partiamo con un classico. Sappiamo che Londra è stata fondamentale per la vostra crescita. Com’è stato il primo impatto con la città?
M: Per me il primo impatto avvenne nel 1998. Venni a Londra per 2 mesi a fare una vacanza fra studio e lavoro: feci un corso intensive a luglio e ad agosto lavorai in un ristorante come cameriere. L’impatto fu da subito grandioso. Ricordo, arrivai con un volo della GO (successivamente diventata easyjet) poi con il treno a Liverpool, Street Station. Vedere i cab neri, i bus a 2 piani, l’architettura della city… restai subito molto affascinato. Presi un taxi e andai a Brixton dove avrei alloggiato per il mese di luglio. Durante il tragitto ero completamente senza parole, guardavo fuori dal finestrino sbalordito. Non parlavo una parola di inglese (a scuola avevo studiato solo tedesco). Poi dopo essere arrivato a casa e aver messo giù la valigia, presi l’underground e andai a Piccadilly. Sfido chiunque, specialmente un italiano arrivato per la prima volta a Londra, a non voler andare a Piccadilly Circus e farsi una foto sotto l’insegna luminosa della TDK! Comunque ricordo come fosse oggi la sensazione di essere a casa che ho avuto dal primo istante. Ho sempre avuto un legame fortissimo e speciale con questa città.
F: Ma, l’impatto con la città e’ sempre intenso, anche tutt’oggi nonostante siano molti anni che viviamo qui. All’inizio la cosa che più mi ricordo era il fatto di poter comperare un sacco di dischi interessanti. A quel tempo (e si parla dei primi anni del 2000) c’erano un sacco di negozi che poi hanno purtroppo chiuso… un’altro aspetto è che uscivamo praticamente tutte le sere, ogni volta qualcosa di nuovo!
Londra oltre ad essere fondamentale è stata anche indispensabile? Nel senso: pensate che se foste rimasti in Italia saresti riusciti a raggiungere lo stesso successo?
M: Chi può mai dirlo? Di sicuro non cambierei una virgola di tutte le esperienza passate, belle e brutte che siano. Ovviamente non è stato tutto sempre rose e fiori, ci sono stati, come penso per chiunque, anche momenti poco piacevoli. Personalmente un paio di volte ho sentito di aver toccato il fondo. Da là, poi però, sono sempre ripartito trovando motivazioni extra a quella già esistenti.
F: Assolutamente spostarsi è stato fondamentale, le possibilità di poter suonare in Italia erano nulle. Dovevi essere un bravo PR, cosa che non sono mai stato.
Come vi siete conosciuti? E’ nato subito il progetto “Italoboyz”?
M: Il progetto è nato perché Fede ed io abbiamo da subito capito di essere complementari. Siamo il giorno e la notte per quanto siamo diversi ed è proprio per questo che musicalmente creiamo qualcosa che altrimenti una sola delle due testoline non potrebbe.
F: Ci siamo conosciuti in un festino dove io suonavo in taverna di un mio amico, credo fosse intorno al ‘92, diciamo che da lì in poi abbiamo suonato assieme la maggior parte delle volte. Il progetto e’ comunque nato ufficialmente una decina di anni dopo.
“Italoboyz” è un nome che avete scelto voi o era una specie di soprannome che avevate a Londra?
M: Il primo vero booking in un club fu al 333, per il quale distribuivamo i flyers. Un giorno vedemmo scritto nella programmazione del mese, tra i vari nomi di chi avrebbe suonato, “Italoboyz”… e da lì il resto è storia 😉
F: Un promoter inglese ce lo ha dato…
Penso sia superfluo chiedervi se ora come ora c’è un lavoro che potrebbe far passare il djing in secondo piano! Ma prima che si configurasse la possibilità di vivere così, quali erano i vostri progetti ed obbiettivi per la vita?
