Appuntamento fisso e immancabile, il trentesimo per l’anagrafe e il dodicesimo, quasi consecutivo, per chi ha l’onore e l’onere di raccontarvelo. E non è certo la prima volta che vi raccontiamo un Sònar su queste pagine, ma c’è sempre un problema grosso nel raccontarlo: la differenza enorme che c’è tra il Sònar visto “da fuori” e quello che si vede invece effettivamente nei tre giorni e due notti di festival.
…e a ben vedere, forse è una scelta intenzionale, e forse è uno dei tanti motivi per cui ogni anno ci torniamo, e ogni anno prendiamo i biglietti per l’anno successivo appena escono, a fine giugno. C’è infatti una distanza piuttosto grande tra l’idea di Sònar che ci si può fare guardando la line up e l’esperienza Sònar vissuta in prima persona, ma c’è anche, sempre, una distanza non banale tra l’esperienza Sònar di ciascun partecipante: è un festival così grosso e variegato che se chiedete a tre o quattro partecipanti di indicarvi i loro momenti preferiti, difficilmente ci saranno punti in comune, salvo momenti clamorosi come quando ci sono i Chemical Brothers, ed è infatti per questo che tante altre volte abbiamo scelto di pubblicare più report assieme, scritti da persone diverse.
Messe le mani avanti e dichiarato quindi che quanto segue è riferito all’esperienza personale di chi torna su queste pagine a raccontarvela e che ha persino meno pretese di universalità del solito, la domanda di partenza è sempre la stessa: com’è stato il Sònar del 2023?
Riassumendo, potremmo dire che è stato il Sònar, in moltissimi aspetti.
Anzitutto, è stato molto più Sònar dell’anno scorso: l’anno scorso è stato il primo dopo la pandemia e si percepiva, palpabile, il desiderio di tornare a fare festa, a saltare, a cantare insieme, e per una volta, un pochino, sticazzi dell’innovazione, della ricerca e delle grattate di mento; mentre quest’anno la sensazione è stata di assistere a un gradito ritorno a una dimensione artigianale di live e dj set da una parte, e a una spinta in avanti delle potenzialità espressive delle performance dall’altra.
C’è stato tanto di quel Sònar che intercetta il suono del presente presentissimo, sul quale cui è evidente l’impatto enorme che ha avuto Rosalia, vedi Nusar3000 salito alla ribalta per due remix di “Despechà”, ma anche Nick Leòn nei credits di produzione di “Motomami” e diversi altri nomi che in un modo o nell’altro hanno avuto a che fare col fenomeno catalano degli ultimi anni. Ma c’è stata anche molta della solita attenzione alle nicchie e alle scene locali, con diversi nomi assolutamente leggendari nel proprio ambito e magari meno noti ai più: su tutti MikeQ (set fenomenale per selezione, tecnica e capacità di leggere la pista), ma anche Daito Manabe o Toccororo sono relativamente difficili da trovare al di fuori delle proprie scene di riferimento, eppure sono stati meritevolissimi.
C’è stata, anche, l’attenzione a cercare di catturare il prossimo “suono di adesso“: abbiamo perso il conto degli act diventati famosi in seguito che abbiamo visto per la prima volta al Sònar (vedi appunto Rosalia), ma diversi anni fa ricordiamo di aver visto Paul Woolford proporre una delle prime apparizioni del suo (all’epoca) nuovo progetto Special Request, con cui riproponeva i suoni dei primi rave anni ’90 e quest’anno abbiamo visto i 2ManyDjs chiudere il set di uno degli slot principali del palco più grosso del Sònar de Dia con “Emerge” dei Fischerspooner, Tiga suonare “You Prefer Cocaine” di Vitalic nel palco più grosso del Sònar de Noche e, soprattutto, Alizzz proporre un set, teoricamente celebrativo dei trent’anni di Sònar, composto interamente di dischi di Vitalic stesso, Simian Mobile Disco, Justice, Miss Kittin, Chicks On Speed e tutte quelle cose che andavano di moda nei primi anni zero.
