Inutile negarlo: negli ultimi due anni, ogni volta che si è sentito parlare di clubbing in Messico i riflettori sono andati inevitabilmente sui party scanzonati per turisti nella zona più inflazionata del Paese, alla faccia delle restrizioni del COVID. Questa intervista racconta invece di una scena locale quanto mai florida che si sta sviluppando lontano dalle spiagge bianche e dai DJ di fama internazionale. Un ecosistema costruito con fatica – tra mille difficoltà e pregiudizi – da promoter e artisti che hanno saputo crearsi un suono distintivo, ormai noto anche al di là dell’Oceano. Gli Zombies In Miami sono tra i nomi di punta di questa corrente musicale e propongono uno dei live set più fighi ed energici che vi capiterà di vedere. In anticipazione della loro unica data italiana in un tour europeo che toccherà club iconici come Berghain, Rex Club e Robert Johnson – il prossimo 11 Giugno al Circolo Amelia di Milano, per il season closing di Parallel – sono passati a trovarci per fare due chiacchiere davanti a una birra e discutere di tutto quello che è successo durante la pandemia, di come la scena locale messicana stia evolvendo e di come aver avuto il supporto delle persone giuste abbia dato il via a un’avventura che a dieci anni di distanza sembra ancora un sogno.
Per prima cosa: come sta andando questo tour europeo 2022?
JENICE: Abbiamo appena iniziato e sarà una bella tirata fino ad agosto.
CANI: Giugno e Luglio saranno ricchi di concerti: da Israele a Berlino, da Parigi ad Amsterdam, da Varsavia a Madrid. Siamo super felici di poter includere anche Milano. Questo sarà finalmente un tour vero e proprio, come ai vecchi tempi prima della pandemia.
A proposito, vi aspettate di trovare un’atmosfera diversa in Europa dopo la pandemia?
CANI: Vedo che la gente ora è molto su di giri, probabilmente perché dopo due anni a casa hanno tanta voglia di ballare e sentirsi di nuovo liberi. Penso che questa sia sicuramente una buona opportunità per godersi l’estate e vedere dove ci porterà la musica.
C’è bisogno di sottolineare però che il Messico – e in particolare l’area di Tulum – è stato molto probabilmente l’epicentro della club culture globale durante la pandemia, con molte organizzazioni locali e straniere che organizzavano feste come se niente fosse. Qual è stata la percezione locale di tutto questo? E ha aiutato la scena autoctona a crescere?
JENICE: Dipende molto di città in città. Città del Messico, ad esempio, ha sicuramente beneficiato di quella visibilità in quanto prima non c’erano club rilevanti e ora invece la situazione è cresciuta in modo esponenziale. D’altra parte, se pensi a Tulum sì, ci sono state molti eventi, anche di grandi dimensioni, tuttavia sono stati chiamati a suonare per lo più DJ internazionali che era lì solo per soddisfare le esigenze dei turisti.
CANI: Nella nostra città (Aguascalientes, NdI) molti club hanno aperto proprio durante la pandemia e ora possiamo dire che i DJ locali vengono chiamati a suonare sempre di più in tutta la zona. A Città del Messico penso che l’interesse generato da questa ondata di feste a Tulum abbia sicuramente aiutato i promoter ad aprire nuovi locali e organizzare feste che potessero accogliere un modo diverso di andare in discoteca rispetto ai generi musicali canonici.
Dalle vostre parole ho come la sensazione che la scena locale non sia stata adeguatamente rappresentata nell’area di Tulum. Come mai?
CANI: Penso che il problema fossero gli stessi promoter. In quel tipo di contesto hanno sempre cercato di portare i grandi nomi che, ovviamente, richiedevano delle booking fee di un certo livello. Ciò si rifletteva nel non investire molto nei DJ locali a cui erano praticamente lasciate le briciole. Quando è iniziata la pandemia e si è resa disponibile l’occasione, per la zona di Tulum, di diventare un hub centrale a livello mondiale per il clubbing abbiamo tutti creduto che potesse essere una grande opportunità per unire la scena locale e “spingerla” nella sua interezza. Alla fine è accaduto esattamente il contrario.