M: Se chiedi quali fossero i progetti e obiettivi, la risposta è la stessa… Ricordo una volta da ragazzino, mio padre a tavola mi chiese “cosa vorresti fare da grande?” e io risposi “il Dj e produttore discografico” e lui mi disse “eh va beh, come dire fare il calciatore…” In effetti da parte di un genitore non è certo la risposta che vuoi sentirti dare di fronte ad una simile domanda…
F: Fare il dj!
Quali sono le origini delle vostre rispettive culture musicali?
M: Io personalmente sono stato fulminato dall’acid house di fine anni ‘80 e dal movimento house/techno che da là si è creato e che si è poi sviluppato in tutte le sue diramazioni.
F: Molto varie, personalmente. Per me la ricerca musicale e’ molto importante, ascolto tantissima musica di generi molto vario e adoro comprare un sacco di dischi usati, anche se a volte non so di che cosa si tratta. Per questo aspetto vivere a Londra è fondamentale: ci sono un sacco di negozietti di dischi usati che sono MONDIALI!
Si dicono molte cose sull’Italia di oggi e possiamo dire che voi avete visto lo sprofondare del nostro Paese dal di fuori. Cosa ne pensate invece del panorama musicale italiano, sprofonda con tutto il resto o almeno lì ci salviamo?
M: La cosa che rimprovero al panorama musicale italiano è di essere poco innovatore, poco ricercatore. Ci sono bravi produttori comunque, ne sono usciti molti, specialmente negli ultimi anni.
F: Penso che il panorama musicale si salvi, ci sono un sacco di artisti validi che si sono fatti riconoscere su scala internazionale.
“Viktor Casanova” e “Bahia” sono due fra i più grandi successi degli Italoboyz. Entrambi contengono campioni che riportano al passato e che lasciano comunque i due pezzi profondamente differenti l’uno dall’altro. Cosa c’è dietro queste due produzioni? Come sono nate? Da dove viene il titolo “Viktor Casanova”?
M: Innanzitutto voglio sfatare un “mito” che ho visto e letto in giro su blog ecc…tutte le voci usate su Viktor Casanova, arrivano dal film Casablanca. Il cantato poi è preso sempre dal film quando, in una scena mitica al Ric bar, c’è questo assolo di canto di Corinna Mura, che intona, in una stupenda reinterpretazione spagnola, Il Tango Delle Rose.
L’idea nacque dal fatto che il padre di Fede diede al suo pargoletto il DVD che il quotidiano Repubblica all’epoca dava come inserto. Guardandolo venne questa “folgorazione”: utilizzare la voce per farne un tool da usare durante i set. E così fu! Infatti, all’inizio non pensammo nemmeno di farne una traccia vera e propria, ci piaceva usare la voce qua e là. Poi la finimmo e decidemmo di darla a un “signorino” a cui queste cose in linea di massima piacevano, ossia Ricardo Villalobos, il quale andò fuori di testa e iniziò a suonarla sempre, ovunque e comunque… Da là poi il resto….
Bahia invece, se non sbaglio, eravamo a casa del promoter che ci chiamò a suonare a Varsavia, in Polonia. Prima di andare a cena mise su in salotto questo disco di Coltrane. Noi eravamo là sul divano ad ascoltare questo disco mentre lui era in camera a cambiarsi. Ci piacque abbastanza… Dopo, al rientro a casa, partì il resto..
F: I progetti sono entrambi nati dalla voglia di realizzare qualcosa che si avrebbe avuto voglia di ascoltare quando si andava a ballare o a comperare dischi ma che invece non si sentiva e trovava.
Perché avete scelto proprio “Bahia” fra la sconfinata discografia di Coltrane e non ad esempio un classico da “A Love Supreme”? E soprattutto perché proprio John Coltrane?
