Due cose aveva detto la Meloni, mettendoci proprio la faccia, per difendere la legislazione d’urgenza approntata sull’onda del rave modenese halloweeniano: il nuovo decreto legge era da intendersi esclusivamente rivolto a schiacciare il fenomeno dei rave illegali; e comunque no, non ci sarebbe stata la possibilità di intercettare i partecipanti (o gli organizzatori) dei rave, perché questo avrebbe significato “equipararli ai mafiosi”.
Due cose. Queste due cose.
Certo: in generale, troppo ghiotta era la possibilità di far vedere di essere subito un Governo che ehi, non cincischia ma passa all’azione, segnando una discontinuità rispetto al passato mellifluo delle tante chiacchiere e dei pochi fatti. La nuova compagina governativa ha per inciso discreto bisogno di mantenere un po’ del consenso e della simpatia popolare che ne ha favorito l’ascesa, con azioni manifeste: perché a breve picchieranno duro bollette, crisi energetica, inflazione, e la “luna di miele” classica tra elettorato e neo-governanti rischiava e rischia di terminare molto, molto, molto prima degli abituali cento giorni. Giorgia Meloni, che è una che studia e si prepara e che soprattutto ha passato molto tempo in queste settimane a parlare con Draghi quindi delle cifre vere è a conoscenza, lo sa. Lo sa molto bene.
Cosa di meglio di un rave, allora? Cosa di meglio di potersi attaccare ad un argomento facile, che ogni singola volta solletica gli appetiti e le indignazioni dei benpensanti, aka di quelli che ad un rave non ci sono mai stati e sono convinti che andandoci si torni lobotomizzati e tossicodipendenti terminali? Cosa meglio di un evento in cui si commettono regolarmente ed intenzionalmente delle illegalità – dall’occupazione di spazi ed edifici al libero consumo di droghe – perché questo è proprio nel DNA e nelle ragioni costitutive dell’evento stesso?
Witchtek, con le sue migliaia di persone previste e poi regolarmente arrivate (anche da fuori Italia), è stato insomma un clamoroso regalo al Governo Meloni. Che poi oh, agli organizzatori di Witchtek questo frega molto relativamente: non era una adunata creata ad hoc per ribellarsi all’avvento delle destre, con buona pace della sinistra più da salotto e/o più strumentalizzatrice. Era un caro vecchio Witchtek, come già ne sono stati fatti in passato, né il primo né l’ultimo. La festa di Halloween dei ravers. Stop. C’è chi ad Halloween va in discoteca, chi al disco-pub, chi in locali di dubbia qualità, chi nei club più raffinati o agguerriti; e se invece ti piace l’etica ed estetica dei rave beh, sei molto contento di andarci, ad un rave grosso come Witchtek, approfittando appunto del ponte in calendario e sapendo che la faccenda può durare insomma anche più di una notte.
Quindi sì: in attesa di agire, scornarsi e scontrarsi coi cittadini sugli atti di politica economica – che saranno appunto non semplici ed anche piuttosto dolorosi – è piaciuto un sacco a molti esponenti della nuova maggioranza poter mostrare efficientismo ed interventismo in tempo quasi reale su un obiettivo così “facile”. E’ piaciuto un sacchissimo.
Vabbé, li capiamo.
Peccato che da lì in avanti hanno sbagliato tutto, i nostri uomini al comando. E la prima vittima è stata proprio la comandante in capo Meloni (ma chi è causa del suo male, pianga se stesso: perché la compagine governativa l’ha attentamente scelta lei). I suoi infatti le hanno confezionato un 434-bis che, così com’è confezionato, è fatto proprio per non essere limitato ai rave (punto numero uno), e per autorizzare le intercettazioni telefoniche (punto numero due). Proprio le due cose su cui “Giorgia” ci ha messo la faccia dicendo “Ma no, ma quando mai… Siamo qui solo per ripristinare la legalità e per evitare che diventiamo terra d’attracco per i rave di tutta Europa”.