JENICE: Tuttavia è importante anche dire che grazie a questa ondata di eventi nuove crew, feste e producer messicani sono venuti alla luce in altre aree del paese, poiché la gente del posto che andava a Tulum si aspettava di trovare quel tipo di feste una volta tornata a casa. Questo ha sicuramente aiutato la scena locale di tutto il Paese a crescere anche se in modo indiretto.
Pensi che la percezione che la società messicana aveva della musica elettronica sia cambiata a causa di tutto questo?
CANI: Penso che quando guardi a Città del Messico sicuramente la percezione stia cambiando e anche il governo locale sta cercando di essere di supporto. Tuttavia, se ti sposti in campagna e anche in altre città minori come Aguascalientes, le cose possono ancora essere davvero difficili tra permessi negati, stereotipi difficili da abbattere e così via. È abbastanza comune per la polizia fare irruzione e chiudere le feste e magari anche confiscare tutta l’attrezzatura senza un motivo particolare.
E che dire, invece, delle implicazioni politiche derivanti dall’essere aperti mentre il resto del mondo era chiuso e una parte del vostro Paese diventava sostanzialmente un parco giochi per stranieri ricchi?
JENICE: Purtroppo sappiamo tutti che l’economia del Messico ruota molto attorno al turismo e il Governo ha deciso di non applicare alcuna restrizione relativa al COVID.
CANI: Inoltre, abbiamo menzionato Tulum, ma per esempio anche la zona di Puerto Escondido ha visto molti stranieri trasferirsi lì per lavorare da remoto perché era poco costoso. Già che c’erano si sono messi a organizzare feste e aprire ristoranti come se niente fosse. Ovviamente questo ha creato nuovi posti di lavoro anche per la gente del posto – il che è positivo – ma allo stesso tempo molte persone sono andate alle feste mentre erano infette e non si sono preoccupate affatto delle conseguenze perché il Governo lasciava intendere che non ce ne sarebbero affatto state.
Si è mai arrivati a una tavola rotonda concreta su questo tema all’interno della scena locale?
JENICE: Sicuramente è stato un argomento di discussione importante, tuttavia non ricordo un momento specifico in cui ci siamo seduti tutti insieme per discuterne, no.
Quando è iniziata la pandemia e si è resa disponibile l’occasione, per la zona di Tulum, di diventare un hub centrale a livello mondiale per il clubbing abbiamo tutti creduto che potesse essere una grande opportunità per unire la scena locale e “spingerla” nella sua interezza. Alla fine è accaduto esattamente il contrario
Dato che ormai siete in tournée in giro per il mondo da dieci anni buoni, c’è qualche luogo con cui vi sentite completamente in sintonia dal punto di vista umano e artistico?
CANI: Possiamo tranquillamente dire di essere abitanti di Aguascalientes e anche di Berlino. E’ stata il nostro quartier generale in Europa dal 2012 e la sentiamo nostra tanto quanto il Messico ora. Siamo sempre a nostro agio che si tratti di suonare musica o incontrare persone che la pensano allo stesso modo.
Quali sono i pilastri che rendono un posto casa?
JENICE: Le persone, l’aria che si respira.
CANI: Ovunque puoi trovare un gruppo di persone che puoi chiamare famiglia, anche se non condividi lo stesso sangue, quella è casa.
A proposito: voi due non siete solo partner nella musica ma anche nella vita. E sappiamo tutti che andare in giro per mesi senza interruzioni possa influire molto sul proprio benessere, mentale e fisico. Com’è condividere questo tipo di vita con la propria dolce metà e come riuscite a bilanciare la vita professionale con quella personale?
CANI: Onestamente abbiamo una relazione super rilassata. Cerchiamo sempre di divertirci insieme sia quando suoniamo che quando viviamo la nostra vita di tutti i giorni.
JENICE: Ci conosciamo talmente bene che abbiamo imparato a gestire gli alti e bassi di ciascun aspetto della quotidianità.
E invece quando siete in studio?
CANI: A volte, specialmente quelle lunghe settimane con una gig dietro l’altra, quando siamo a casa cerchiamo semplicemente di rilassarci e prenderci del tempo per le nostre rispettive passioni. Sfortunatamente, questo non lascia molto tempo allo studio. Perciò cerchiamo di dividere i nostri ruoli in base a ciò che sappiamo fare meglio: Jenice è una brava digger e trova sempre musica incredibile, mentre io sono quello che magari porta il laptop a letto prima di dormire e inizio a giocare con Ableton con su le cuffie mentre coccolo il gatto. Di solito poi ci confrontiamo, andiamo in studio e facciamo del nostro meglio per mettere tutto insieme.
