Dell’impazzimento bulimico dell’industria musicale e dei concerti (ma la stessa bulimia la trovate nel calcio, nella moda, nell’edilizia, in mille altri settori: sarebbe il caso di farsi più spesso delle domande…) abbiamo già parlato, soprattutto per quanto riguarda il giro del clubbing ma non solo, e ne riparleremo più volte. Vogliamo troppo bene alla musica per accettare che diventi solo una insaziabile moltiplicatrice di numeri e di guadagni per chi è già ricco (e pensa solo al guadagno, non al contenuto). Anche perché questi guadagni non è che non facciano male a nessuno, ma spesso vanno a scapito proprio di chi consuma musica, di chi ama la musica. Guadagnare tanto non è reato. Guadagnare tantissimo se si è riusciti a diventare molto famosi nemmeno. Ma gonfiare i numeri, facendo ricadere i maggiori costi soprattutto sull’utente finale è un problema.
Ecco che quando scoppiò lo scandalo del reselling in italia (ricordate?), improvvisamente saltò fuori che non solo i prezzi dei biglietti erano alti di loro, ma a quanto pare in maniera occulta alcune grandi corporation controllavano parte del bagarinaggio on line, bagarinaggio che moltiplicava all’infinito i prezzi nominali – già altissimi – dei grandi concerti delle stelle maggiori, concerti che andavano immancabilmente sold out. Questo non solo per avidità, ma anche perché il costo del concerto in sé per il promoter (pagare l’artista, la produzione, tutte le persone che ci lavorano, il margine di guadagno voluto) era diventato talmente insostenibile e con margini talmente risicati che spesso col sold out si andava in pari, se non addirittura in perdita. Soluzioni alternative legittime: raccattare sponsor vari ed accordi commerciali collaterali. Soluzioni alternative illegittime: controllare in modo occulto il bagarinaggio on line, spartendosi parte del bottino coi grandi bagarini on line.
Il bagarinaggio è una giungla da sempre. Mica da adesso. Anzi: la verità è che ora avremmo, molto più di prima, i mezzi per controllarlo, e trasformarlo in qualcosa di virtuoso: la possibilità di rivendere i propri biglietti, legalmente acquistati. Trasformarlo in quello, e solo in quello. Può infatti succedere, soprattutto coi concerti a grande richiamo, che compri i tuoi ticket in anticipo, poi però la vita ti cambia, arrivano impegni imprevisti o seccature varie e scopri che quel giorno lì non sei più libero. E gli imprevisti, peraltro, possono essere anche abbastanza last minute. La possibilità in questi casi di rivendere il proprio biglietto fa felice te, che non ci smeni dei soldi, e un’altra persona, che può andare a vedere un concerto che magari era sold out, o vederne comunque uno a prezzo accessibile.
Però dicevamo: il bagarinaggio è una giungla. Chi ti dice che il biglietto che il bagarino ti sta vendendo è autentico? Chi impedisce al bagarino di sparare prezzi assurdi, da taglieggiatori? La risposta a queste due domande arriva proprio dalla digitalizzazione del biglietto. Perché con la digitalizzazione è più facile controllare l’autenticità, ed anche mettere un freno al ricarico del prezzo. Queste emerge abbastanza chiaramente dalla rapida chiacchierata che ci siamo fatti con TicketSwap, impresa nata in Olanda ma ormai ben attiva anche in Italia e che è sempre più il servizio di riferimento per il reselling on line. Ed è riuscita a diventare servizio di riferimento scegliendo due strade che, in un primo momento, ti impediscono in realtà di guadagnare il più possibile: hanno messo un tetto alla possibilità di ricarico del prezzo del biglietto una volta che lo metti in resell (in Italia, i biglietti su TicketSwap possono essere rivenduti solo a prezzo facciale o inferiore rispetto a quello originale d’acquisto, come anche in Francia e Belgio, mentre negli altri paesi è consentito un ricarico max del 20%), hanno scelto di essere al 100% legali – il che implica un sacco di menate burocratiche e di costi aggiuntivi, la legislazione italiana sul ticketing è intricatissima ed elefantiaca rispetto ad altri paesi europei – nel paese in cui operano.
Ecco i passaggi focali della nostra conversazione:
“TicketSwap è stata fondata nel 2012 ad Amsterdam da Hans Ober, Frank Roor e Ruud Kamphuis, tre appassionati di festival e club, stanchi del rischio di acquistare biglietti falsi o troppo cari per i migliori eventi in città, che generalmente sono sold out in pochi minuti. Da 10 anni ci impegniamo a creare la migliore esperienza di evento possibile per i fan, fornendo una soluzione semplice, trasparente ed equa per rivendere ed acquistare biglietti. TicketSwap è attualmente presente in 36 paesi, conta oltre 8 M di utenti e 6000 partner internazionali tra cui Sziget (Ungheria), Hellfest (Francia), ID&T Group, ADE (Olanda), IFF (UK), Pacha (Spagna), Bonfire (Svezia), Entourage and Ingresse (Brasile)”.
“TicketSwap non è un’altra biglietteria; non provvede all’emissione primaria di biglietti, di conseguenza, non è e non sarà mai un altro “primary ticket provider”. Uno dei nostri obiettivi è quello di supportare i nostri partner – biglietterie primarie, festival, venue, organizzatori – nel raggiungere un’audience più ampia e portare i loro spettacoli al sold-out più velocemente. TicketSwap vuole essere un marketplace trasparente dove la community di fan può cercare, scoprire ed acquistare biglietti di eventi in tutto il mondo in maniera sicura”.
“La differenza principale tra TicketSwap e le piattaforme di rivendita non regolate è che il nostro servizio rispetta la regolamentazione vigente in materia in ciascun paese in cui operiamo”
“Come funziona il nostro modello di business? E’ semplice e lineare: TicketSwap include una service fee totale pari al 10% per ogni transazione effettuata: il 5% è pagato dall’acquirente e il 5% è pagato dal venditore. Al momento questa fee è la più bassa sul mercato”.
“Esistono molteplici vantaggi nell’utilizzare TicketSwap, sia per gli utenti che per i partner (organizzatori di festival, venue, promoter). I fan sono più propensi a comprare biglietti sui circuiti primari perché sanno di avere poi sempre una soluzione sicura per la rivendita, come TicketSwap, in caso cambiassero idea o non potessero più assistere all’evento. É molto importante sottolineare che questo porta ad una naturale maggiore fruizione di eventi, e di conseguenza a più eventi sold out. Dall’altra parte, le organizzazioni hanno il pieno controllo sulla rivendita dei biglietti, un fenomeno che sarà sempre presente e che è importante monitorare. TicketSwap fornisce inoltre dati sulla partecipazione ed interesse all’evento, evita problemi di biglietti falsi o non validi all’ingresso, riduce il rischio di no-show e massimizza la capienza degli eventi partner”.
Chi è stato a Terraforma quest’anno o a Decibel facile si sia imbattuto in TicketSwap, visto che sono eventi con cui l’azienda olandese ha stretto delle partnership. Ne potrete sapere qualcosa di più anche se passate quest’anno a Linecheck; già l’anno scorso partecipò ad un panel intitolato “The Future Of Ticketing”, ed anche quest’anno ha rinnovato la sua presenza. Non sarà il sistema del ticketing digitale a limitare l’avidità e a risolvere tutti i problemi, ma sviluppare questo settore in un modo sano e non selvaggio di sicuro può aiutare. Torneremo sull’argomento.