C’è più di un apparentamento tra la crew di _resetfestival è quello de La Musica Che Gira, una delle realtà che più si è spesa – ad oggi con non troppi risultati, ma è come scavare una montagna a mani nude – per cercare di rimettere in una decente dignità istituzionale e legislativa il mondo della musica “leggera”. Fondamentalmente si tratta di artisti ed addetti al settore di nuova o medio-nuova generazione che sono cresciuti quando gli anni d’oro della discografia (’50, ’60, ’70, ’80, in parte i ’90) erano già andati da mo’, e quando le major pensavano solo a sfruttarti ed a cambiarti (per poi rovesciare le colpe su di te quando le cose non andavano bene, cosa diventata quasi sistematica da metà anni ’90 in poi). Se oggi certe dinamiche e certi rapporti di forza si sono invertiti, è anche perché c’è chi ha avuto la personalità, la forza e la testardaggine di partire da un contesto ma soprattutto da una forma mentis indipendente per andare ad imporre le sue regole, le sue sensibilità, i suoi modi di lavorare, i suoi modi di fare affari senza però perdere l’anima, o stando attento a venderne un’equa parte.
E’ un po’ la grande rivoluzione musicale dell’ultimo decennio. Se oggi “indie” è una parola che funziona ed anzi ormai praticamente è “il” pop per eccellenza, è grazie ad una generazione e ad un gruppo di persone che non riconducibile a due o tre entità specifiche, ma che comunque si conoscono tutte tra loro, si confrontano, si scambiano idee, si uniscono quando serve. Ecco: _resetfestival, a Torino, da sempre è stato un piccolo-grande punto d’incontro, confronto e di semina per questo germoglio importante. Non mette magari in campo vip incredibili, non mette in campo eventi spettacolari, non ha compagnie telefoniche a simulare generosità o marche d’auto a simulare discoteche, si svolge in spazi ristretti o relativamente ristretti, però ecco, è un appuntamento importante. Per quelli che ne sanno, per quelli che vogliono capire come vanno le cose in questa “nuova generazione” della musica italiana, è importante.
(_resetfestival è già iniziato, ecco qui un teaser sulla prima giornata, ma va avanti fino al 9 ottobre; continua sotto)
Insomma: se siete a Torino in questi giorni fino al 9 ottobre, date un’occhiata al programma dei vari incontri ed attività. Beccherete talk e laboratori dove vengono coinvolti artisti come Willie Peyote, Fausto dei Coma Cose, Ghemon, Roberto Dellera (Afterhours) e tanti altri – soprattutto molti addetti al settore fondamentali nel dietro le quinte. Troverete un po’ di risposte alle vostre domande pratiche, se siete interessati alla musica leggera-ma-non-stupida contemporanea; o molto semplicemente respirerete l’aria che finalmente ci ha reso un paese dove il pop, al contrario di altri settori (musicali e non solo), ha avuto un ricambio generazionale serio. Il punto non è se vi piaccia Levante o Paradiso, se vi piacciano lo Stato Sociale o Cosmo, Laszlo De Simone o Calcutta, o se nessuno di questi e voi siete per la sperimentazione; il punto è capire – ed apprezzare – il fatto che fino a cinque minuti fa eravamo tutti convinti che saremmo tutti morti claudiobaglioni, invece si è dimostrato che un altro mondo è possibile anche per coloro che partono “dal basso” e non sono stati creati in vitro dalle multinazionali. E non si accontentano di vivere la musica solo come hobby dopolavoristico o come passione finanziata dai propri genitori.
E’ bello che ci sia una parte di questa nuova ondata che si preoccupi di incontrarsi, di creare degli eventi che siano dei veri e proprio luoghi di confronto e di laboratorio creativo. Anche nell’elettronica dovremmo forse imparare a farlo, o farlo più spesso; e ad essere (e sentirsi) coinvolti dovrebbero essere anche quelli che ce l’hanno fatto a diventare resident ad Ibiza, che è l’equivalente danceflooriano del partecipare a Sanremo solo con più champagne, più (finti) VIP e più vodka lemon. Cosa che purtroppo accade troppo poco. I momenti di incontro e confronto, non i vodka lemon – che ora che Ibiza e il Circoloco ripartono il rischio è di non ricordarsi la merda che si è accumulato nel frattempo, anche prima della pandemia.