Spiace che una cosa del genere arrivi proprio da Foligno, la Foligno che tra Dancity Festival e Serendipity / SRNDPT ha offerto una rappresentazione plastica di come investire su una cultura contemporanea, qualitativa, internazionale sia un volano sociale ma pure economico notevole. Dato che, come abbiamo scritto più volte, dalla primissima edizione di Dancity ad oggi abbiamo visto il centro storico cittadino (e non solo) letteralmente trasformarsi e rivivere, anno dopo anno. Ma evidentemente gli esempi virtuosi non bastano: certe scorie nella politica italiana sono davvero troppo assimilate. Si fa davvero fatica a liberarsene.
Allora, i fatti. Il Comune di Foligno fa partire un bando dove – e questo è anche un merito – si guarda avanti e si pensa a gettare le basi per un po’ di programmazione estiva. Offre all’uso uno dei “salotti” cittadini, il bellissimo cortile di Palazzo Trinci. Ok, no? Fa anche di più, evviva: mette a disposizione gratuitamente non solo lo spazio, ma anche una serie di servizi di base. Citiamo dal bando, parola per parola:
Prevista la seguente dotazione di base: quinte di scena; palco (con esclusione della movimentazione e del montaggio che si renda eventualmente necessario per specifici allestimenti richiesti dai singoli spettacoli); sedute per il pubblico; service audio e luce di base; attività di igienizzazione delle sedute prima e dopo lo svolgimento di ciascuno spettacolo; attività di comunicazione dei singoli eventi all’interno della promozione integrata della complessiva rassegna, tramite il sito istituzionale dell’Ente ed anche con ricorso ai canali social dedicati; gestione delle prenotazioni degli spettatori; personale per i controlli all’accesso alla Corte di Palazzo Trinci, anche a fini del controllo dell’avvenuta prenotazione, della temperatura corporea, dell’igienizzazione delle mani e del rispetto delle misure necessarie Covid; acquisizione di ogni autorizzazione, nullaosta, licenza o altro titolo previsto dalle normative di settore e necessario per lo svolgimento delle attività, con particolare riguardo all’autorizzazione di pubblico spettacolo, laddove necessaria, deroga al rumore ed inquinamento acustico, pubblica sicurezza, servizio d’ordine e ogni altro adempimento eventualmente necessario
A carico dell’organizzatore invece che ci sta? Scorriamo sempre il bando:
Resteranno invece a carico esclusivo degli organizzatori dei vari eventi i seguenti adempimenti: completa organizzazione e gestione dell’evento o della rassegna, incluse tutte le voci di spesa necessarie per il relativo svolgimento ed eccedenti rispetto a quelle sopra indicate (allestimento, impiantistica e attrezzature speciali) nel rispetto della vocazione culturale ed artistica del luogo della rappresentazione; stipula di idonea polizza assicurativa per la copertura di eventuali danni a cose e/o persone riconducibili agli eventi e alle attività che saranno realizzate negli spazi dell’amministrazione comunale; allestimento e messa in sicurezza di tutte le strutture necessarie all’utilizzazione pubblica degli spazi, fatta eccezione per il palco, le quinte, l’impianto audio e l’impianto luci messo a disposizione dall’Amministrazione comunale; rimessa in pristino degli spazi concessi, pulizia straordinaria e quanto altro possa occorrere per restituire l’area nelle condizioni iniziali
Fin qui, tutto bene. Proposta anche onesta. Soprattutto considerando che in tempi di pandemia, con l’economia che si è fermata per un anno e passa, anche le casse comunali saranno più in difficoltà del solito e quindi, insomma, si cerca di fare necessità virtù. Lo spazio ce l’ho e te lo do gratis, per venirti incontro se ti serve ti offro pure dei servizi di base: onesto. Poi in caso sta a te capire se li devi implementare o meno. Anche perché fra i vari criteri di assegnazione saranno valutate le seguenti caratteristiche:
I progetti saranno presi in esame sulla base dei seguenti criteri: qualità, originalità e grado di innovazione della proposta culturale; valorizzazione delle tradizioni e della storia locale; adeguatezza e fattibilità in relazione al contesto ospitante e alla compatibilità dell’evento con le caratteristiche dello spazio messo a disposizione; capacità di incentivare e coinvolgere – attivamente e non soltanto in veste di spettatori – le giovani generazioni nella produzione e realizzazione degli eventi; potenzialità in termini di ampliamento e di diversificazione del pubblico, nonché in termini di capacità di attrarre nuovo pubblico anche attraverso strumenti innovativi di promozione degli eventi; sostenibilità ed adeguatezza culturale, economica, sociale e ambientale; capacità di reperimento di risorse da altri enti pubblici e/o privati, da sponsorizzazioni e/o disponibilità di risorse proprie degli organizzatori; attivazione di forme di collaborazione con altri soggetti culturali; offerta culturale dedicata all’infanzia, all’adolescenza ed alle famiglie e/o alle categorie più fragili
C’è insomma di tutto un po’. Magari insospettisce un po’ quel “valorizzazione delle tradizioni e della storia locale” messo così in alto, però ok, non è che sia sbagliato a prescindere valorizzare le tradizioni locali, lo si può fare anche in maniera intelligente e notevolissima (vedi quanto fece Dancity con Shackleton e i tamburi della Quintana). Ad ogni modo è un elenco sensato. Dove sta il problema, allora? Sta qui:
Tutti gli eventi dovranno essere realizzati con accesso gratuito da parte del pubblico
Nel dubbio, ve lo riscriviamo:
Tutti gli eventi dovranno essere realizzati con accesso gratuito da parte del pubblico
…perché sì, nel bando è scritto esattamente così. Ricapitolando: il Comune offre uno spazio di pregio (bene), un minimo di allestimento (bene), mette dei criteri abbastanza ampi per stabilire cosa sia valido e cosa (vabbé, ci può stare), però poi ti obbliga – ripetiamo: obbliga – a fare tutto gratis. Come pensano venga pagato il lavoro artistico e di creazione? Come pensa vagato il lavoro extra su suoni, quinte, scenografie, luci? Ma tipo, hanno idea di come funziona l’industria della cultura e dell’intrattenimento? Sì, perché è un’industria. Con professionalità, dinamiche, necessità di un comparto industriale.