Piantedosi era contentissimo di poter annunciare, il giorno in cui è deflagrato l’affaire-Witchtek, “Ho già pronto per domani un decreto legge per finirla col lassismo sui rave”. Caro Ministro dell’Interno, magari se ti prendevi qualche giorno in più e ti facevi dare qualche dritta dal tuo collega alla Giustizia Nordio facevi qualche scemenza in mano.
Scemenza? Sì. Perché ce ne sono di grossolane. Primo errore: nel testo del decreto, la parola “rave” non è mai nominata e, se è per questo, manco la parola “musica”. Questa – diciamo così – “svista” viene colmata nell’appendice denominata “Relazione Illustrativa”; ma sta di fatto che se stiamo alla legge così com’è, nulla vieta venga applicata per qualsiasi “evento” (questa la parola usata) che raduni “un numero di persone superiore a cinquanta” da cui possa derivare “un pericolo per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica”.
Praticamente, qualsiasi cosa. Pure se state occupando una fontana per festeggiare lo scudetto della vostra squadra del cuore, tipo: è un “evento” infatti pure quello (…e, se non tifate Chievo o Sassuolo, con probabilmente più di cinquanta persone in piazza). Si parla poi di “terreni o edifici altrui, pubblici o privati”: qualsiasi luogo, insomma. Qualsiasi cosa, in qualsiasi luogo. Altro che “…solo per reprimere i rave”: nella Relazione Illustrativa forse, ma il decreto di per sé dice altro. Ed è scritto ad cazzum; questo forse anche per la consapevolezza che disciplinare in legge una musica specifica – ancora si sta ridendo per la “Music with repetitive beats” del Criminal Justice Act inglese – è un gran casino, per non dire impossibile. Oltre ad essere piuttosto sdrucciolevole sul piano etico ed artistico, riportando ai tempi della “musica degenerata” come i fascismi europei del Novevento definivano il jazz.
Ma non è finita qui, ed arriviamo così alla seconda topica: Piantedosi ha infilato l’altro clamoroso autogol ai danni della propria squadra portando le pene, sempre in questo 434-bis diramato a tempo di record, da tre a sei anni, innalzando le soglie precedenti per casi simili di reato. “Alzo la pena, così faccio più paura” avrà pensato; bella Matteo, ma nessuno deve averti detto – o tu devi essertene dimenticato – che quando per la fattispecie di reato la pena prevista supera i cinque anni, allora scatta automatica la possibilità di utilizzare le intercettazioni a contrasto dell’attività criminogena.
Ah, cara grazia, una carezzina nel decreto comunque c’è: se sei individuato come uno che “partecipa” e basta, allora “la pena è diminuita”. Uh. Troppo buoni. D’altro canto, sai che casino dover intercettare centinaia se non migliaia di persone; ma potresti in realtà anche ritrovarti a farlo con questa nuova legge, occhio, dato che i rave notoriamente sono organizzati in maniera reticolare, non è insomma che c’è un “promoter” che fa tutto e si prende la responsabilità di tutto e su cui addossare colpe, condanne, indagini. Ma questo magari al Governo non lo sanno. D’altro canto, non hanno la faccia di quelli che andavano ai rave o negli spazi occupati, a passar le serate. A parte una neonominata sottosegretaria nella compagine governativa meloniana: di cui non faremo il nome, ma a Bologna tutti hanno capito a chi ci stiamo riferendo e qualcuno dice anche di ricordarsela mentre marciava felice alla Street Parade cittadina, mentre i sound system sui camion pompavano BPM. Beata lei.
Insomma: per come la vediamo noi, non sono “prove di fascismo”. No. Sono, semmai, prove di dilettantismo – che speriamo durino poco. Ovvero: per far vedere di poter fare la voce forte ed essere un Governo autorevole, si è partorito in fretta e furia un decreto legge pensato male e scritto peggio. E lo si è partorito tra l’altro anche se non c’era il minimo bisogno di farlo: dato che, pensate un po’, Witchtek è stato sgomberato facendo affidamento al quadro legislativo già pre-esistente.
