Era da tempo che Younger Than Me alias Francesco Mingrino e Marcello Carozzi, erano nella nostra “lista dei desideri”: non perché loro si facessero pregare o fossero sfuggenti, ma semplicemente ci sembrava uno dei progetti italiani più interessanti e con più personalità in una determinata area danceflooriana tra disco, wave ed acid. Nel frattempo loro hanno fatto ciò che da anni stanno facendo in molti: salutare il nostro paese ed andarsene in Germania, a Berlino. Quanto questa sia stata la mossa giusta, lo potete leggere in questa bella chiacchierata che ci siamo fatti; così come potete leggere come si è sviluppata la loro carriera e il loro stile, e le cose notevoli che stanno facendo con un progetto molto speciale, 90’s Wax. In attesa di vedere come va a finire col “blocco” pandemico e come davvero riprenderanno le cose – e pure qui Francesco e Marcello hanno un incisivo punto di vista – ecco l’occasione per dedicargli finalmente lo spazio che meritano.
Allora, visto il nome e l’indirizzo sonoro della vostra label: siamo arrivati al cortocircuito definitivo per cui “…il passato è il futuro”? Cosa implica? Mi spiego: il fatto di dover tornare a guardare a ciò che è successo ormai più di vent’anni fa è una critica a quello che è successo dal 2000 in poi, tra domini minimal prima e techno poi, oppure è un normale, naturale, fertile modo per (ri)mettere in circolo idee sempre valide?
Allora, premesso che 90’s Wax è un progetto “B side” di Younger Than Me, nel senso la musica che esce su 90’s wax non prende tutto YTM, ne è una buona parte, un’influenza grande, ma sicuramente non ne rappresenta tutta l’anima. Inoltre il progetto 90’s Wax è caratterizzato da un suono vecchia scuola, certo, ma influenzato e rimodellato secondo le moderne concezioni e tecniche di produzione. In sostanza è come prendere tutto R&S, Guerrilla Records ed altri simili mettendoli dentro una lavatrice con sapone e ammorbidente made by Younger Than Me, e presentarli con un piglio nuovo e moderno ma con lo spirito festaiolo e spensierato di quegli anni. Inoltre c’è anche molta break beat, trance anni 2000, per intenderci i primi Digweed, ma anche Spiral Tribe e l’ avvento della Tekno sono parte dell’influenza. Sicuramente non siamo fan della minimal, ma in generale non siamo fan di musica troppo flat, nelle nostre produzioni come anche nei nostri set puoi sempre riscontrare un crossover continuo da genere a genere. Adoriamo svariare, rendere il set il più inaspettato possibile con picchi da un lato e momenti riflessivi dall’altro; così come nelle produzioni cerchiamo di creare sempre almeno due se non tre momenti diversi nella traccia… non sempre è facile, ma si ci prova! C’è musica validissima al momento e super interessante, come ad esempio la francese Worst Record fondata dai ragazzi del famoso festival Positive Education, oppure l’olandese Mirror Zone di Spekki Webu, la crew Berlinese Warning Record, Dischi Autunno ovvero la nuova etichetta di Jennifer Cardini. Questo per dire che non solo il passato è gold, ma anche il presente è solo una questione di musica: negli anni 90 si sperimentava molto, per questo ne siamo attratti, ma anche adesso le cose buone e coraggiose ci sono!
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A proposito di periodi storici: come definireste lo sviluppo del progetto Younger Than Me? Lo si può dividere in fasi distinte, o siete andati sempre avanti in modo fluido, senza soluzione di continuità?
Diciamo che è un mix: la crescita del progetto è stata ed è per fortuna abbastanza fluida, step by step (li abbiamo fatti gli step, e continuiamo a farli tutti…), però si può sicuramente dividere in fasi distinte, diciamo tre macro aree. La prima fase è quella del “conoscimento”: essendo un duo, al inizio ci sono mille idee, uno prova varie cose, se pensi che il nostro primo ep nel 2016 è un singolo Italo Disco su Bordello A Parigi figurati… Ne siamo ancora fieri di quel disco, sia chiaro, però è anni luce lontano dal nostro sound! Da li abbiamo fatto un altro disco su Bordello A Parigi sempre molto Ottanta, piu new wave diciamo, continuando la ricerca di un nostro stile. Intorno al 2018, con le release su Tusk Wax, il primo 90’s Wax, XXX label ed altre uscite ancora abbiamo affinato e capito quale era il nostro suono, cosa ci piaceva veramente, senza seguire mode. In quel periodo andava un sacco l’electro e ovviamente la techno, nessuno suonava (o ancora meno produceva) progressive house or trancey techno e break beat house, ma abbiamo riscontrato che piaceva (ci piaceva un botto lo spirito e la vibe, al di là anche del suono) ciò che era “rave”, in contrasto con la techno molto seriosa del periodo. Ci piace ricordare alle persone che si va a ballare per sorridere: non è una guerra. In quel periodo abbiamo cominciato a girare un bel po’, siamo entrati in una booking agency internazionale e quindi diciamo che è cominciato il vero progetto professionale Younger Than Me. Mentre la terza fase, che è quella attuale, si potrebbe definire della consapevolezza nei propri mezzi, nel lavoro duro ogni giorno. Perché sì, è un lavoro, si ci sveglia ogni mattina e si prova a far qualcosa sempre: se non si riesce a produrre, anche solo leggere un manuale nuovo di un synth porta qualcosa. In questo periodo cerchiamo anche di portare il progetto a uno step superiore, cercando di affinare la tecnica produttiva. Abbiamo finito il nostro primo album e continuiamo a sperimentare, mescolando generi che ci piacciono cercando nel nostro piccolo di dare qualcosa di nuovo e diverso alla scena.
