Nella settimana appena trascorsa, le cose-di-musica hanno raggiunto il soglio dell’informazione mainstream con un trittico: per quanto riguarda il Cherubini, si è tornati a discutere su quanto il suo tour sia “greenwashing” (qual è insomma l’impatto ambientale del Jova Beach Party nei litorali che lo ospitano), con sovrammercato di polemica sul fatto che tra gli sponsor ci sia un’azienda che lavora con gli allevamenti intensivi, questo dopo che Jovanotti ha fatto varie dichiarazioni in passato sul senso del vegetarianesimo e del condannare un certo tipo di approccio industriale alla produzione di carne; per quanto riguarda gli Iron Maiden, tutto nasce dall’annullamento improvviso, last minute e secondo tantissimi ingiustificato del loro concerto a Bologna, ed effettivamente chi era lì sa che la tanto paventata tempesta si è poi tramutata in qualche goccia e un forte vento che però, tempo di mezz’ora, si era estinto; infine sui Måneskin, giusto prima del loro concerto al Circo Massimo (70.000 persone presenti) l’Ordine dei Medici di Roma e vari sindacati di base si sono fatti sentire con comunicati urbi et orbi dicendo che il concerto non s’aveva da fare (o almeno andava “mascherinato”), troppo il rischio di una “bomba epidemica” in una fase di forte rialzo dei contagi. Ecco, questo il “riassunto delle puntate precedenti”, qualora ve le foste perse.
Quello che sinceramente ci ha colpito in tutt’e tre le questioni – e tutt’e tre avrebbero la loro ragione d’essere, non sono discussioni campate in aria – è come molto, troppo spesso siano stati esclusi dal quadro degli elementi fondamentali o, al contrario, altri completamente secondari per non dire inutili siano diventati centrali. Siamo diventati incapaci di inquadrare le questioni? Lo siamo diventati, nonostante tutta la “intelligenza collettiva” da social per cui le informazioni, i dati le opinioni circolano molto di più e molto più liberamente?
Analizziamole una per una, mettendo in luce le storture che si sono declinate. Jovanotti: abbiamo visto tante, troppe discussioni sul Jova Beach Party vertere non sui dati di fatto (e possibilmente su dati di fatto presentati facendo sentire entrambe le campane) ma su quanto Jovanotti faccia schifo come persone o come musicista. Riassumendo per comodità: una posizione tipo Jovanotti è un inetto come artista e un pallone gonfiato come persona, quindi il Jova Beach Party è per forza una cosa che non si doveva fare. E’ un po’ il classico sarcasmo pronto uso da social, quello che fa sembrare tanto intelligenti: stile “non mi abbasso nemmeno a discutere di dati di fatto, tanto quell’artista è una merda umane e/o musicale e quindi qualsiasi cosa faccia o dica è sbagliata a prescindere”, col sottinteso de “Io sono troppo intelligente e di buon gusto per discutere fattualmente di cose che riguardano l’artista in questione, solo i minus habens ci si mettono”. In questa maniera viene completamente piallato a zero ogni tentativo di serio ragionamento ed indagine sul senso e la sostenibilità dei grandi eventi in eco-sistemi sensibili come i litorali italiani (…ma gli stessi litorali ospitano giornalmente decine, centinaia di migliaia di persone), e lo sbrigativo slogan emerso dalle discussioni “I grandi concerti si facciano negli stadi e nei palasport” è, semplicemente, avvilente – perché (e forse chi lo dice nemmeno se ne rendo conto) è esattamente in questo modo che l’evento musicale viene derubricato a semplice macchina per soldi e non appuntamento esperienziale e d’impatto sociale, quale invece è. I luoghi sono fatti per essere vissuti, e il vissuto è fatto di emozioni: portare alcuni contesti ad ospitare qualcosa di “altro” e di socialmente forte è un indiscutibile valore aggiunto. Punto. Valore aggiunto che però non può ignorare il fattore-sostenibilità: qui sta la discussione fondamentale, ed è una discussione merita di essere affrontata seriamente. Chi invece si agita nel dire che Jovanotti è uno scemo e fa musica di merda, pensando di risolvere così la questione, e sono tanti, troppi, che contributo sensato dà – al di là del pavoneggiarsi della propria opinione caustica, irriverente ed irredenta?