…sì, avete capito bene, avete letto bene: non c’era bisogno di cambiare un cazzo, non c’era bisogno di nuovi decreti. I rave, si possono contrastare già ora. Leggi alla mano. Witchtek lo dimostra.
Come chiamarla, quindi, se non incompetenza? Incompetenza, sì, con però pure quel sapido retrogusto di populismo del far vedere che “Noi sì che ora agiamo, mica come quegli scarrafoni mollaccioni prima di noi”? Siamo sinceramente convinti non sia una questione di “fascismo”, per quanto in parte della compagine governativa e della maggioranza per background personale ci sia un certo tipo di simpatia verso uno Stato autoritario che decide arbitrariamente cosa è giusto e cosa è sbagliato, cosa è patriottico e cosa no, cosa è moralmente sano e cosa è deviato (…vi ricorda l’iran degli ayatollah? A noi, sì. Come giustamente ha notato anche Mattia Feltri, uno dei migliori giornalisti mainstream italiani). Ma non è “fascismo”. Tanto facile e sensazionalista quanto erroneo, derubricare tutto a quello.
E’ una scelta politicamente più che lecita – e democraticamente validata dall’elettorato – scegliere un Governo che si impegni con più forza a far ripettare le leggi, presenti e venture. Accidenti se lo è. Ma almeno, cazzo, fatele bene ‘ste leggi. Non impantanatevi così negli errori e nelle approssimazioni alla prima occasione in cui vi capita di poter agire.
Ah, un’ultima cosa, ma importante: non è questione di acriticamente “difendere i rave”, come qualche mente molto semplice e molto approssimativa bolla le nostre posizioni già dall’articolo precedente (o dall’intervento del sottoscritto alle “Iene”, aka non esattamente una trasmissione di militanti trotzkisti). Anche se ad esempio Cosmo ha detto delle parole molto importanti, in televisione:
I rave sono illegali, ne sono pienamente consapevoli. Questa cosa è proprio nel loro DNA. E i rave sono anche un posto che, per molti, può essere davvero poco confortevole: posti disadorni, strutture all’osso, musica volutamente martellante ed essenziale (ok, amici goani, scusateci: ma è per capirci), scomodità assortite, la continua possibilità di essere fermati e sanzionati dalle autorità – visto che appunto tutto è fatto nella non-legalità, a partire dalla libera circolazione di sostanze (peraltro quasi sempre più sane e salutare dei “pacchi” che gli spacciatori vendono nei posti legali).
La battaglia di certi proprietari di discoteche contro i rave è clamorosamente di retroguardia: è difficile infatti che chi va ad un rave sia un cliente sottratto a chi offre house commerciale più o meno ben fatta o latinoamericana o l’ennesimo live set di venti minuti di un rapper famoso. Sono proprio pubblici diversi.
Ad essere più preoccupati dovrebbero essere semmai quelli che fanno cose più vicine a techno ed house pure. Quelli della club culture insomma. Ma, tolte le dovute eccezioni, se si è del settore e si è un minimo esperti allora si sa bene che quel tipo di cultura lì – quella su cui stai facendo i soldi – ha avuto la propria esplosione e diffusione massima proprio grazie al fenomeno dei rave inglesi di fine anni ’80, propagatisi e semi-legalizzatisi nel resto dell’Europa con gli anni successivi. Quindi sì: magari ti girano i coglioni che tu paghi Siae, ISI, IVA, la sicurezza, TARI, i contributi per il personale mentre chi fa i rave fa girare contante in nero e si prende il 100% dei guadagni, dà fastidio, come no; ma sei pienamente consapevole che la cultura che ti ha permesso di lavorare come promoter, PR, dj, booker, quello che vuoi, e magari di guadagnarci pure da vivere, dai rave arriva. E quindi, se sei onesto, fai buon viso a cattivo gioco. Sperando che quello che offri tu, nella club culture, in posti più accoglienti, con musica a quattro quarti più sofisticata, con gente meno estrema, possa risultare più attrattivo.
