C’è stato un momento in cui, sulla spinta dei vari Buddha Bar veri o tarocchi, l’esotismo da cartolina era entrato pesantemente nella musica elettronica. In realtà era – e lo sarebbe tutt’ora – una bella notizia che il mondo delle musiche folk globali si contamini con l’elettronica così come l’abbiamo conosciuta dalla rivoluzione techno, house e breakbeat in poi: è un modo per ampliare spettri sonori così come dialoghi tra culture ed attitudini. Il punto è che anche una buonissima idea, se presa e sfruttata a sangue per fini in primis di guadagno, può diventare un’idea antipatica e fastidiosa. I mille brani-fotocopia, gli esotismi pronto-uso, il fatto che un certo tipo di musica venisse ascoltata per lo più in contesti fighetti dove di autentico più che le esperienza di vita c’erano le strisciate di carta di credito ha, in poco tempo, reso abbastanza irrilevante un certo tipo di approccio nella cartografia della musica contemporanea. Anche perché molti producer-mestieranti su questo filone ci si sono buttati a pesce, con la loro serena dozzinalità, quelli insomma che se fosse diventata di moda la techno-mazurka o il nu fox trot avrebbero sfornato quintalate di techno-mazurka e nu fox trot.
Eppure bisognerebbe tornarci sopra, su certe traiettorie. Vale sempre la pena tornarci sopra. Se lo si fa con rispetto, curiosità, senza il bilancino del cercare il suono-di-moda del momento, vale eccome la pena. Tutto questo lo abbiamo pensato subito mentre ascoltavamo il promo dell’album di Cemento Atlantico: nome che non vi dirà molto, visto che Alessandro Zoffoli, classe 1975 (non un ventenne quindi, ma una persona con un bel bagaglio di esperienze), questo moniker non l’aveva mai usato in passato. Ma se frequentate certe zone dell’alta Romagna, verso il ravennate, nelle selezioni di ToffoloMuzik vi sarete imbattuti di sicuro.
Bene: Alessandro ha messo insieme un bagaglio vastissimo di esperienze sonore sotto forma di field recording (raccolto tra posti come Marocco, Vietnam, Perù, Cambogia, Colombia, India, Guatemala, Myanmar…) e le ha trattate con grande rispetto e con un’elettronica dall’approccio molto anni ’90. Cosa quest’ultima che non è un limite: perché il tutto è fatto bene, con le giuste “spaziature” pure scure quando necessario, ma anche perché nel 2021 si evita assolutamente l’effetto “fighetteria” (gli anni ’90 world-eclettici hanno smesso da un pezzo di essere di moda tra i colonialisti culturali da aperitivo, che sono migrati ad altro). Ciò che resta è un lavoro molto interessante per visione ed approccio, che effettivamente ti (ri)porta in luoghi sonori geograficamente vasti e in grado di ispirare, se ti ci approcci con rispetto ed attenzione e non cercando un sottofondo da mojito.
Insomma: questa release ci è sembrata così interessante che abbiamo deciso di presentarvelo un giorno in anticipo rispetto all’uscita (su Bronson Recordings), in anteprima assoluta. Buon ascolto e, soprattutto, buon viaggio!