C’è una cosa che ci ha colpito, osservando le molteplici reazioni attorno a Tha Supreme – pardon, ora è thasup – e al suo album da pochi giorni uscito “C@r@++ere s?ec!@le”: sono reazioni per lo più positive, ed è giusto che sia così perché comunque è un disco interessante; ma chi grida al capolavoro capolavorissimo sono per lo più persone navigate, 30/40/50enni con ascolti solidi alle spalle (ad esempio: l’amore per Prince), e che non hanno mai avuto particolare simpatia per la trap, per il nuovo hip hop. Ma ecco, l’irrompere di Davide Mattei è stato per loro quasi liberatorio: la sua bulimica voracità di generi musicali, risputati fuori in un frullatore più o meno sapido di stili pronto-uso, ha incantato e sedotto chi non vedeva l’ora di dire “Oh, finalmente è tornata la vera musica” con la stessa facilità&felicità con cui i commentatori più acidi nel profilo Facebook di Rolling Stone – una coltivazione di boomer senza speranza, andate a vederli, sono bellissimi – si esaltano per tutto ciò che è classic rock e irridono ad alzo zero tutto ciò che è arrivato dopo (soprattutto quello che non conoscono: perché non ti viene mai in mente che se una cosa non la conosci, magari in difetto sei tu. Figuriamoci).
Sia chiaro: Davide Mattei è sicuramente una voce interessante e peculiare. Bravo Salmo e la Machete Crew a pescarlo quando era ancora nessuno, ed a valorizzarlo subito a modo; ma bravo soprattutto thasup a non adeguarsi mai al suono-che-gira-intorno ma a perseguire cocciutamente un suo stile. Che sì: è molto più musicale, complesso e completo rispetto al suono urban contemporaneo medio, vero. E sì: mette in campo dei riferimenti che non è per nulla scontato vengano maneggiati o anche solo citati da un classe 2001.
Ma la domanda è: basta tutto questo da solo per dargli la patente di “genio”? No, davvero: abbiamo abbassato l’asticella così tanto? Ci basta questo?
Perché se in thasup di brio e talento ce n’è, ci sono comunque anche un paio di cose che non ci quadrano: le citazioni sono tantissime e sono dei frullatori, ok, ma troppo spesso è come se in qualche modo restassero in superficie, fossero insomma tante ed interessanti nel loro essere tante ma non proprio approfondite e valorizzate (ogni tanto è come se ti trovassi davanti una versione potenziata ed arricchita dei preset della pianola Bontempi, coi tasti di cambio preset premuti quasi compulsivamente di traccia in traccia). Nulla di imperdonabile vista l’età, ci sta a vent’anni o poco più non aver trovato una “gravitas” nella propria voce (anche perché nel frattempo stai dimostrando cazzutissima personalità ad essere diverso da tutti gli altri); però ecco, di sicuro questo è un limite. Un limite su cui lavorare.
L’altra cosa che non ci torna è come a thasup venga “perdonato” il fatto di essere pop proprio dai 30/40/50enni che normalmente il pop italiano in questi decenni l’hanno sempre schifato o cortesemente ignorato. Com’è ‘sta cosa? Sarà che è quello che thasup vuole fare, il pop, sarà che magari è stato amorevolmente consigliato in tal senso dai discografici, ma “C@r@++ere s?ec!@le” è davvero un disco smaccatamente pop nella scrittura in molte parti, a partire dalla “s!r!” con Sfera e Lezza che ovviamente ha sbancato a livello di stream (siamo sui 40 milioni su Spotify, mentre scriviamo). Pezzi come “!ly” (con Coez), “r()t()nda” con Tiziano Ferro (qui redivivo giovanilista), “mi @mi o è f@ke”, “b@by nel bed”, “w()ah” difficilmente sarebbero stati perdonati, fossero stati fatti&scritti da qualcun altro, magari dieci anni fa: sarebbe stato considerato, a livello di scrittura, ciarpame sanremese. Ma c’è una grande voglia in chi sente l’esigenza di essere “iper-contemporaneo”, anche se sa di essere leggermente in là con l’età, di trovare finalmente qualcuno che ti possa far dire “Non è la trap che mi fa schifo, non è la musica dei ventenni che mi fa schifo: infatti che quando ce n’è uno bravo guarda come mi piace!” – e Davide Mattei è perfetto per fare “quello bravo”, perché nella sua musica infila un sacco di involontarie strizzate d’occhio ai 30/40/50enni in questione. Il problema è i suddetti 30/40/50enni le prendono come strizzate d’occhio a loro, si danno di gomito e si sentono considerati; quando invece è semplicemente thasup che, nel suo iper-post-modernismo, quello in cui puoi ascoltare venti brani di venti generi diversi in venti minuti faticando poco e spendendo zero, si diverte a ficcare dentro di tutto. Non lo fa per citazione colta e consapevole, ma proprio perché è il suo modus operandi creativo: un “flusso di coscienza” continuo ed irrefrenabile, “carefree” per dirla all’inglese, in cui appunto tutto viene toccato ma nulla viene approfondito (…e non è una critica: è una constatazione).