M: Vedi sopra i dettagli del perchè e per come…
F: Ho una vasta raccolta di Coltrane. Mi piace molto e “Baiha” è semplicemente un pezzo favoloso. Diciamo che e’ stato “Baiha” a scegliere noi 🙂
Dai vostri set e dalle vostre produzioni (titoli come “Oh mio dio”, “Accendiamo l’ascensore”, “Pornazzy” o vocal che spesso fanno sorridere come quello di “L’Anagramme”) si palesa un aspetto che secondo me caratterizza in modo indiscutibile gli Italoboyz: lo scherzo, la “maschera”, il gioco intesi nei loro significati più alti. Quanto e come influisce questo aspetto sulle vostre produzioni e vostri set?
M: Si assolutamente, c’è sempre una sorta di autoironia in un po’ tutto quello che facciamo, quindi anche nella nostra musica. Prendere le cose troppo sul serio non va bene… Poi questo non significa che facciamo le cose alla buona, anzi, ci mettiamo davvero l’anima e per fare una traccia a volte ci vogliono mesi e mesi…
F: Partendo dal fatto che questa è la cosa più seria che facciamo, l’ironia dietro alle cose e il non prendersi troppo seriamente secondo me è la chiave per far nascere le cose nella maniera più spontanea possibile.
Sempre riallacciandosi al discorso di vocale particolari: c’è una traccia che vi ho sentito mettere più volte durante i vostri set. Parla di una cosa, “la stessa cosa” e di persone che “vogliono comprare la stessa cosa”. Cos’è? Da dove viene? Cosa potete dirci a riguardo?
M: Guarda, sono anni che usiamo questo tool di voce e che ci viene chiesto cos’è? dov’è? perchè?… Proprio in questi giorni ci stiamo finalmente lavorando e prometto che appena la cosa sarà ultimata i primi a venirne a conoscenza sarete voi di Soundwall 🙂
F: Chi vivrà vedrà.
Tutte le volte che vado a Londra noto che il modo di reagire del pubblico ai beats è totalmente differente dal nostro (ovviamente varia poi da club in club): trovo gli italiani, nel bene e nel male, molto più calorosi ed energici sul dancefloor. Quali sono le differenze tra il pubblico italiano e quello inglese che notate maggiormente?
M: A parte che a Londra è strapieno di italiani, quindi quando vai a ballare, specialmente al Fabric o comunque nei party della nostra scena, che ti piaccia o meno i nostri concittadini rappresentano sempre lo zoccolo duro… Comunque non sono d’accordo: il calore e l’entusiasmo della gente lo si trova un po’ ovunque. Vedi in Giappone ad esempio se non sono calorosi ed espansivi… O in Sudamerica… Alla fine quello che conta è il vibe, l’energia che si crea e quindi in sostanza il fare “festa”.
F: Non moltissime, penso che usi e costumi dei clubbers siano simili. Posso notare però un’ età più adulta nei club inglesi e una certa serenità nel fatto di non dover apparire troppo, cosa che in Italia alle volte si riscontra ancora.
Per quanto riguarda i vostri sets, preferite un approccio più studiato o solitamente gran parte delle scelte le fate direttamente in console?
M: Ma no, fai sempre al momento, è la cosa più bella: cominciare a suonare partendo easy e poi montare e montare. E’ capitato solo un paio di volte, suonando in alcuni festivals in cui il set time era solo di 1 ora, di darci delle guide di una ventina di tracce da cui pescare. In 1 ora non puoi pensare di fare nessun build up, devi suonare un set che sia immediato e d’impatto.
F: Si direttamente in consolle, si apre la borsa dei dischi e si vede il da farsi…
“La voce di Salvador Dalì in “L’Anagramme” da dove è stata presa? E’ casuale la scelta di Dalì o c’è qualcosa dietro a questa scelta?”
M: Come già successo in precedenti frangenti, è un idea partita dal fatto che mi piaceva suonare la sua voce su delle basi musicali durante il set: da lì è venuto automatico farci una traccia…
F: segreto professionale 🙂
Una cosa mi sono sempre chiesto: ma quando si diventa dj ad alti livelli si ascoltano live praticamente solo le proprie produzioni e i propri sets poichè nelle poche serate libere non penso ci si vada a rinfilare sotto cassa?! Ditemi che mi sbaglio!
