Ma è possibile allora fare dei grandi festival in Italia, senza che per forza ci sia di mezzo un Vasco o un Ligabue ma puntando invece sui nomi più freschi e baciati – meritatamente – dall’hype? La Prima Estate, in Versilia, è la più grande novità di quest’anno e prova a dare una risposta a questa domanda. Una domanda non da poco. In tanto ci si sono scornati, in Italia. Se avete meno di quarant’anni non ve ne ricorderete, ma da noi ci fu il valoroso tentativo di Sonoria, voluto dalla Barley Arts (l’agenzia che, tra le mille altre cose, è storicamente quella delle date di Springsteen in Italia) alle porte di Milano, con una scelta di nomi veramente bella – ci vedemmo cose come i Rage Against The Machine ma anche le Cibo Matto, gli Orbital, i primi Casino Royale, Lou X, insomma, festivalone sì ma di grande valore e visione musicale, altro che accozzaglia per vendere biglietti. Non durò. C’è stata poi la stagione degli Heineken Jammin’ Festival (le edizioni con Vasco ripianavano le perdite delle edizioni in cui Vasco non c’era, fino a quando la birra s’è stufata), degli iDays e delle grandi adunata metallare, fino ad arrivare oggi ai Firenze Rock e Roma Rock che hanno sì nomoni, ma non si sognano di essere festival – sono invece più rassegne di concerti.
Questo perché quella dei festival è un’arte difficile. E costosa. A maggior ragione se punti in alto. Insomma, complimenti a chi ha pensato e voluto La Prima Estate. Poi sì, dietro ci sta quella D’Alessandro&Galli che è un’agenzia meritoria su molte cose ma molto ha anche fatto – non certo da sola, eh – per rendere il concerto un “bene di lusso” (aka, grandi nomi a caro prezzo), un format che difficilmente incontrerà i nostri entusiasmi. Ma di fronte ad una cosa bella come il festival che hanno messo su, non possiamo che spendere complimenti e belle parole. Radunare in sei giorni headliner come The National, Bonobo, Anderson .Paak, Jamie Xx, Cosmo, Kaytranada, Jungle e Duran Duran (tutt’altro che bolliti questi ultimi, occhio) è un display notevolissimo di gusto e qualità. E non è solo questione di headliner: se andate a frugare fra i nomi cosiddetti secondari ci sono perle come Badbadnotgood, Mace, LNDFK, Joan Thiele, Bluvertigo, Frah Quintale, addirittura un dispaccio sanremese/indie “buono” con La Rappresentante di Lista e Giorgio Poi.
(Il cartellone completo; ma occhio, continua sotto)
Insomma: tanta roba. Che potete fare vostra qui (nota bene: prezzi più che onesti, visto il contenuto e sapendo quanto certi artisti chiedono e pretendono). Noi però abbiamo voluto scambiare qualche chiacchiera con chi ha dato più di una mano a creare questo piccolo ed ambizioso gioiellino, anzi, gioiellone. Michele Boroni, giornalista, è stato consulente per l’immagine e la comunicazione e ha lavorato a stretto contatto con chi il festival lo ha creato. Parlare con lui ci ha consentito di far emergere molti particolari interessanti.
“Se è vero che durante un SXSW di qualche anno fa gli organizzatori dei 3 principali festival musicali convennero che l’ordine di priorità per un festival erano Location, Health & Safety, Line up, allora credo che La Prima Estate abbia qualcosina da dire su tutte e tre le dimensioni”.
“Per quanto riguarda la location, è un lavoro che parte da lontano, da ben prima della pandemia e riguarda lo spazio dove sorgeva il tendone di BussolaDomani. Alla fine degli anni ’80 quando fu smantellato, quello spazio divenne per circa 20 anni una discarica a cielo aperto. Grazie a un giunta comunale fortunatamente lungimirante e alla D’Alessandro & Galli come supporto, quello spazio è ora diventato un’oasi verde che da quest’anno torna anche ad ospitare eventi musicali per continuare la tradizione, ma in chiave contemporanea, di nomi di artisti nazionali e internazionali di alto livello (negli anni 70 e 80 alla BussolaDomani sono passati Aretha Franklin e The Cure, Miles Davis e Ray Charles, oltre all’ultimo concerto di Mina). Inoltre l’obiettivo è quello di dare anche un nuovo volto, anche culturale, alla Versilia, sempre ancora troppo ancorata agli anni ’60, poi riletti in chiave anni ’80”.
“Per quanto riguarda la Health & Safety, il discorso è evidentemente legato al tema post-pandemico che a vedere da queste prime settimane di ripartenza (evviva!) sembra che la pandemia sia stata totalmente dimenticata (che da una parte va benissimo, però ecco, insomma, vedo e sento racconti di una gestione in certi casi un po’ scellerata – spero con tutto il cuore che non ci siano conseguenze. Ma vabbè. Insomma, lo spazio ha una agibilità da 40mila persone e la possibilità di essere molto ben modulabile. Ecco, noi abbiamo pensato a questo festival in una chiave molto rilassata (quindi concerti che iniziano alle 18:30 e finiscono a mezzanotte) e safe, quindi, anche perché siamo alla prima edizione, la capienza massima sarà solo di 10mila persone. Negli anni successivi, vedremo”.
“Infine la line up. Questo festival è un po’ una sfida perché abbiamo voluto puntare su un line up di qualità, per gli amanti della musica, senza essere troppo orientati dal mercato tutto super giovanile e italiano, ma provando a spaziare su più generi (quel che resta dell’indie rock, il pop che non passa mai di moda, il rap che flirta con l’r&b, la soul dance, l’electro per tutti) guardando da lontano il Primavera Sound e le prime edizioni del Coachella e provando a diventare una versione un po’ più allargata e leggermente mainstream dei tanti bei boutique festival che ci sono nella Penisola”.
“Poi ci sarebbe anche tutta la questione del “più che un festival, una vacanza” e tutte le esperienze che stiamo organizzando per far sì che diventi una festival un po’ diverso dagli altri, ma mi rendo conto che sto debordando. Quindi mi fermo…”.
La scommessa insomma è molto ambiziosa, anche perché vuole essere “intelligente” (e questo aumenta sempre il grado di difficoltà). Sulla carta è stato giocato tutto molto bene. Se la scommessa riuscisse, sarebbe una vittoria perché riporterebbe la possibilità di avere in Italia un festival di un certo tipo, non boutique ma nemmeno Vasco- o Radiohead- dipendente. Pareva impossibile. Ma in questa affollatissima estate del 2022 in quanto a concerti ed eventi, c’è carta bianca per essere coraggiosi. E infine, se volete un segnale di come le cose siano pensate in grande, ma pensate bene: c’è stata anche una anteprima milanese del festival il 10 giugno, pensata per gli addetti ai lavori ma non solo (all’Apollo ci sono stati i 2 Many Dj’s: lusso), ma visto che i concerti finiscono a mezzanotte si è pensato anche a chi vuole tirare tardi. Non chiamatelo “after“, ma chiamatelo “cosa molta figa“: alla storica Bussola ogni notte nel post-concerto si ballerà con gente come Dj Tennis, Young Marco, Spiller, Ricardo Baez ed altri ancora, tra cui Mace che scende dal palco e si ributta nel suo background originario, quello da dj, e lo Sgamo con cui ci siamo fatti delle ottime chiacchierate tempo fa.