Morale: quando l’anno prossimo, o tra due, il revival dell’electroclash impazzerà dappertutto non dite che non vi avevamo avvertiti.
C’è stata, ed era mancata un po’ l’anno scorso, la parte più creativo/tecnologica e afferente al Sònar+D, con un’installazione molto bella in cui modelli di AI generativa modificavano dinamicamente le immagini promozionali di trent’anni di festival, ma anche con Mercedes che presenta l’impianto Dolby Atmos montato sulle macchine assieme a Max Cooper e, soprattutto, con Richie Hawtin che presenta il suo nuovo synth e passa giornate intere al booth a raccontarlo agli interessati.
Ci sono stati diversi nomi sulla bocca di molti in attesa di conferme, a volte arrivate, come nel caso di Charlotte Adigery e Bolis Pupul e del loro live validissimo, di Hector Oaks, bravissimo a coniugare la technona cattivissima e la forma canzone più canonica e di Honey Dijon, bravissima a non farsi tentare troppo dal contesto bigroom del Sònar de Noche e a mantenere una certa classe, a volte meno, come per Eliza Rose che ha della bella musica ma non ci ha convinti dal vivo.
Ci sono state conferme scontatissime, come il solito Ryoji Ikeda, il solito Dj EZ, i soliti Horse Meat Disco, tra le migliori chiusure di Sònar de Dia mai viste per quantità di abbraccioni e lacrimoni, e il solito slot del tardo pomeriggio assegnato a un “dj’s dj”: anni fa vedemmo Prins Thomas nella stessa collocazione, nel 2022 era toccato a Jamz Supernova, quest’anno Bradley Zero e Moxie hanno spiegato che “basta” avere i dischi belli e metterli in fila nel modo giusto e si crea qualcosa di ottimo: averne, di “soliti” così.
Ci sono stati anche gli headliner grossi, quelli che vendono il grosso dei biglietti, i Peggy Gou, i Solomun, i Black Coffee, i Blessed Madonna e quello là che non nomineremo perché altrimenti i fanboy si inalberano: non abbiamo visto nessuno di questi, perché non ci interessavano (ma state tranquilli, ci hanno riferito che il set dell’innominabile è stato bellissimo come sempre, anche perché non si può mai dire altrimenti), perché salvo rare occasioni il Sònar non lo fanno gli headliner, anzi.
Il motivo principale per cui ci torniamo ogni anno, infatti, è che il Sònar ti chiede uno sforzo, ti chiede di andare oltre: ti dice “Guarda, se vuoi c’è Peggy Gou, ma già che sei qui, perché non provi a sentire Tohji?“, oppure “Ti piacciono i beat dei paesi esotici? Sì ok, Black Coffee, ma senti un po’ anche Badsista e Cashu“
“Ti interessa la festa? Hai mai provato a sentire un set di CC:Disco?“
“Sì, lo sappiamo, se scriviamo Rosalia nella descrizione di un artista ti facciamo drizzare le antenne, ma guarda che Nusar3000 non è solo quei due remix lì, fa dei set pazzeschi“
“Sei venuto per Dj EZ, Kode9, Sherelle e tutto quello stile lì UK-centrico in cui la ritmica cambia ogni minuto e mezzo senza soluzione di continuità? Sì ok lo sappiamo che è sabato sera e sei stanco, ma guarda che Anz si merita che tu beva una Red Bull e ignori il male alle gambe“
E ogni volta che facciamo quello sforzo lì, il Sònar ci premia sempre, immancabilmente.
Ed è per questo che ci torniamo ogni anno: perché ogni anno torniamo a casa col souvenir più bello di tutti, un sacco di artisti che non conoscevamo e che da quel weekend entrano in pianta stabile nella lista di quelli che seguiamo assiduamente e di cui diventiamo fan.