M: Sbagli e di molto! Da un lato c’è sì la voglia magari di fare qualcos’altro, come andare a sciare, stare con la famiglia o andare da qualche parte a farti i cavoli tuoi… ma quando sai che c’è un artista che vuoi sentir suonare e capita che suona in town proprio il giorno che tu sei off… allora il richiamo del dancefloor è irresistibile!
F: Io personalmente, come dicevo prima, ascolto tantissima musica di altri dj e produttori.
Non so perché ma quando penso agli Italoboyz mi vengono subito in mente Fiabeschi e Zanardi i due personaggi dei fumetti del grande Andrea Pazienza. C’è stato qualche fumetto che ha segnato la vostra infanzia oltre all’intramontabile Topolino?
M: Leggevo Diablolik da piccolo, poi Dylan Dog appena uscito ma mi ha stufato presto…
F: Mi ricordo che ero innamorato di Cattivik!
Personalmente sono fissato con “L’Anagramme”. C’è una vostra produzione a cui tenete particolarmente?
M: Sì, per quanto mi riguarda ce n’è una che per me è speciale, ed è sul nostro album, si chiama “Oh mio dio”.
F: Dietro alle nostre produzioni c’e molto lavoro quindi ti affezioni a tutte. Concordo con te su “Bahia”… spacca 🙂
Dateci qualche news veramente bomba sul vostro futuro! Collaborazioni, produzioni, eventi, trasferimenti… cosa state architettando?
M: Fra le cose più significative da segnalare abbiamo deciso di aprire la nostra label, su cui faremo uscire tutte le cose più particolari e che maggiormente sentiamo ci definiscano nel sound e nel concetto. Ci vorrà ancora un pochino, ma sta nascendo..
F: Diciamo che c’è molta carne al fuoco, sempre nella direzione di cercare qualcosa che sia nuovo e ci diverta, tempo al tempo e lo scoprirete da voi.
Grazie ragazzi, buona fortuna e scusate per la domanda sui fumetti!
M: Grazie a te per le parole e per l’intervista, molto diversa dal solito!! Ci vediamo per un altro giro di drinks alla prossima serata 😉
F: un abbraccio, ci becchiamo in giro!
English Version:
We don’t need to remind you that we’re talking about Marco Donato and Federico Marton who, after moving to London, gave life to the “Italoboyz”. We can divide people into who danced on their sets and who did not yet. It was when they left the “Pizza and mandolino” country, that they received the influence of genres like electro, NagNagNag sound and achived the career that took them where they are today. The production starts in 2006 with “The Titty Twister EP” on Einmaleins Musik and than it carrys on with succesfull records on Mothership such as “Victor Casanova” or “Bahia” (a record that you can’t avoid to have). They are great no only because of their classy sets but for the energy and connection they acquired with the crowd (I remember the last time I saw them performing: I handed them an empty glass and they filled it up with vodka drink for me, as if nothing was). The Italoboyz are a never-ending development, that inspire themselves to genres from Jazz to Funk to create Techno-house sounds.
Hi and welcome on Soundwall!
Let’s start with a classic: We know that London has been essential for your growth. How was the first impact with the city?
M: My first impact occurred in 1995. I have been in London between work and study for 2 months: I took an English course in july and I worked in a restaurant in August. The impact was immediatly great. I still remember: I arrived on a GO flight (now called easyjet), then by train to Liverpool, Street Station. Black cabs, 2 levels busses, the architecture of the city… I remained fascinated. I caught a taxi and I went to Brixton where I stayed for the month of July. During the trip I was completely speechless, I looked out of the window: everything was crazy. I did not speak a word of English (I had only studied German at school). Then after arriving home and putting down the suitcase, I took the underground and I went to Piccadilly. I dare anybody, especially an Italian, on a first visit to London, to manage to restrain from going to Piccadilly Circus and have a picture taken under the TDK neon sign! To this day I remember clearly the sensation of immediately feeling at home. I have always had a very strong and special bond with this city.
