Avevamo pubblicato qualche giorno fa un articolo piuttosto letto – e molto circolato fra gli addetti ai lavori, che però poco hanno esternato reazioni – sulla “minaccia” del Magnolia di non riaprire. Una “minaccia” sacrosanto nel momento in cui voleva evidenziare l’assurdità di essere ancora tagliati fuori dalla normalità nonostante il Green Pass e un percorso vaccinale; ma una “minaccia” anche del tutto non a fuoco nel momento in cui si perdevano di vista, nel quadro complessivo e nel portato drastico&definitivo della “minaccia”, alcuni elementi dell’industria musicale live contemporanea che invece non andrebbero esclusi dal quadro.
La buona notizia, prima di tutto, è che il Magnolia non molla. Anzi, non buona: buonissima. Il weekend del 22 e 23 ottobre si riprende infatti a “vivere”, come da annuncio sulla pagina Facebook ufficiale:
E’ una notizia super, siamo felicissimi di amplificarla (…e siamo sicuri che non sarà solo questione di ballo ma torneranno pure i live). Siamo felicissimi perché il Magnolia è un posto che da anni, anzi, dal primo giorno della sua esistenza è dalla parte “giusta”: ha (ri)portato la musica live a Milano quando sembrava una causa persa, lo ha fatto sempre con una linea artistica precisa, ha dato un contributo a dir poco decisivo nel rendere di nuovo “sexy” l’idea di concerto fra il pubblico della seconda città d’Italia (…e oggi di gran lunga la prima per numero di concerti importanti) cosa che invece si stava perdendo, ha formato in modo esemplare decine se non centinaia di professionisti, in generale ha sempre respirato e fatto respirare passione sincera da un lato e umanità non scontata dall’altro. Un incubatore non solo di belle serate ma di grandi idee, di coraggio imprenditoriale (senza perdere l’anima) e di eccezionali lavoratori. Gli auguriamo di restare tale almeno per i prossimi cento, centoventi anni. Almeno. Poi, vedremo. Non poteva finire qui.
…non poteva finire qui, ma vorremmo sottolineare come la prima soluzione trovata a sbloccare l’impasse è stata molto “milanese”: l’intervento di un privato. MI AMI, la creature di Rockit e da anni festival che ha trovato la casa perfetta al Magnolia, ha portato in dote un partner privato che ha deciso di investire dando una mano concreta. Qui sotto trovate il post che spiega l’operazione. Ma poi fateci aggiungere due parole.
Eccolo, il “modello Milano“: arrivano gli sponsor privati a risolvere molti problemi ed a sbloccare tante situazioni, lì dove il settore pubblico non arriva. Bello; ma col problema di non essere un modello replicabile in altre città. Il punto è che oggi c’è una attenzione spasmodica attorno al “brand Milano”, cosa che da un lato nasce dalla effettiva dinamicità della metropoli lombarda dall’altra però è anche conseguenza del fatto che tutte le agenzie di marketing di riferimento per i vari brand a Milano stanno, mica altrove. Un gioco autoreferenziale in cui Milano è sempre più al centro dell’immaginario anche (e soprattutto?) perché chi crea l’hype attorno all’immaginario di lavoro opera proprio a Milano. Un circolo virtuoso per chi vive sotto la Madonnina, chiaro, ma anche sottilmente dannoso per Milano stessa e non del tutto da elogiare. Un po’ perché molto autoreferenziale, un po’ perché taglia quasi sempre fuori tutto il resto d’Italia. Un marchio giustamente investe in ciò che è “cool”… e ogni tanto investe (solo) in ciò che si trova sotto casa, a cui può andare scroccando free drink ed invitando ospiti strategici.
La soluzione allora non è sperare che arrivi un marchio di scarpe (o di auto, o di energy drink, o di birre) a sbloccare e risolvere i problemi, o non dovrebbe essere questa: dovrebbero pensarci in primis le istituzioni. Mica per altro: ma perché certi posti sono, come si diceva, volano di socialità “avanzata” (molto migliore della “movida” che è ciondolare ingolfati di drink davanti a un bar), di professionalità, di nuovi sbocchi imprenditoriali.
E’ una sconfitta collettiva se dobbiamo aspettare un brand per avere ciò che invece sarebbe più sano, e fruttifero, avessimo proprio “a sistema”. Cosa che in Italia è la regola. Milano tutte queste manchevolezze e sconfitte le può spesso bypassare – almeno in parte – perché a Milano ci sono i “dané” e soprattutto a Milano c’è chi decide come vanno investiti questi “dané”; ma se non sei di Milano? Che poi il divario rischia di aumentare sempre più: perché dai e dai lo stesso sistema amministrativo comunale milanese è fra quelli in Italia che più e meglio ha capito come supportare – anche solo con gli snellimenti burocratici – gli eventi musicali. E di sicuro è uno di quelli che più si pone il problema dell’esistenza, dell’operatività e dell’importanza dei club e dei live club. Il contrasto negli ultimi anni con Roma o Torino – città che di sicuro hanno non meno meriti di Milano nel “costruire” l’identità musicale più contemporanea – è stridente.
Ad ogni modo, il punto intanto è che possiamo dire (…e siamo felicissimi nel dirlo): bentornato, Magnolia!