Ci piace ricordare alle persone che si va a ballare per sorridere: non è una guerra
90’s Wax è tecnicamente una sub label dell’inglese Tusk Wax: come nasce questo progetto? Su quali regole precise si basa?
Allora: era fine 2017, avevamo firmato con Tusk Wax l’uscita di un EP (il numero 27 della serie), ma avevamo anche finito un nuovo disco che sembrava appunto uscito dagli anni 90. Abbiamo quindi pensato di proporre a Tusk Wax una nuova sub label chiamata appunto 90’s Wax che rievocasse la golden age dei rave UK. Lui fu entusiasta dell’idea ma avendo un EP come Younger Than Me sulla main label ci propose di fare uscire il primo disco come Unknown Artist e fu un successo, sold out in due giorni, disco stra-suonato ovunque, per un anno commenti ovunque e varie ipotesi di chi potesse esserci dietro. Tuttora il 90’s Wax numero uno si trova su Discogs a cifre spaziali. Quindi decidemmo di comune accordo di fare una release al anno. Con la seconda, facemmo uscire un articolo che dichiarava che c’eravamo noi dietro il progetto, e quindi uscì come Younger Than Me. L’idea alla base del progetto è per l’appunto rimodernare il sound 90’s dalla progressive house e techno, trance , breakbeat , jungle , hip house e dream house. Regola di base è che tutte le produzioni devono essere di Younger Than Me o in collaborazione con Younger Than Me. Ecco appunto il terzo volume, in collaborazione con Skatebård, e il quarto in imminente arrivo con Francesco Farfa e Timothy Clerkin. Prima della pandemia avevamo già programmato anche dei 90’s Wax Party, uno dei quali doveva essere al milanese Tempio Del Futuro Perduto, un b2b Skatebård & YTM all night long…
Ora state a Berlino infatti, ma la città che cementato il vostro sodalizio è Milano. Cosa vi è rimasto della metropoli lombarda, a livello di ricordi, abitudini, attitudini? Cosa vi piaceva, e cosa invece siete stati contenti di lasciare indietro?
Beh, Milano fa parte tutt’ora di YTM, abbiamo il nostro party Futura e la nostra residenza al Tempio Del Futuro Perduto ben solide. Milano ci ha fatto crescere, e ci ha dato anche la forza di lavorare ogni giorno. La collaborazione col Tempio è forse una delle cose più importanti: rispetto ad altri posti dove abbiamo collaborato, ci ha dato fin da subito spazio senza chiedere nulla in cambio. Ci siamo trovati in un ambiente onesto e dove eravamo liberi di suonare e di invitare qualsiasi artista volessimo. L’altro lato della medaglia di Milano, ma anche dell’Italia in generale, è il fatto che essere giovane artista italiano ti prelude o meglio ti svaluta rispetto ad essere giovane artista estero agli occhi dei promoter italiani. Sì, è un luogo comune, ma è anche tanto tanto vero. Nel 2019 suonavamo molto in Europa, dall’Ankali a Praga allo Jasna 1 a Varsavia, poi ancora Lituania, Amsterdam , Madrid, Barcellona… e in Italia, invece? Solo Tempio. Fa più figo forse portare il giovane berlinese / londinese di turno rispetto al nuovo duo made in Italy. A questo ancora stiamo?
Che un producer di musica elettronica si trasferisca a Berlino ormai è un luogo comune. Cosa vi ha spinto a farlo? Avevate delle possibili alternative, come che so Parigi o Bruxelles?
Berlino è stata una scelta giusta: era ora di uscire dal guscio, dalla comfort zone, era il momento di confrontarci ogni giorno con artisti del settore anche molto più affermati, capendo che basi avesse realmente il nostro progetto. Berlino è perfetta per le possibilità di relazioni e incontri, non tanto per la musica in sé, per noi. Non facciamo techno, non facciamo house, siamo un progetto “difficile” anche per il panorama berlinese, sicuramente Amsterdam è più consona al nostro stile e sì, era nella lista, però gli affitti e il costo della vita erano insostenibili, almeno in un primo momento, e poi abbiamo pensato che siamo a 6 ore di treno di distanza quindi poco male…
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Come la vita da “artisti emigranti”? Quali sono i primi scogli da superare? E quali sono gli errori da non fare?