F: The impact with the city is always cool. I remember I could buy a lot of interesting records. At that time (and I’m speaking about early 2000) there were a lot of shops that unfortunately are closed now. Another aspect is we went out almost every night, every time something new!
London was crucial for you, but was it also essential?
M: Who knows? But I would not change nothing about my past experiences, good and bad experiences. Obviously it was not always all roses and flowers, there were, as I think for anyone, unpleasant moments. Personally, a couple of times I’m been at the end of the barrel; but from there, I always found motivations extra to continue to do what I love.
F: Moving to London was crucial. In Italy there was no hopes, you had to be a good PR, and I am not a good PR!
How did you meet? How was Italoboyz born?
M: The project was born because Fede and I have right away understood to be complementary. We are the day and the night: this is why we create music that we could not create without this cooperation.
F: We met at a party where I was playing, I think it was around ’92. We can say from then we played together most of the time. The project is officially born 10 years later.
Did you chose the name “Italoboyz” or was it a nickname you had in London?
M: The first reale booking was at the 333 club: we distributed flyers for the club. One day we saw, written on the calendar, among the other artists names, “Italoboyz”… and from there the rest is history 😉
F: An english promoter gave it us…
I think it is unnecessary to ask you if there is a job, right now, that could be better than Djing. But before you set up the chance to live in this way, what were your plans and objectives for your lifes?
M: When I was a kid, I remember my father asked me “What would you like to be?” and I said “I’d like to be a DJ and producer” and he said “Yeah okay, it’s like saying you’d like to be a football player..”. Obviously It was not the answer I was looking for … But I’m here right now, and I’m a Dj and producer!
F: Djing, always!
What about your musical influences?
M: I was struck with acid house of the late 80’s and with the house/techno movement that has evolved in all its forms.
F: Personally, I am influenced by many genres. For me, the musical research is very important, I listen to a lot of kinds of music and I love to buy lots of used records. This is one of the fundamental aspect of living in London: there are a lot of used record shops!
We can say that you saw the difficulties of our country from the outside, but what do you think about the current italian music scene?
M: I think Italian music scene is not so innovative, there is not music research, although there are many great producers, especially in the last years.
F: I think the music scene is saved; there are a lot of new artists who became internationally recognized.
“Viktor Casanova” and “Bahia” are two of the biggest hits of Italoboyz. Both contain samples taken from the past. What is there behind Viktor casanova and Bahia? How were they born? What about the title: “Viktor casanova”?
M: First I want to dispel a “myth” that I have seen and read around on blogs, etc… All voices used in Viktor Casanova come from the film Casablanca. Then, the singing is taken from that film when, in the legendary Ric bar, there’s this beautiful solo singing of Corinna Mura, who sings a beautiful spanish reinterpretation of the “Tango delle Rose”.
The idea came from the fact that Federico’s father gave him the “Casablanca” DVD. Watching it there was this “shock”: using the voice to make a tool able to be used during the sets. And so it was! In fact, at the beginning, we didn’t think of making a real track, we liked to use the vocal here and there. Then, when we finished it, we decided to give it to a gentleman who likes these things… This gentleman was Ricardo Villalobos and The track made him crazy so he began to play it anytime, anywhere and in any case …
About Bahia, I think we were at the promoter’s home, who called us to play in Warsaw. Before dinner, in the living room, he put on this Coltrane’s record . We were there on the couch listening to this record while the promoter was in his bedroom. We liked it … Afterwards, we returned home and we immediately started to work on Bahia!
F: The projects were born from the desire to create something new. Something cool that we’d like to listen to in the clubs or we’d like to buy in record stores!
Why did you choose “Bahia” in the unconfined Coltrane discography and not a classic from “A Love Supreme”? And above all, why John Coltrane?