Evidentemente al Comune di Foligno hanno la stessa concezione rudimentale (e stiamo usando un aggettivo gentile) per cui la cultura è in primis uno svago da dopolavoristi, niente di più. Qualcosa che fai a tempo perso insomma, su cui investi personalmente tempo e soldi giusto per una tua gratificazione personale. Quindi che problema c’è: sei una compagnia amatoriale (o una orchestrina di dopolavoristi), sei contentissimo del “regalo” dell’amministrazione che ti fornisce lo spazio dove tu puoi esibirti di fronte ai tuoi concittadini festanti (…che per lo più saranno i tuoi parenti e, se sei bravo e convincente, i tuoi amici, come è giusto che sia per uno spettacolo amatoriale). Tutti contenti. Tutti contenti?
L’ennesima puntata di una saga molto italiana: vedere la cultura come ninnolo, come orpello carino con cui dilettarsi a tempo perso e stop, e non invece come valore e metodo di crescita sia economica che sociale, da giocarsi strategicamente e con una visione
…no. Questa visione delle cose è un autogol clamoroso. E’ l’ennesima puntata di una saga molto italiana: quella di vedere la cultura come ninnolo, come orpello carino con cui dilettarsi a tempo perso e stop, e non invece come valore e metodo di crescita sia economica che sociale, da giocarsi strategicamente e con una visione. Chiaro che se ragioni in questo modo la cultura è una “perdita” (di tempo, o soldi), una “concessione” che fai a un po’ di persone un po’ viziate, egomani e/o con discreto tempo libero a disposizione e non una cosa seria. Non entriamo nemmeno nel merito del giusto o dello sbagliato: entriamo invece in un merito molto cinico e concreto, e diciamo che questa visione della cultura è perdente in primis come investimento economico e professionalizzante.
La cultura fatta bene è una cosa seria. Un lavoro. Un lavoro che chiama in campo professionalità – e le professionalità vanno pagate. Come in qualsiasi altro campo lavorativo. Sennò è volontariato (atto nobile), o cazzeggio (atto accettabile: ma nessuno pensa di migliorare la propria vita e la realtà che lo circonda basandosi sul cazzeggio, no?).
Se l’opposizione da mettere in campo su queste argomentazioni è “Ma noi mica impediamo che chi vuole offrire uno spettacolo dentro Palazzo Trinci trovi altre forme di sostentamento, che siano istituzionali o private”, come appunto indicato in modo più asciutto all’interno del bando fra le varie voci, facciamo di nuovo notare che siamo nel campo di uno svilimento di ciò che è cultura: o qualcosa che è gestito da chi è bravo a fare propri fondi pubblici districandosi nei gangli dei bandi e della burocrazia, o chi è bravo a “vendersi” integralmente a un brand affidando ad esso il 100% del suo guadagno. Col risultato finale che la politica cultura non la fanno (del tutto) gli artisti, non la fanno i cittadini con le loro scelte e i loro gusti, non la fa nemmeno la politica col suo indirizzo democraticamente legittimato. La fanno i direttori marketing dei brand. Boh: non ci pare un grande risultato. A meno che l’idea recondita non sia quella di avere un disco-pub incastonato fra le mura di un palazzo medievale, dove tutta l’economia si basa solo ed esclusivamente su quanti cocktail e birre riesci a somministrare. Nulla contro bar e disco-pub ma sono un altro sport, non sono cultura.
Bene mettere a disposizione Palazzo Trinci, salotto cittadino. Gentile metterlo a disposizione un minimo attrezzato, ed offrendo una mano nella sanificazione o nel percorso di permessistica. Ma imporre poi, ope legis, che gli spettacoli siano gratuiti, è proprio tutto sbagliato. E’ davvero maledettamente tutto sbagliato. Che questo sbaglio poi lo facciano a Foligno, rende il tutto ancora più surreale, ancora più triste, per i motivi che vi dicevamo in apertura articolo.
Poi chiaro: se l’intenzione è invece quella di “Diamo un palco pure bello a chi si diletta di arte in maniera amatoriale e vuole farsi vedere per vivere una sera da star di fronte ad amici e parenti” ok. Ma veramente siamo (ancora) a questo? Veramente non si può fare di meglio? Veramente dobbiamo ripetere la puttanata siderale fatta dall’amministrazione capitolina qualche anno fa per Capodanno, 2016, solo affinandola un po’ e non chiedendo direttamente dei soldi?