Primo scoglio enorme era appunto uscire dalla comfort zone, vivere con la propria arte a tutti gli effetti e onestamente, sai… stava andando bene, molto bene! Se non fosse per la pandemia, stava andando tutto bene! Comunque, senza dilungarci sulla storia triste che tanto è un fattore comune per tutto e per tutti, un altro scoglio, almeno per Berlino, è la burocrazia infinita. Certo, se avessimo sbrigato tutto per bene all’inizio senza farci prendere dalla pigrizia, saremmo stati supportati dallo Stato come artisti; invece , abbiamo rimandato, abbiamo tenuto la partita IVA italiana e quindi scoppiata la pandemia non abbiamo percepito niente, zero sussidi, perché appunto risultavano ancora freelancer in Italia. Quindi grosso errore da non fare: se vuoi vivere in un posto, nuovo adeguati alle norme del posto quanto prima! Non si sa mai scoppi di nuovo una pandemia globale…
Esiste oggi un “suono di Berlino”, o ormai il panorama è troppo composito per individuarne uno?
Sicuramente gli piace la techno, che sia ipnotica, dub o industrial ma la techno piace. Però non lo definirei un “suono Berlino” quanto più una “moda Berlino“. Per fortuna però c’è spazio per tutti, i club stanno cercando di differenziare parecchio, tenendo comunque sempre la main room molto techno .
Come vi ponete voi rispetto alle attuali regole dell’industria musicale, anche nel campo della musica da club? Quanto è importante essere bravi “manager di se stessi”, rispetto al fattore puramente musicale?
Importantissimo! Ad esempio, abbiamo un agente che ci cura i booking e i rapporti con i club; ma per tutto l’aspetto manageriale facciamo da soli, per scelta non abbiamo bisogno di un manager. Vogliamo tenere i rapporti diretti con label, artisti e magazine, mandiamo noi stessi i promo a una nostra promo-list. Ovviamente tutto ciò presuppone che ci sia una base valida: sapersi vendere è importante, ma anche cosa vendi lo è. Quindi se sei bravo a proporti, e inoltre quello che proponi è anche di qualità, sei riuscito a fare bingo. Il mondo del clubbing sta cambiando, abbiamo (per fortuna) lasciato sempre più da parte la figura del dj superstar che può fare tutto e a cui tutto è concesso. Davvero: il dj viziato che deve dedicarsi solo alla musica e alla “show” è finito. C’è tanta concorrenza, tantissima gente valida e tanta qualità. E’ difficile arrivare, affermarsi. Che non vuol dire champagne e ville, sia chiaro, ma viverci, semplicemente viverci! Ti devi sudare ogni passo, ma onestamente non è un peso: è il sogno di una vita e impegnarsi per questo è solo un piacere.
L’altro lato della medaglia di Milano, ma anche dell’Italia in generale, è il fatto che essere giovane artista italiano ti prelude o meglio ti svaluta rispetto ad essere giovane artista estero agli occhi dei promoter italiani. Sì, è un luogo comune, ma è anche tanto tanto vero
Ci sono degli artisti o progetti che vi hanno storicamente fatto da esempio e da ispirazione? E, più nello specifico, se doveste indicare dei dischi che vi hanno cambiato la vita quali nominereste?
Artisti, svariati. Ascoltiamo molto, e come è giusto veniamo influenzati molto da ciò che ascoltiamo: dagli Underworld agli Happy Mondays, Andrew Weatherall, Joy Beltran, Higher Intelligence Agency, Psychic Tv, la lista potrebbe essere lunghissima… Come dischi, anche qui l’elenco potrebbe essere infinito però restringendo il campo siamo sempre alla ricerca di quei dischi eterei e senza tempo, quei dischi che passati 20 anni fa, passati oggi e passati tra vent’anni saranno sempre attuali perché senza tempo. Ci viene in mente “Belfast” degli Orbital: inflazionatissima ovviamente, però quant’è bella!? Oppure Anne “Our Darkness” di Anne Clark , “Passion” di Gat Decor; scostandosi dalla musica elettronica, “Il Giardino Degli Dei” dei Truceboy oppure “A Rush And A Push And The Land Is Ours” degli Smiths…
Domanda finale, ed è una domanda inflazionatissima ma necessaria: tutto questo stop pandemico, lungo più o meno un anno ma mi sa anche di più, cambierà lo scenario o tutto riprenderà come prima? E se lo cambierà, in quale modo e in che direzione?
Onestamente è una domanda che ci poniamo noi ogni giorno e che siamo certi anche altri artisti si pongano. Risposta? Non ne abbiamo idea! Però speriamo che qualcosa cambi. A dire il vero, la prima richiesta di booking di quest’anno è arrivata da un club italiano! Un club storico italiano… Quindi questo ci fa ben sperare. Però c’è un iceberg immenso e dopo quello visto la scorsa estate, con il” liberi tutti” temporaneo e i soliti noti dietro le console, siamo cauti nelle speranze. Ma d’altronde non sono le speranze che ti fanno ottenere un obiettivo ma il lavoro, e su quello continuiamo a farlo ogni giorno, tra sbalzi d’umore pandemici e non. Continuando come un martello cerchiamo di raggiungerlo, questo obiettivo!
Foto di Nicola Bernardi