Beh, sta succedendo davvero: il Cocoricò riapre. Abbiamo la data, finalmente (il 27 novembre), e abbiamo pure una line up. Abbiamo però prima di tutto una cosa importante da dire: per questa riapertura i biglietti sono andati esauriti in prevendita nell’arco di un’ora o poco più, e questa è una notizia bellissima. Segno che l’interesse – e l’amore – attorno ad uno dei luoghi-simbolo del clubbing in Italia e in Europa è ancora altissimo. Segno che alla gente importa, importa ancora tanto. Anche perché attenzione, questi biglietti in prevendita sono stati acquistati a scatola chiusa: senza sapere cioè ancora quale sarebbe stata la line up. Già. E per la sua storia, ma anche per le potenzialità logistiche del posto e degli interessi che coagula, il Cocoricò merita tutto questo. E’ un marchio, un nome, un posto che è (o almeno può essere) più forte di qualsiasi altra considerazione, stella, stellona, stellina.
Non ci è sfuggito però come è stato accolto l’annuncio della line up, sia su Facebook che su Instagram. Molte voci critiche. Intanto, ecco ad esempio il post di Facebook (espandete poi per i commenti):
Allora, ci sono un paio di categorie su cui soffermarsi. Una minoritaria che “…si doveva riaprire con il Memo!“: ora, per quanto Memorabilia sia una serata super e noi per primi auspichiamo che viva e sopravviva a lungo, riaprire con una serata “remember” sarebbe stata la mossa peggiore possibile. Troppo intelligenti e troppo preparate le attuali persone alla guida del club, per fortuna, per cadere in questa trappola “nostalgista”. Una realtà che vive solo attraverso il suo passato difficilmente è in grado di lasciare un segno verso il futuro. E il nuovo Cocco nasce con tali e tante ambizioni da doverlo per forzare lasciare, il segnale nel futuro. Quindi bene così. Aprire col Memorabilia non avrebbe avuto senso.
Altra cosa, e molto più fastidiosa così come molto più maggioritaria, è la critica del “Che line up deludente” (con tanto di irrisioni “Chi ha preso il biglietto a scatola chiusa ora sarà contento“). Siamo grati al Cocoricò per aver avuto la forza di dimostrare che una line up senza Marco Carola, senza Joseph Capriati, senza Richie Hawtin, senza Chris Liebing, senza Nina Kraviz (…aggiungete voi nomi simili a piacere, ci siamo capiti insomma) no, non è deludente. Non lo è. Chi si attacca sempre ai soliti nomi e se non li trova si sente deluso, non è appassionato di clubbing e di ballo: è appassionato di figurine Panini. Questo modo di vedere l’uscire per andare a ballare come solo una scusa per raccogliere “scalpi” famosi, aka andare a sentire i dj più “potenti”, è una stortura che è tempo venga raddrizzata.
Nulla di male se vuoi sentire Carola, Capriati, Hawtin, Liebing, la Kraviz: ti piacciono, se ci sono da qualche parte vicino a te li vai a sentire, se li vedi in cartellone in un club paghi volentieri l’ingresso. Benissimo. Ma far passare il messaggio che senza di loro è tutto una merda ed è tutto inutile, beh, denota un paio di cose: uno, che si sa poco di musica (sono tanti i dj bravi, lì fuori); due, che forse della musica non te ne frega niente (vuoi solo poter dire che sei stato alla serata “grossa”, dove c’è la folla e dove c’è la “mossa”, alé).
Più sensato o accettabile è dire magari che la scelta di Troxler come headliner delude perché si voleva qualcosa di più techno, lì sono gusti (ma ricordiamo che in line up c’è anche Mattia Trani: quindi in quanto a techno fatta bene siamo in buone mani, ignorarlo è scorretto). Si può questionare se William Djoko sia la migliore delle scelte come resident, se insomma si doveva per forza arrivare fino a lui, ma è anche vero che un altro resident è invece la brava e “nostra” Matisa – e allora come spotlight sui talenti fatti in casa si torna ad essere con gli equilibri decisamente giusti.
Volevate davvero il Cocoricò coi “soliti” nomi, a maggior ragione in una serata che – come visto dai dati di prevendita – avrebbe funzionato a prescindere? Davvero non riuscite a staccarvi da un modello che negli ultimi anni ha dimostrato di essere spesso perdente economicamente e al tempo stesso non del tutto stimolante dal punto di vista artistico? Il clubbing di un certo livello per voi è solo la fama dei nomi? Se è così, siete sicuri di essere meglio come modo di pensare di quello che affastellano i follower su Instagram per fare carriera?
Il Cocoricò riapre e sì, questa riapertura ci piace. Lo diciamo nero su bianco. Vediamo come saranno le prossime mosse. La prima, però, merita applausi. E’ la dimostrazione che si vuole riaprire creando un capitolo nuovo ma un capitolo che al tempo stesso abbia le fondamenta corrette, rinnovando il giusto. Poi gli addetti ai lavori potranno sbizzarrirsi sul perché questo dj sì ed altri no, su come e perché vengono fatte certe scelte, ma quello che conta è che il Cocoricò riapre, riapre bene, non riapre solo coi “soliti” nomi e sì, c’è molto ma molto interesse attorno a questa riapertura. A noi ci pare decisamente una sfilza di belle notizie, e siamo contenti eccome: perché il Cocoricò che “vince” è una vittoria per tutti coloro che amano la sfera del ballo così come l’abbiamo conosciuta da fine anni ’80 in poi.
Siamo felicissimi insomma che sia finita la fase del crowdfunding, delle trovate che sono prese in giro tipo i finti stilisti giapponesi e i finti cartelloni in giro per il mondo; siamo felici che l’unica cosa di cui parlare non sia più il CoccoCiock (a proposito, qualcuno l’ha ricevuto? Com’è?) o la Repubblica Discocratica (anche se su quest’ultima ci piacerebbe vedere un seguito ai proclami: con un’apertura reale anche al mondo delle arti alternative e performative, come fu negli anni ’90). Siamo felici che quelle porte lì riaprano – e siamo felici perché sappiamo che la persona che più ci ha messo la faccia e i soldi è quell’Enrico Galli che ad oggi si è dimostrato uno dei pochi galantuomini universalmente rispettati nell’ambiente, e lo diciamo chiaro e tondo pur pensando appunto che l’operazione-crowdfunding sia stata complessivamente sbagliata – pensata male, gestita peggio.
Siamo felici. Saremo pronti a criticare costruttivamente eventuali cose future che non ci piaceranno (di quelle presenti, solo la grafica non ci convince del tutto, ma in realtà potrebbe avere anche un suo senso: vediamo quanto sarà identitaria). Intanto però è proprio bello ma bello poter vedere un Cocco che riapre, e che riapre così. Chi si sente deluso, diciamolo, non è che gli mancava il Cocoricò: gli mancava, e gli manca, l’idea distorta di Cocoricò e in generale proprio di clubbing che si è costruito in testa. Ma il clubbing è una cosa, le figurine Panini è un’altra. Ce ne stavamo un po’ dimenticando.