Alex Picone sembra essere il tipo a cui le parole vanno cavate dalla bocca. Non che lo conosca personalmente, lo confesso, ma l’impressione che da il suo modo di porsi, di evitare quasi scientificamente la prima fila, fa sì che ai miei occhi il suo personaggio risulti tanto discreto quanto talentuoso. Eppure i motivi per parlare ce ne sarebbero, a partire dagli ultimi traguardi appena tagliati: Alex è da poco approdato nella religiosa famiglia del Cocoricò e, grazie ad una vertiginosa crescita fatta di release pazzesche (“Berlin Dub” – contenuta nel fantastico “Persistence EP” – resta tra i miei dischi preferiti) e residenze prestigiose quali Altavoz, Flow e Fiesta Privada, è senza ombra di dubbio uno dei nomi italiani più apprezzati una volta oltrepassati i nostri confini , oltre ad essere il nostro portabandiera all’interno della giostra Vagabundos.
Troppo facile accreditare tanto successo al marchio Cadenza che il buon Alex (e ci mancherebbe!) porta in bella vista. Qui c’è qualcosa di più, nonostante i critici potrebbero obiettare che la discografia di Alex Picone è costellata sì di tantissimi dischi (tra l’altro tutti d’indubbia qualità), ma che ogni suo lavoro è stato pensato e prodotto solo ed esclusivamente per il dancefloor. Probabilmente tutto questo è vero, l’esigenza primaria del Picone producer è quella di dar forma alla danza del suo pubblico attraverso dischi dal groove accattivante e sensuale e caratterizzati da un tiro e da una carica propria della sua musica che, pur lasciando invariate le sue caratteristiche principali, non è mai banale. Alex fa musica per far ballare, questo è evidente, ma è importante sottolineare che anche per tale fine (che qualcuno può definire “meno nobile”) c’è modo e modo di comporre i propri pezzi. La sua discografia, poi, parla fin troppo chiaro: le uscite su Bosconi, Mus e Mixworks, il lavori al fianco di Kay Sand (ripescate l’ultimo Mus e ditemi se “Irish” non è una perla), il successo del progetto Chronic Flakes (sempre al fianco di Kay Sand), oltre a confermare un amore al limite dell’ossessione per tutto ciò che è di natura analogia, non hanno potuto che lanciarlo come uno dei nomi più importanti non solo della scena underground italiana, ma dell’intero movimento continentale.
A due anni da “Furby Floppy EP”, release che sancì l’ingresso di Alex nella grande famiglia Cadenza, ecco che l’artista veneto è pronto a presentarci la sua seconda uscita sulla label svizzera. “Fahrenheit” sarà disponibile da fine mese interrompendo un’attesa che sta per essere ampiamente ripagata dalla qualità della release. Le tre tracce contenute nell’EP, infatti, hanno le stesse caratteristiche del sound che ha fatto la fortuna di Alex e che lo stesso Picone ha contribuito a diffondere dalle nostre parti, pur essendo evidente la progressiva maturazione dell’artista. Il menù di “Fahrenheit” è davvero ricco: mentre “Inside Out” è caratterizzata da un intreccio di snare, crash e hihat che controbilancia con il suo dinamismo la “quiete” del synth, “Lost In Burning Man” si poggia sulla sapiente fusione di beat house con un groove oldschool, e “Mandarin” unisce al groove corposo delle sonorità acide che rendono il pezzo trasversale rispetto ai primi due. C’è voluto parecchio tempo, ma ne è valsa la pena… Alex, ancora una volta, ha dimostrato di saperci proprio fare!