Come del resto quasi sempre succede.
Perché ehi, il giro d’affari del clubbing in senso esteso ed anche delle discoteche è incomparabilmente più ampio di quelli dei rave. Incomparabilmente. I rave sono una cosa specifica, per uno zoccolo duro, per amatori, qualcosa che magari episodicamente può attirare anche un pubblico “normale” ma non è una vera concorrenza. E men che meno lo è per le discoteche più tradizionali, commerciali e, insomma, “vintage”, quelle che in questi giorni si stanno sgolando per dire “Finalmente, così si fa!”. Anzi, i proprietari di queste ultime strutture mentre inneggiano al pugno di ferro stessero piuttosto un po’ attenti e guardinghi: perché quando il “pugno di ferro” colpisce i raver allora tutti lì ad esultare; ma se il rispetto maniacale di leggi e regolamenti – quante regole sono state infrante durante il Covid? – si estendesse anche a loro, agli amici delle discoteche, beh, il sorriso e le esultanze si spegnerebbero un po’.
Questo tra l’altro perché il “pugno di ferro” finisce sempre, alla lunga o anche alla breve, con l’odiare il divertimento tout court, la libera espressione di sé. E’ inevitabile. E’ fisiologico. Lo abbiamo visto accadere troppe volte, con le penalizzazioni legislative, politiche e finanziarie nei confronti di tutto ciò che è ballo ed aggregazione per liberare le proprie emozioni attraverso la musica.
Ma non divaghiamo. Torniamo al decretissimo di Piantedosissimo. E’ già stato detto che, al momento di essere convertito in legge, questo 434 bis sarà discusso dal Parlamento, e probabilmente di conseguenza limato in vari aspetti che rischiano di toccare gravemente profili incostituzionalità, a partire dall’articolo 17. Bene. Viva il Parlamento, quindi: altro che “aula sorda e grigia”, come diceva quell’altro che in vent’anni dopo aver marciato su Roma ha alla fine rovinato una nazione, tra autarchia, corporazioni, decreti sulla pubblica sicurezza ed altre fesserie.
Il danno però è stato fatto: è stato avvelenato il dibattito pubblico con un provvedimento inutile, sproporzionato, fatto male, meramente populista e per nulla funzionale – nella concretezza dei fatti – a combattere davvero il fenomeno dei rave. Fenomeno che peraltro ha già dimostrato che anche in presenza delle leggi più repressive sopravvive, non muore. La legge Mariani d’inizio millennio in Francia doveva ad esempio ammazzare il tutto, invece vent’anni dopo la sua promulgazione proprio quella francese resta una delle propaggini di appassionati più numerose e battagliere. Pensa te i casi della vita.
Speriamo, per noi tutti, che le prossime mosse del ministro Piantedosi e dell’intera compagine governativa guidata da Giorgia Meloni siano un po’ più convincenti, un po’ più competenti. Quello che è successo in questi giorni non è un tentativo di applicare il fascismo, no, come qualcuno strilla e denuncia: è invece malagrazia, ottusità, dilettantismo, è un goffo tentativo di cavalcare l’emozione populista del momento.
Si può fare di meglio, via.
Nel frattempo gli unici a fare veramente bella figura e a vincere in questa storia sono stati gli organizzatori e i partecipanti di Witchtek: vedendo il rischio di casini pesanti per sé e gli altri, hanno interrotto l’evento prima del tempo e, andandosene, hanno ripulito comunque il più possibile l’area.
I migliori siete stati voi. Se lo fate per il potere della musica e del senso di forza e comunità che ricrea, i migliori siete voi.