Ok, quante volte lo avete sentito dire che questo o quell’altro sono dei festival “speciali”? Lo sappiamo: il rischio è quello dell’assuefazione, del gridare “al lupo, al lupo” o al “che bello, che bello” e non essere creduti più da nessuno, anche quando il lupo c’è, anche quando il festival ti cattura l’anima. E poi, è vero che in generale i festival – quando non sono proprio fatti alla cazzo – per il solo fatto di farti sentire più cose in più giorni comunque hanno un che di particolare, ce l’hanno sempre e comunque. Anche se questa “mania dei festival” che ha investito, buona ultima, anche l’Italia dopo che per anni pareva non attecchire dalle nostre parti ci sta facendo dimenticare quanto in realtà possa essere altrettanto emozionante – un’emozione diversa, ma altrettanto forte – fare clubbing ed “adottare” delle serate, dei luoghi, dei dj resident, degli ospiti attentamente calibrati e non accumulati all’ammasso.
È questione di equilibri, come sempre. Ecco perché non siamo pentiti per quando dieci, quindici anni fa insistevamo sull’importanza che anche l’Italia diventasse un paese-da-festival (e lo è diventata, a modo suo), ma al tempo stesso non ci facciamo problemi a a dire ora che l’attenzione verso l’entità “festival” è sproporzionata ed è addirittura tossica, se la conseguenza diventa snobbare l’esperienza-club.
Una cosa è certa: i festival oggi sono tanti. Tantissimi. Spesso sono fatti bene. Spesso sono in posti notevolissimi, in Italia ed all’estero. Ma Polaris si merita qualche parola e qualche attenzione in più. In un panorama incredibilmente affollato di festival di musica elettronica, anche d’inverno ormai, e molti di essi sono ormai storici, molti sono costruiti alla grande, Polaris ha diritto ad un posto d’onore.
Chiaro: tutti i basics ci sono. La location da paura: Verbier è un paese svizzero incastonato in mezzo alle Alpi, meta sciistica molto popolare e gettonata (ma al tempo stesso esclusiva) proprio per la bellezza dei luoghi che la ospitano. La line up da paura: qui potete vedere chi ci sarà quest’anno, ed il fatto che il festival si sia espanso da uno a due weekend (22 e 23 novembre, 29 e 30 novembre) con due cartelloni differenti ma entrambi talmente belli da rendere difficile una scelta la dice lunga su quanto il festival sia amato e quanto sia cresciuto e si sia consolidati in quasi dieci anni di storia (…sì, noi lo segnalammo “alla cieca” ancora alla primissima edizione: fu una bella intuizione, di sicuro qualcuno di noi ci ha ringraziato).
Quello che rende speciale Polaris è che è un labour of love che nasce da uno dei protagonisti della scena in prima persona: un artista, prima ancora che un imprenditore. Mirko Loko, infatti, è sì fondatore e direttore artistico del festival (nonché comproprietario), ma è anche un apprezzatissimo dj/producer veterano della club culture, attivo fin dalla fine degli anni ’90, socio di molte avventure con Luciano targate Cadenza o Vagabundo in tempi non sospetti, con release e collaborazioni con chiunque (da Carl Craig a Mathew Jonson, da Derrick May a Loco Dice, e il suo progetto Lazy Fat People assieme a Ripperton usciva con l’album di debutto sulla label del signor James Holden, uno molto selettivo). Ah, una curiosità: noi Mirko Loko lo abbiamo già intervistato nel 2011, qui l’intervista, e a fare l’intervista fu Carlo Braidotti, oggi apprezzatissimo agitatore techno col progetto 999999999.
Che ci sia dietro Polaris la mano, il carisma e la credibilità di un artista di grande spessore lo capisci da alcune chicche in line up, chicche che il Polaris ha sempre dispensato a piene mani e che anche quest’anno ovviamente non mancano: il back to back tra Âme ed Henrik Schwarz, la collaborazione tra Carl Craig e il venerabile Mike Banks, l’extended slot concesso a Laolu.
Ma poi ancora in due weekend ci saranno, a Verbier, Richie Hawtin, Moodymann, Larry Heard, Maceo Plex, The Blaze. E ci sarà Laurent Garnier. Ecco: Il primo, primissimo set che Laurent Garnier ha deciso di fare dopo la pausa che si era preso per motivi di salute (un set quindi molto importante, ed emozionale) è stato proprio al Polaris, l’anno scorso. Se dovessimo scegliere una cosa che racconta la grandezza di questo festival, sceglieremmo questa.
In un’epoca in cui i festival sono mille (appunto: pure troppi, e dopo il grande boom purtroppo nei prossimi anni vedremo un grande calo, come del resto sta già succedendo da anni in Inghilterra, quest’anno nella stagione estiva più di cinquanta si sono arresi e non si sono svolti), in un’epoca in cui tutti comunicano, tutti sono entusiasti, tutti sono speciali, diventa importante saper selezionare e cercare di capire quali sono i punti forti, le ragioni d’essere etiche, estetiche ed emotive di un evento. Polaris, a noi, piace da sempre veramente tanto. Vederlo arrivare in questo 2024 alla nona edizione più in forma che mai ci riempie di gioia. Biglietti, quelli che rimangono, gli abbonamenti da weekend sono già sold out ma è rimasti qualcosa per le singole serate, qui. Fateci più di un pensiero, per iniziare l’inverno nel modo migliore.