Siete quel tipo di persone che si svegliano alle tre del mattino con un’idea in mente e corrono in studio?
CANI: Decisamente. Posso dirti di più: quando l’attrezzatura non è disponibile e voglio essere sicuro di non perdermi un’idea, mi ritrovo a canticchiare un suono o una linea di basso nel mio telefono come nota vocale.
Pensavo di essere l’unico a farlo.
CANI: Nah nah, lo facciamo tutti amico mio, fidati. Per dire: questo è l’ultimo che ho registrato la scorsa settimana dopo essere uscito dal Berghain. (Inizia a riprodurlo e scoppiamo tutti a ridere, NdI)
Peraltro, dove avete imparato a produrre musica? C’è qualcuno che vi ha aperto la strada?
CANI: Non direi, sono stato per lo più autodidatta. Ho iniziato a suonare le percussioni quando ero al liceo. Nel 2003 ho iniziato a utilizzare programmi per produrre la mia musica e gradualmente mi sono avvicinato alla musica elettronica.
JENICE: Personalmente non avevo mai fatto nulla fino al 2009. Ho incontrato Cani a una festa e abbiamo iniziato a uscire insieme. Poi, col tempo, ho cominciato ad essere attratta dai sintetizzatori e dai vocoder ed è stata la scintilla.
Ci sono stati artisti che vi hanno ispirato durante i primi anni? Tipo: “WOW, voglio suonare così!”.
JENICE: Sai che no? Ricordo che quando uscirono le prime cose di Còmeme (label fondata da Matias Aguayo nel 2009, ndr) ero davvero innamorata di quel suono, ma allo stesso non volevo necessariamente suonare così.
CANI: Devo dire che loro però sono stati davvero super carini con noi quando abbiamo iniziato a farci conoscere. È stato tutto molto naturale. Abbiamo suonato allo stesso festival – eravamo stati invitati dai Pachanga Boys – e Matias ha dimostrato grande interesse per ciò che stavamo facendo. La nostra avventura ha cominciato a decollare da quel momento in poi. Perciò, anche se non possiamo davvero dire che siano stati la nostra principale influenza musicale all’epoca, i ragazzi di Còmeme hanno sicuramente avuto un enorme impatto sulla nostra carriera.
D’altra parte, so che al di fuori della scena elettronica Cani sei un grande fan dei Mano Negra – la band di Manu Chao – e che qualcosa di speciale è successo qualche tempo fa.
CANI: Una roba incredibile. Praticamente, stavamo suonando in questo club a Parigi e vedo questo ragazzo in pista e penso: “Io questo lo conosco” e poi ho capito che assomigliava un sacco a Thomas Darnal, il tastierista dei Mano Negra. L’ho detto a Janice e lei ha detto che non poteva essere lui, perché mai sarebbe dovuto essere lì? Appena finito di suonare ho preso coraggio e sono andato da lui. Inutile dire che ero super agitato. Prima che potessi dire qualsiasi cosa, lui stesso mi ha detto che era un grande fan della nostra musica e se poteva offrirmi da bere. Io ero tipo: “Sta succedendo davvero ‘sta cosa?!”. Cioè, uno dei miei più grandi eroi conosce la mia musica e vuole bere una cosa con me? Sul momento ho cercato di non darlo a vedere, ma dentro di me stavo andando fuori di testa per la gioia.
Parlando di momenti determinanti: c’è stato un momento “Sliding Doors” in cui le cose sarebbero potute andare in entrambi i modi nella vostra carriera?
JENICE: Penso che il nostro primo tour in assoluto nel 2012 sia stata un’avventura fuori di testa. Le dee erano molto basse, ma volevamo soltanto suonare e fare networking il più possibile. Se non avessimo fatto quel tour chissà se saremmo stati qui oggi.
CANI: Il tempismo è stato perfetto. Abbiamo iniziato questo progetto nel Febbraio 2011 e abbiamo girato il Messico tutto l’anno suonando con nomi di rilievo come Rebolledo, Philipp Gorbachev e Munk. Tutti loro credevano che il nostro LIVE set fosse decisamente solido e ci spingevano a inviare le nostre tracce alle etichette giuste ma soprattutto a fare un passo avanti e andare a fare un giro in Europa. Munk e Pachanga Boys ci hanno poi invitato per due date l’anno successivo e tutto è iniziato da lì.
