Già il fatto che il nome della label, Quattro Bambole, sia un riferimento a Piero Umiliani e alle sue “Cinque bambole per la luna d’agosto” dispone bene; ma poi arriva il momento di ascoltare, e la buona disposizione diventa ottima. In una fase in cui l’overload informativo e produttivo è parte integrante delle nostre vite, certe volte ti capita di scoprire le cose belle per caso, o per la dritta di un amico di un amico. Questo anche se cerchi di stare attento, di seguire le novità, di intercettare i talenti, eccetera eccetera – ma è umanamente impossibile stare dietro a tutto.
In realtà, va anche bene così. E’ bello che ogni tanto ci sia una componente di imprevedibilità, di casualità. Certo, in un mondo ordinato fa quasi rabbia, perché vorremmo tutti regnasse il principio meritocratico del “Sei bravo Diventi conosciuto”, ma le cose non sono mai così lineari, mai; troppe le variabili in campo, troppo il gioco del caso (se hai fatto la cosa giusta al momento giusto, se hai avuto tempo e modo di farla…), e alla fine insomma che qualcosa affiori grazie al passaparola e non solo perché ben strategicamente promosso dà un che di romanticismo alla cosa. E la musica resta prima di tutto un affare di cuore, anche se sarebbe bello che chi è bravo ne potesse fare il proprio business di vita.
Tutto questo per dire che “Crisalide” di Kamaji ci sembra davvero un piccolo gioiellino. Esce ufficialmente domani, ma siamo riusciti ad ottenere il privilegio di poterlo presentare in anteprima (l’uscita ufficiale è domani 24 febbraio). Eccolo qui sotto, poi spenderemo un altro paio di parole (e vi presenteremo un video):
Quattro Bambole, come label, in primis nella persona del suo fondatore Francesco Fisotti, ha amorevolmente seguito la realizzazione del disco e ha voluto anche aggiungere un piccolo cortometraggio come “biglietto” da visita: volendo potete infatti partire da qui, da questi quattro minuti e passa che partono in bianco e nero e poi si “espandono” cromaticamente, per assaporare le vibrazioni dell’album.
Di sicuro siamo molto contenti, scorrendo tutte le tracce, di sentire che esista ancora chi si dedica ad un beatmaking rilassato, cinematico, astratto al punto giusto, in grado di recuperare la migliore lezione delle astrazioni urban anni ’90 senza essere da un lato troppo oscuro, dall’altro troppo “aperitivesco” (i due estremi in cui spesso l’hip hop astratto è andato a digradare, se non proprio degradare). Uno statement insomma assolutamente maturo, per il leccese Kamaji (aka Giovanni Ascenzo, o GKS), e un disco che è fuori moda magari, ma nel senso che va al di là delle mode – suona infatti comunque attuale, non fa revivalismo, vuole semplicemente essere “bello”.
E, secondo noi, ci riesce appieno.