Lasciare Ortigia dopo il lungo weekend del festival è sempre un gran casino. Finisci per affezionarti visceralmente ai suoi vicoli, alle stradine e agli scorci sul mare che fanno da sfondo alla vita isolana. E l’ultimo giorno, durante i dj set con vista porto e con la musica che continua fino a tarda notte, da un chiosco che incontri sulla strada di ritorno in hotel, cominci ad accumulare una nostalgia feroce e anche difficile da spiegare. Perché ce l’hai ancora prima di lasciare l’isola. C’è stato tutto questo, durante l’edizione 2024 di Ortigia Sound, che al decimo anniversario ha cambiato un po’ il suo abito — dal leggero ritocco al nome, come annunciato nei mesi scorsi, ad alcune modifiche di location dell’ultima ora non esattamente volute, come vedremo più avanti nel racconto — trovando nuove risposte in un fascino che si rinnova comunque ogni volta.
Le intemperie della passata edizione (tra diffusi incendi in Sicilia, aeroporti in fiamme e una serie di cambi lineup last-minute, causati da voli mai sicuri di partire fino all’ultimo) non avevano più di tanto afflitto il clima che si respira da queste parti a fine Luglio, con un’edizione dall’identità spinta ormai verso un passo più maturo e cosciente dei propri mezzi. Oltre che svelto, per consolidarsi come una tappa “sicura” per il pubblico italiano (e soprattutto, sempre di più, anche straniero) attento all’offerta club, dancefloor e sperimentale.
A tentare di rompere gli equilibri quest’anno ci stava pensando un cambio (degli ultimissimi giorni) del main stage, la cui location è stata trasferita su uno slargo nel porticciolo di Siracusa, anziché essere quella consueta tra le mura dello storico Castello Maniace. Intoppi burocratici in primis e indipendenti dalla volontà degli organizzatori, poi la conseguente necessità di cercare rapidissimamente un’alternativa, comunicarlo, smuovere tutto il carrozzone per i live.
La macchina di Ortigia Sound ha comunque tenuto botta, e il molo dello Sbarcadero è riuscito ad essere un nuovo spazio funzionale ai concerti durante le giornate centrali di Venerdì e Sabato. Ricordandoci, tra le vibrazioni taglienti della techno di Blawan e quelle più funk-frenetiche dei Kokoko!, passando per il post-rock degli Uzeda, le melodie drone-elettroniche di David August e i sincopati ritmi delle percussioni degli Holy Tongue, che era ora di aprire le danze, lasciarsi i problemi ancora una volta alle spalle, fare sul serio. A ritmo di musica. Ovunque fosse stato possibile, a quel punto, e ovunque sarebbe rimasto invariato il mood della proposta sonora.
Balla che ti passa, diremmo, perché per ripartire sicuri che l’effetto di una nuova location non abbia interrotto la magia a Ortigia ci si torna al mattino, salpando sui boat party che hanno come di consueto riempito il cuore dei torridi pomeriggi del weekend. Tra i beat di Anthony Naples, le vibrazioni tropicali di Verraco, Bitter Babe, Bluemarina o l’energia club di Djrum, Objekt ed upsammy, la conferma è stata quella che le scelte sono sempre più di respiro internazionale, dando la giusta linea continua all’animo di una rassegna abile a mescolare tanta Europa, tanto Mediterraneo, tanta contemporaneità club.
Poi la corsa al lido, ancora alle porte dell’isola, che scalda gli animi a suon di dj set fino a sera, facendo anche da rinfrescante risveglio al ritorno dall’after (anche quest’anno poco fuori l’isola, e teatro di albeggiate cariche di bpm con Donato Dozzy, Objekt con — per la doppietta — Verraco, DJ Red, Kangding Ray e Neel). Tra i tuffi dalla barca e le passeggiate alla ricerca di un briciolo d’ombra nei pressi della marina, ci si saluta al porto per un’ultima tornata di esibizioni aperte al pubblico.
C’è chi sostiene che la Sicilia debba imparare ad amarsi di più, da sola. E la verità, per i più distratti, a noi pare evidente: la manifestazione ha arricchito anno dopo anno la storia moderna dell’isola, potenziandone ancora di più il turismo e la sua vitalità artistica. Per quanto ci riguarda, quindi, la strada da percorrere è quella della (genuina) perseveranza: Ortigia Sound 2025 avrà con ogni probabilità ancora voglia di dire la sua nel panorama dei festival club europei, avrà ancora le idee giuste per stare al passo (se non, alle volte, segnarlo) con le altre realtà italiane che competono nello stesso settore, avrà capito come dialogare meglio con una realtà locale non sempre facile da gestire.
Poco importa, se alla fine balleremo contenti, fino alle luci del primo mattino, rendendoci conto che in fondo tutto questo continua comunque a lasciarci un grande, bellissimo, nostalgico sentimento. Che ci obbligherà a tornare.
Foto di LLum Collettivo