C’è qualcosa che rende migliore l’esperienza del live rispetto a un normale DJ set?
JENICE: Quello che personalmente mi piace di più del suonare live è che puoi improvvisare di più e sentire la reazione della folla ogni volta che scegli un suono invece di un altro. E puoi cambiare il modo continuamente, dall’inizio alla fine. È pura e totale libertà.
CANI: Devo dirti che ci divertiamo anche a suonare in DJ set, ma quando il luogo è speciale e c’è abbastanza spazio per ospitare il nostro Setup, suonare live è sempre la nostra scelta preferita.
Ci sono delle venue in cui sapete di poter spingere questo concetto al massimo e allargare i confini del vostro suono a piacimento?
JENICE: Rimanendo in Europa, ovviamente Panorama Bar e Robert Johnson sarebbero due ottimi esempi. Ma per dirti, anche i party Sunday Sunday a Città del Messico sono il posto in cui possiamo letteralmente fare quello che ci pare.
CANI: Quando abbiamo iniziato il progetto, abbiamo suonato LIVE per quattro ore al Topazdeluxe (il club di proprietà di Rebolledo a Monterrey, NdI) e lì abbiamo avuto la stessa sensazione di assoluta libertà. In generale, devo dire che ci sentiamo sempre liberi di sperimentare quando suoniamo. Naturalmente ci sono luoghi in cui questo diventa più naturale data l’apertura mentale della folla.
Visto che questa bella chiacchierata si sta svolgendo proprio a Milano in previsione del vostro live set al Circolo Amelia per Parallel l’11 giugno, volete condividere qualcosa sulle vostre esperienze precedenti in città?
CANI: Il cibo è sempre incredibile, diciamolo (scoppiamo tutti a ridere, NdI). Scherzi a parte, abbiamo fatto dei grandi concerti in passato con Le Cannibale. L’ultima volta penso sia stato nel 2019 alla Triennale, un luogo fantastico. La serata con Parallel sarà il nostro unico live in Italia per quest’anno, meglio che non ve lo perdiate amici italiani!
Qualcosa sulla vostra esibizione che vi andrebbe di anticipare a chi ci legge?
JENICE: La cosa figa è che non ne abbiamo la minima idea. Ogni spettacolo che facciamo è completamente improvvisato: non c’è nessuna sceneggiatura, nessuna tracklist, niente. Saliamo a bordo e costruiamo un percorso in base alla come ci ispira la folla che abbiamo davanti.
CANI: Anche per noi ogni LIVE è una sorpresa. Questa è la parte migliore: puoi sentirci suonare due sere di fila e vivere due diversi tipi di esperienza. Incredibile, vero?
ENGLISH VERSION
There’s no way to deny it: among the last two years, every time we heard about clubbing in Mexico, the spotlight has always (inevitably) gone to the light-hearted parties for tourists in the most inflated area of the country, in spite of the non-existing COVID restrictions applied by the Government. This interview, instead, wants to tell the story of a thriving local scene that is developing away from white beaches and internationally renowned DJs. A scene built with difficulty, amid a thousand difficulties and prejudices, by brave promoters and artists which have been able to create a distinctive sound, now well known even across the Ocean. Zombies In Miami are among the leading names within this movement and offer one of the coolest live sets you’ll ever witness. Ahead of their only Italian gig within their upcoming European tour which will touch iconic venues like Berghain, Rex Club and Robert Johnson – on June 11th at Circolo Amelia in Milan for the Parallel season closing – they came to say hi and have a chat over a beer to discuss everything that happened in Mexico, how the local club scene is evolving and how being supported by the right people has led to a life-changing adventure.
First things first: how is this 2022 European tour going?
JENICE: We’re just getting started with it and it will be a long way till August.
CANI: June and July will be packed with gigs: from Israel to Berlin, from Paris to Amsterdam, from Warsaw to Madrid. We’re super happy to include Milano as well. This will finally be a proper tour like the old times before the pandemic.
By the way, do you expect to find a different vibe in Europe after the pandemic?