Iron Maiden: in tutto quello che è successo, ci sembra incredibile come sia stato ignorato quasi da tutti il vero e proprio “elefante nella stanza”: quello gentilmente offerto dal Comune di Bologna. Ovvero, stando a quanto riportato ad esempio da Rolling Stone, alla domanda “Il rischio di tempesta è durato una mezz’ora o poco più, non si poteva aspettare per poi iniziare il concerto un po’ in ritardo, come fatto per Nick Cave all’Arena di Verona?” la risposta è stata “Il concerto doveva finire obbligatoriamente alle 23:30, questi gli accordi, non ci sarebbe stato il tempo di fare nemmeno un’ora scarsa di show”. Ecco: questo è gravissimo. Gravissimo. A fronte di 30.000 persone che hanno pagato benzine ed autostrada, preso trani, navi ed aerei (ricordiamolo: unica data italiana degli Iron Maiden), nessuno ha ritenuto possibile chiedere una deroga e nessuno si è preso la responsabilità di imporla. L’Italia è quel paese dove un organizzatore che sfora di qualche minuto la fine pattuita di un concerto rischia di finire in carcere (Trotta della Barley Arts, con Bruce Springsteen), e siamo personalmente testimoni di tutte le denunce penali – sottolineiamo: penali – che si è dovuto sorbire il compianto Giorgio Mortari ad ogni fine di edizione di Dissonanze. Più recentemente, abbiamo visto Danny Tenaglia trovarsi con l’audio tagliato e le luci accese all’improvviso, di fronte ad almeno diecimila persone, al Kappa Futurfestival, con la traccia che ancora andava e lui pronto a fare l’ultimo mix, questo solo perché erano scattate le mezzanotte e zero secondi. Ok che le regole sono regole, ma quando le regole sono stupide ed ottuse va detto: il ricatto a cui le amministrazioni locali sono sottoposte (e a cui si fanno sottoporre volentieri, per lucrare credito elettorale) sugli orari delle manifestazioni musicali va contro ogni buon senso. Vale più il riposo sereno di qualche centinaio di persone per una notte (una!) rispetto a decine di migliaia di persone che stanno vivendo un’emozione fortissima? Siamo solo noi a vedere l’assurdità in tutto questo? Per quanto ancora sarà così forte il ricatto di chi vuole una notte ed una vita desertificata trecentosessantacinque giorni all’anno, che poi in realtà è solo il segno di una vita striata di rabbia e frustrazione contro le emozioni altrui?
Infine, Måneskin: è deprimente come anche l’Ordine dei Medici di Roma abbia fatto quello che fanno praticamente tutte le testate italiane (e molta gente sui social). Ovvero, attaccarsi ai Måneskin: col fatto che sono un argomento divisivo (e che quindi funziona parecchio, in termini di engagement), per carità di patria e di buon senso evitiamo di analizzare perché sia diventato così tanto divisivo, la cosa più facile da fare per guadagnarsi attenzione è tirarli in ballo. Neppure quella che è una istituzione seria è riuscita ad esistere a questa tentazione. Perché vogliamo proprio vedere se l’assembramento al Circo Massimo per i Måneskin è superiore a quello che si registra ogni giorno in centinaia, migliaia di corse di autobus, tram e metro, nella capitale romana; e soprattutto non ci risulta – ma magari ci sbagliamo? – che il suddetto Ordine abbia fatto sentire la sua voce leonina nel condannare le date di Vasco sempre al Circo Massimo. Attaccarsi ai Måneskin fa notizia: ma se lo si fa è (in parte) perdonabile per i media e per gli utenti dei social, se però anche un Ordine dei Medici si trasforma in un Codacons qualunque, beh, abbiamo un problema.
…ed è un problema che accomuna tutt’e tre i casi illustrati, a ben pensarci: l’incapacità di inquadrare bene una questione, distinguendo i fattori importanti da quelli invece secondari e/o puramente “emozionali/demagogici”, facendo così intendere un profondo deficit di capacità di analisi.
E chi fa emergere un deficit di capacità di analisi è, tecnicamente parlando, non si offenda nessuno, un deficiente.
O se si offende, va bene lo stesso; l’importante che almeno si inizi una discussione su come l’analisi delle cose e la gerarchizzazione sensata dei fatti sia andata completamente a ramengo negli ultimi anni, o quasi. E’ un fattore grave. Parliamo di questo. Poi chiaro: in un mondo ideale la musica e i concerti raggiungono le homepage dei media mainstream per la loro qualità artistica e la loro capacità di emozionare tante persone, non per il carico di polemiche extra-musicali – solo quest’ultime sembrano in grado di far notizia e di meritare la massima esposizione. Ma visto che il mondo ideale è ancora lontano, partiamo dalle distorsioni più gravi e pericolose.
Partiamo dal contrastare i deficienti. Cercando, invece, la vera radice dei problemi – che poi sono quelle ci possono portare più facilmente a soluzioni sensate ed efficaci. Perché noi vogliamo le soluzioni, non solo lamentarci dei problemi, vero? Vero?
Eh.