Secondo l’Istituto Federale che cura i Giardini di Innsbruck, nel centro storico della città austriaca, la prima menzione documentata del padiglione dell’Hofgarten risale al 1733, ma la sua storia rimane incerta—quanto abbastanza magica: tra le pitture murali decorative all’interno (rimaste autentiche) e la ristrutturazione di buona parte dell’edificio, il sito è diventato anima dell’oasi verde da oltre dieci ettari, adiacente al palazzo Imperiale della città.
Risalire, ristrutturare, destrutturare e dare anima a tutto il concentrato: gran parte di questi concetti è stato anche Heart of Noise, che in questo 2022 ha di nuovo puntato sull’energia del suo territorio—tra cui appunto lo storico Pavillon, diventato luogo di concerti e performance da ormai qualche anno—oltre che su idee molto chiare, spinte (come al solito) verso una sperimentazione inebriante. Si può parlare di un boutique festival che si nutre dei pregi della sua stessa dimensione, ma non è cosa da poco: il carattere della rassegna ha mantenuto anche in questa edizione uno spirito perfettamente incastonato a metà tra il tribale e l’avanguardia, senza snaturare le proprie caratteristiche.
L’avevamo anticipato col racconto pre–festival: la “Love Action” scelta come manifesto di questa quattro giorni era decisamente un monito a riconciliarsi con la scoperta, l’empatia e la viralità che dal 2011 ha mosso HON nel cuore del Tirolo. In una cornice dove tutto si è di nuovo agitato sulle forze di intimità e ricerca (con una forte attitudine locale, che fa da sempre sfondo all’evento), la proposta è stata all’altezza delle aspettative e si è cullata di una solita ma sana follia, tra picchi ad alta quota di respiro internazionale e lo spazio e la continuità alla vetrina di acts del posto: la giusta miscela di club ripensato, anti–tradizione e un q.b. calibrato di virate hardcore.
Poi, la musica (tanta): a rubare la scena sono stati sicuramente i nomi di cartello, come i live immersivi di Space Afrika e aya nella sala concerti del Treibhaus (spiritualità e ritualità da una parte, avant–follia e genio dall’altra), l’accoppiata del diavolo The Bug feat. Flowdan a far tremare i muri del keller (la parte club “sotterranea”, dello stesso Treibhaus) e l’eleganza vinilica di DJ Marcelle, in un set in perfetta sintesi di house e sperimentazione (e a piedi scalzi, letteralmente—come si è ritrovata a un certo punto al booth).
Tra l’accademia che diventa dissennatezza noise di Judith Hamann e Leila Bordreuil e gli interludi pop vaporosi di astri nascenti elettronici come Carmen Villain e Maya Shenfeld, il cartellone ha aggiunto anche le installazioni performative all’Openspace.Innsbruck curate con la piattaforma MagiCCarpets e le sortite audio–video interattive al Teatro Libero BRUX. Insomma: ce n’è, di qualità, dalle parti di Innsbruck, e lo conferma il fatto che pur avendo altri giganti in scena (penso a Mouse On Mars, Electric Indigo e Senyawa), i locali difendono (e bene) la proposta autoctona, con menzioni speciali per il set di Lukas Wegscheider e Fabian Lanzmaier.
Se l’eleganza degli Innode e l’esuberanza di Machine Girl sono stati logica conseguenza della chiusura, quando ormai la notte dell’ultima giornata stava per congedare gli avventori al festival, la cosa che è rimasta piuttosto evidente è stata la coerenza, la voglia e il cinismo di spingersi sempre oltre le solite idee.
Ristrutturare, rigenerare, destrutturare, dicevamo, tra tribale e sacro, tra la scelta del limite e quella dell’estasi: è stato anche (e soprattutto) questo, Heart of Noise 2022. E farlo senza sosta, con il filo tra certezza e incertezza che fa da metronomo, come i misteri del verde che circonda l’Hofgarten: la magia, da queste parti, è palpabile dal didascalico cuore del suono (che fa da epiteto al festival) fino ai luoghi su cui viene sprigionato.
E se non è mai banale (e per fortuna), allora un motivo per tornare tra le montagne del Tirolo e le sponde del fiume Inn, anche il prossimo anno, ce lo riserviamo volentieri già da adesso.
Foto di Daniel Jarosch via Openspace.Innsbruck