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In definitiva: thasup ha una penna ispirata per il pop contemporaneo più facile ed a presa rapida (e per questo piace un sacco ai discografici: sa fare i numeri), ed al tempo stesso la sua bulimia da ascoltatore gli permette di produrlo, questo pop, con una serie scoppiettante di riferimenti e citazioni, tutti ben svolti perché comunque lui è un musicista di talento ed una spugna che sa dare sempre luce verde alla sua creatività (ovvero fa, confezione ed incide tutto quello che gli passa per la testa, e lo fa pure non alla cazzo, ma con un senso e fresca appropriatezza). thasup è tutto questo, ok, ma no, non è un genio. Sta rinfrescando il pop, non lo sta rivoluzionando. Lo sta rendendo più sfaccettato, nel florilegio di citazioni talora anche sorprendenti; ma non lo sta davvero rendendo più profondo e colto.
E’ che a furia di dargli del genio come si sta ripetutamente e prematuramente facendo il rischio è che in lui prenda piede l’autocompiacimento: e questo sospetto viene forte scorrendo le tracce di “C@r@++ere s?ec!@le” e sentendo come mette in primo piano la sua voce, il suo cantato, il suo rap. In una parola, anzi, in due aggettivi: è troppo, è petulante. Davvero: è fastidioso, ad un certo punto. E’ un profluvio ai limiti della logorrea. Siamo sicuri che ponendo un attimo freno alla presenza di se stesso in quello che fa (ed anche al suo voler dimostrare di poter usare qualsiasi genere, perché funzionale alla sua ispirazione del momento) thasup potrebbe crescere tanto, come artista.
Perché in questo disco ci sono dei momenti in cui fa davvero la differenza, e la fa come nessun altro oggi: ad esempio in “r!va”, che riesce a far suonare molto interessanti i Pinguini Tattici Nucleari (un miracolo, praticamente); lo fa con “cas!no nella mia testa con Salmo (l’alchimia sonora fra i due è sempre inspiegabile in teoria ma fortissima nella pratica); lo fa con “ciao” (la miglior cosa mai fatta da Rondodasosa); lo fa con “+bla se c’è bling” e con la carina e divertente “sci@ll@”, che è una collisione tra il mondo di Tananai (presente alla voce) e quello dei Disclosure (presenti in spirito e per evocazione). E’ qui che sta il vero valore aggiunto di Davide Mattei, quando cioè trova la calibratura giusta. E non invece nel suo essere effervescente, citazionista, apparentemente colto… nel suo essere insomma “vero musicista”, a cui gli orfani della “vera musica” possono appigliarsi per dimostrare che no, loro non ce l’hanno con la musica dei ventenni, infatti guarda caso appena c’è un ventenne decente che a loro “risuona” ecco che loro subito lo apprezzano.
E’ che a furia di dargli del genio come si sta ripetutamente e prematuramente facendo il rischio è che in thasup prenda piede l’autocompiacimento: e questo sospetto viene forte scorrendo le tracce di “C@r@++ere s?ec!@le”
thasup al momento è un incompiuto. Un producer che sta dimostrando piglio e personalità, ma che deve ancora irrobustirsi parecchio per iniziare a meritare la patente di “genio” che con troppa facilità gli si sta dispensando. E a dispensarla, lo ripetiamo, non sono tanto quelli che di thasup sono coetanei (che lo ascoltano tanto e volentieri ma lo prendono per quello che è: urban-pop di consumo) quanto quelli che sono orfani dei musicisti “alla Prince” – dimenticandosi che il Prince migliore il pop più ovvio e commerciale lo prendeva a schiaffoni e sberle, thasup invece ci va per ora felicemente a pranzo assieme e sta attento a ridere alle sue battute, ad assecondare le sue richieste e a non rovesciare le posate o la sedia per terra.
Può crescere molto, Davide Mattei. E’ ancora giovanissimo, ed all’età che ha è già parecchio avanti rispetto alla media (per personalità, anche per coraggio) però sì, può e deve crescere molto. “C@r@++ere s?ec!@le” questa cosa la fotografa nitidamente. Chi lo dipinge come un album geniale, non gli fa un favore. Fa un favore giusto al profilo di marketing che si sta costruendo attorno a lui (…ma da cui lui stesso prima o poi potrebbe svincolarsi, noi ci sorprenderemmo se tra qualche anno accadesse): il wunderkind che mette d’accordo grandi e piccini, trasformando in numeri ed elogi tutto quel che tocca, ma non cambiando nulla per davvero, nulla nel profondo.