CANI: I can see the people is more excited now, probably because after two years at home they really want to dance and be free again. I think this is definitely a good opportunity to enjoy the summer, have fun and see where music will take us.
Need to point out though that Mexico – and in particular the Tulum area – has most probably been the epicenter of the global club culture during the pandemic with many local and foreign organizations throwing parties like nothing happened. What was the local scene’s perception of all this? And did it help the scene itself to grow throughout the country?
JENICE: It depends on the city. Mexico City for example surely benefitted from that visibility as there were no major clubs at all and now the situation has grown exponentially. On the other hand, if you think about Tulum yes, there were many huge parties being thrown however mostly international DJs were booked there in order to accomodate the tourists’ needs.
CANI: In our town (Aguascalientes, ndr) many clubs have opened throughout the pandemic times and now we can see local DJs being booked more and more across the area. In Mexico City I think this interest which was generated by this wave of parties in Tulum helped the promoters open new venues and throw parties that could accomodate a different way of clubbing with different styles of music.
I can feel that the local scene was not really represented in the Tulum area. How come?
CANI: I think the problem about that were the promoters themselves. When you look at those big parties they always tried to bring the big names instead which, of course, had major booking fees attached. This reflected into not investing much in the local DJs which were basically left with the crumbs. When the pandemic started and the occasion to become a central hub for clubbing came available, we felt it could be a great opportunity to unite the local scene and endorse it as a whole. Eventually, the exact opposite happened.
JENICE: However, in the end, new crews and parties and producers from Mexico came to light in other areas of the country because of that since the local people that went to Tulum wanted to have that kind of parties when back home. This definitely helped the wider local scene grow even in an indirect way.
Do you think that the perception the Mexican society had about electronic music has changed because of all of this?
CANI: I think when you look at Mexico City surely the perception is changing and also the local Government is trying to be supportive. However when you look around in the countryside and even other cities like Aguascalientes, things can still be really tough with permits, stereotypes and so on. It’s pretty common for the police to just raid and shut down parties and maybe even confiscate all the equipment on top of that.
What about the political implications that came with being open while the rest of the world was closed and basically becoming a playground for foreign rich kids?
JENICE: We all know that Mexico’s economy revolves a lot around tourism and the Government decided not to apply any COVID-related restrictions.
CANI: Also, we’ve mentioned Tulum but for example the Puerto Escondido area has also seen a lot of foreigners moving there to work remotely because it was cheap, throwing parties and opening restaurants like nothing was happening. Of course this created new jobs for locals too – which is a good thing – but still, a lot of people went to parties while infected and didn’t care much about the consequences because the Government made it look like there wouldn’t be any.
Was there ever a concrete roundtable about this within the local scene?
JENICE: It surely was a major topic of discussion, however I can’t recall a specific moment in which we all sat together to discuss it, no.
Since you’re now toured around the world for a good ten years, is there any place you feel completely in sync with from a human and artistic point of view?
CANI: We can say we’re from Aguascalientes and we’re from Berlin as well. That’s our headquarters when we’re in Europe since 2012 and we refer to that as our own as much as Mexico now. We can find ourselves at ease there playing music, having fun and meeting like-minded people.
What are the pillars that make a place home for you guys?
JENICE: The people, the vibe.
CANI: Wherever you can find a group of people you can refer to as family, even if you don’t share the same blood.
Speaking of which: you guys are not only partners in business but also in life. We all know that touring around for months nonstop can affect your wellbeing a lot. How is it like to share this rollercoaster-kind-of-life with your better half and balance the professional and personal life?
CANI: Honestly we have a super relaxed relationship. We always try to have fun together both when playing and when just living our normal lives.
JENICE: We know each other so well and therefore we have learnt how to deal with each other’s ups and downs.
What about when you’re producing?
CANI: Sometimes after these long gig-filled weeks, when we’re home we just try to relax and take some time for our own passions. That doesn’t leave much time for the studio unfortunately. We always try to split our roles based on what we do better: Jenice is a great digger and always finds incredible music, I’m the one which maybe takes the laptop in bed and starts playing around with sounds while cuddling the cat. Then we usually ask each other for an opinion, go to the studio and do our best to put everything together.
Are you those kind of guys that wake up at three in the morning with an idea in mind and run to the studio?