M: More details about the whys and wherefores are explained in the last answer 🙂
F: I have an extensive collection of Coltrane’s records. I really like him and Bahia is simply a stunning piece. Let’s say it was Bahia that chose us 🙂
I think the playful aspect is crucial in your music and this is evident, for example, in titles like “Oh mio dio” (Oh my god), “Accendiamo l’ascensore”(turn on the elevator) and “pornazzy”. How does this aspect influence your productions and your sets?
M: Yes absolutely, there is always a kind of self-mockery in everything we do, so in our music too. To take things too seriously is not good… Then this does not mean that we don’t work seriously on our stuff, in fact, we really put our souls in our tracks.
F: I think the irony behind things and to not take itself too seriously is the key to give birth to the things in the most spontaneous way.
Again referring back to the particular vocal speech: there is a track that I heard several times during your sets. Talk about a thing, “ the same thing” and people who “want to buy the same thing “. What is it? What can you tell about it?
M: We often use this tool, and many people ask us what is it? Where is it? Why ? In these days we are finally working on it and I promise that when it will be completed Soundwall will know first 🙂
F: It’s a secret 😀
Every time I go to London, I realize the public react to the beats in a different way (then of course it varies from club to club). What are the differences between the English and the Italian public that you notice most?
M: First of all, London is full of Italians, so when you go to dance, especially at Fabric, whether you like it or not our fellow citizens are always the hard core… However, I disagree: the warmth and enthusiasm of the people are a bit everywhere. For example, in Japan they are warm and expansive… Also in South America for example… What really matters is the vibe, the energy that is created, so basically what matters is partying.
F: Not many, I think the tradition of the clubbers are similar. But in London the age of the clubbers is higher!
About your sets: do you prefer a studied approach or do you usually make choices during the performance?
M: Nooo, you always do all at the moment, is the best thing: start playing, starting easy and than make it stronger. It happened just a couple of times, playing at festivals in which the time set was limitated, we gave us a guide of twenty tracks. In one hour you can’t make any build up, you have to play immediatly a power set.
F: Directly on the consolle: you open the bag and see what to do…
Where did you take the voice of Salvador Dalì used in “L’anagramme”? Why did you choose Dalì?
M: Because I liked to play with his voice during the set, and so I automatically started to work on the track!
F: Professional secrecy 😀
I’ve always wondered one thing: when you become famous and successful DJ and have a lot of live, you’re always in touch with your own music, own production and your own sets … So, tell me if I’m wrong, every time you have a night off from work, i think you don’t spend a night in a club as a listener, isn’it? Tell me I’m wrong!
M: You’re definetly wrong! obviously there is the desire to do something else, like go skiing, staying with your family or go out somewhere to get your own business… but when you know there is an artist that you want listen to and it happens that he plays in your own town on the day that you are off… then the call of the dancefloor is irresistible!
F: As I said, personally I listen to lots of other DJs and music producers.
I do not know why but when I think of Italoboyz I immediately think of Fiabeschi and Zanardi, two Andrea Pazienza’s comic characters. There was some comics has marked your childhood?
M: I read Diabolik when I was a child and then Dylan Dog but it bored me very soon…
F: I remember I was in love with Cattivik!
I really like your “Where is London”. Is there an Italoboyz production you particularly like?
M: Yes, for me there is a special one, it’s on our album, it is called “Oh mio dio”.
F: Behind our productions there is a lot of work so I love all of our produtions. Anyway I’m according with you: Bahia rocks! 🙂
Can you give us some real news about your future! Collaborations, productions, event… What are you planning?
M: We decided to create our label so we’ll release our particular stuff on it . It will take a little while, but it is coming..
F: We are working on lots of things, always searching for something new and fun… You’ll see!
Thanks guys, good luck and sorry about the question about comics 🙂
M: Thank you for the good words and for the interview, very different from the usual!! See you at the next performance for another round of drinks 😉
F: Hugs, see you!