CANI: When something comes up in my mind or in my heart or whatever I definitely do that. I can tell you more: when the equipment is not available and I want to make sure not to lose it, I find myself humming a sound or a bassline into my phone as a vocal note.
I thought I was the only one doing it.
CANI: Nah nah, we all do it man. This is the last one I’ve recorded last week after coming our of Berghain.(starts playing it and we all have a laugh, ndr)
Where did you learn to produce music? Was there anybody that paved the way for you?
CANI: Not really, it was mostly self-taught. I started in music playing percussions back when I was in high school. In 2003 I started using programs to produce my own music and I gradually got into electronic music.
JENICE: I was never a DJ or a producer before 2009. I met Cani in a party and we started hanging our together. I then got attracted to synthesizers and vocoders and everything came from there.
Were there any artists you were influenced by in your early days in music? Like: WOW, I want to sound like that.
JENICE: I remember when Còmeme came out I was really in love with that sound but I didn’t necessarily want to sound like that.
CANI: I have to say those guys have been really nice to us back when we started becoming know in 2012. It was so natural. We played in the same festival – we had been invited by Pachanga Boys – and Matias was so supportive of what we were doing. In all started to ramp up from there. Even though I can’t really say they have been our main musical influence back then, the Còmeme guys surely had a huge impact in our career.
On the other hand, I know that outside of the electronic scene you are a big fan of Mano Negra – the band from Manu Chao – and that something special happened some time ago.
CANI: Unbelievable man. So, we were playing this gig in Paris and I see this guy in the middle of the dancefloor and I’m like: “I know this guy from somewhere” and then I realized he really looked like Thomas Darnal, the keyboard player from Mano Negra. I told Janice and she said of course it’s not him, why would he be here? As soon as we were done playing I took courage and went to him. Needless to say I was super nervous. Before I could say anything he said he was a big fan of our music and if we could have a beer together. Like, what’s going on here?! One of my biggest heroes in life knows my music and wants to hang out? I was trying to act cool but on the inside I was buzzing.
Talking about defining moments: was there any “Sliding Doors” moment were things could have gone either way in your career?
JENICE: I think our first ever tour in 2012 was an absolute adventure. The fees were very low but we wanted to play and connect with people as much as possible. Had we not done that tour who knows if we’d be here today.
CANI: The timing was perfect. We started this project in February 2011 and toured around Mexico the whole year playing with relevant players like Rebolledo, Philipp Gorbachev and Munk. They really believed our live set was solid and were pushing us to send our tracks to the right labels but most of all to take a step further and go to Europe. Munk and Pachanga Boys invited us over for two gigs and it all started from there.
Is there anything you love more about your live setup as opposed to a DJ set?
JENICE: What I personally enjoy the most about playing live is that you can improvise more and feel the reaction of the crowd any time you choose a particular sound instead of another. It’s pure freedom.
CANI: We also have fun playing DJ sets but when the venue is special and there is enough space to accommodate our setup, playing live is always our preferred choice.
Were there any venues in which you felt you could push this concept to the fullest and push your musical boundaries all the way out?
JENICE: Thinking about Europe, of course Panorama Bar and Robert Johnson would be very good examples of that. In our home country, the Sunday Sunday parties in Mexico City are the place were we literally can do whatever we want.
CANI: When we started the project, we played live for four hours in Topazdeluxe (the club owned by Rebolledo in Monterrey, ndr) and there we had the same feeling of absolute freedom. In general, I have to say we always feel free to experiment when playing. Of course there are places where this comes more natural given the consciousness and savviness of the crowd.
Given this interview is happening in Milan in anticipation of your live set at Circolo Amelia for Parallel on June 11th, anything you want to share about your previous gigs in the city?
CANI: Food is always incredible, that’s it (We all have a laugh, ndr). Jokes aside, we had some great gigs in the past with Le Cannibale in Milan. Last time I think it was in 2019 at La Triennale which was an amazing venue. Parallel will be our only live show in Italy for this year, you better be there Italian friends!
Anything about your live set that you want to anticipate?
JENICE: The stunning thing is that: we have no idea. Any show we make is completely improvised, there is no script, no tracklist, nothing. We jump on board and we build a path based on the crowd we have in front.
CANI: It’s always a surprise for us as well. That’s the best part of it, you can catch us play two night in a row and have two different type of experiences. Amazing, right?