Tutti pazzi (cit.). O meglio: tutti stupidi, imbarazzanti. Perché sì: tutti, o quasi, pare si siano messi improvvisamente d’accordo per fare gran favori a chi? A Tony Effe! Sì. Esattamente a lui. A colui che a quanto pare è stato appena fatto fuori dal programma del Concertone di Capodanno a Roma.
Il primo favore, quello originario, lo ha fatto chi ha avuto la geniale idea di chiamare Tony Effe a tenerlo, questo Concertone di Capodanno: ora, lui può piacere, può non piacere, ma di sicuro tra le sue qualità non ci sta l’essere un istrionico trascinatore sul palco dal vivo, uno capace di coinvolgere ecumenicamente le folle in modo dinamico e contestualizzato. Diciamo che di artisti “da festa” in Italia un minimo famosi ed un po’ smaliziati nel costruire atmosfere dinamiche e gioiose live ce ne sono decisamente tantissimi. Chi è andato a scegliere proprio Tony Effe si è affidato semplicemente all’effetto-figurina, alla dritta passata da qualche figlio o nipote annoiato o ai report di dischi d’oro e classifiche di streaming. Il nostro eroe è entrato nei radar semplicemente perché “famoso”; e pensando che alla fine è un artista romano, “Tombola! Ecco la scelta perfetta” si sarà pensato. Incompetenza diffusa, paraculismo mal appoggiato e mal declinato: un grande classico, quando le istituzioni in Italia iniziano ad occuparsi di cultura. Il grande danno nasce da qui. Non è solo e non è tanto questione di “andare contro ai valori per cui si spende la Giunta”: è questione proprio di non capirne un cazzo di musica e di professionalità nella musica live, facendo scelte a muzzo, se chiami Tony Effe per un Concertone in piazza.
Il secondo favore al tatuato-tenebroso-belloccio rapper capitolino, quello più grande, ha iniziato a farlo subito dopo un fantomatico gruppo di “donne del PD” (spoiler: c’è di mezzo anche la Boldrini, toh chi si rivede), quello da cui sarebbe partita la fronda e la campagna d’opinione per ottenere la rimozione dell’ex-DPG dal palco del concerto capodannoso: campagna a quanto pare coronata da successo. Il favore è completo. Tra l’altro sarebbe curioso capire cosa ne pensa Elly Schlein, che del PD è il capo, visto che lei tutta giuliva – e un filino cringe, va detto – è salita sul palco con gli Articolo 31 a rappare. Va bene, non stava rappando “Tocca qui”, canzone che all’epoca si guadagnò agli Articolo il raglio obnubilato di certa indignazione, ehm, femminista (…ma il femminismo, vivaddio, è nelle sue declinazioni più intelligenti ed articolate molto meglio di così), però ecco, pur sempre con gli Articolo stava.
Ma dicevamo: il secondo e più grande favore a Tony Effe lo ha fatto chiunque abbia attivamente appoggiato o anche solo non abbia deriso l’idiozia di questa campagna partita dalle, ehm, “donne del PD”, pensandola al contrario una causa giusta, con la sua richiesta stentorea ed isterica di rimuovere un artista già contrattualizzato per il basso tasso di “educatività” dei messaggi e dei testi dell’artista in questione. In questa maniera, infatti, si trasforma Tony Effe da imbelle rapper paraculo e fortunato quale in fondo semplicemente è, uno cioè che ha fatto la cosa giusta al momento giusto con coraggio quasi inconsapevole e una buona dose di faccia tosta e bóna, ecco, da quello status lì lo si è trasformato a bastione e simbolo della libertà d’opinione.
Cioè, Tony Effe: vi rendete conto? Perché a Tony Effe abbiamo l’impressione che della libertà d’opinione importi poco: a lui, nella vita, interessa fatturare e tenere una certa anda di consumo ed ostentazione. Amen. Per carità: sono scelte, buon per lui che si è messo nella posizione di poterle perseguire e si è impegnato per farlo, con un minimo di estro… Tutto molto lecito. Però ecco, è davvero imbarazzante dover imbastire delle campagne per il minimo livello intellettualmente civile di libertà di opinione. Ancora oggi bisogna farlo, in Italia. E sapere di doverlo fare per Tony Effe è, ahinoi, tragicomico. Ma comunque, necessario. Piccolo ripassino con diapositiva semplice semplice, per i più pigri, gonzi e disattenti:
Il terzo favore a Tony Effe è quello che stanno già apparecchiando gli avvocati di Vivo Concerti, di Friends & Partners e del management Pegaso, ovvero chi dell’artista si occupa e gli organizza i concerti, che si fregano le mani al pensiero che il Comune di Roma receda da un contratto già firmato. Ieri infatti hanno emesso un fantastico comunicato, di cui riportiamo qui la parte saliente:
Innegabile che questa vicenda abbia esposto Tony Effe a una forte pressione mediatica, rischiando di compromettere l’immagine e la carriera di uno degli artisti più rilevanti di questo 2024, trattandosi di un artista che, con la sua musica, è stato un forte motivo di aggregazione per tanti giovani che abbiamo incontrato nel corso di quest’anno
Bastano tre parole, come commento: “’Compromettere’? ‘compromettere’ ‘sta cippa!“. Eccole, le tre (ok, una è ripetuta due volte). Non serve aggiungere altro, santiddio.
Perché far passare Tony Effe per pericoloso trapper senza peli sulla lingua, passibile di censura e meritorio di damnatio pubblica, è il favore migliore che gli si possa fare: la cosa infatti non fa che aumentare lo spessore del suo character sul mercato, dandogli anzi nuova linfa. Vivo, F&P e Pegaso questo lo sanno benissimo, sapete? Ma ora chiagnono per futtere – questi comunicati lacrimosi servono infatti per aumentare il risarcimento da chiedere in sede di disputa in tribunale, nient’altro.
Un tempo almeno era la destra che ti diceva come dovevi comportarti, cosa dovevi ascoltare, in cosa dovevi credere; la sinistra invece era “Vai in cerca di libertà, vai in cerca di cultura, vai in cerca di stimoli, non arrenderti al pensiero unico ma va’ in contro alla complessità delle cose” e lì sì, lì sì che aveva senso essere di sinistra. Non certo ora, con le “donne del PD” e la loro pruderie da “Qualcuno pensi ai bambini!”
Non vogliamo spendere troppe parole sul perché sia sbagliato eticamente, politicamente, concettualmente e pure fattualmente chiedere coram populo la rimozione di Tony Effe dal programma di Capodanno: perché in un mondo ideale ci piace pensare che non ce ne sia bisogno, da quanto è evidente la cosa. Ma visto che il nostro è un mondo meno ideale, basta andare a leggere ad esempio quanto ha scritto Giulia Blasi, una che sulle questione di genere e sul femminismo ci ha costruito sopra una carriera con autorevolezza e pure una certa intransigenza. Quindi se non volete ascoltare noi, che ohibò siamo maschi e insensibili quindi “per forza” saremmo schierati con quel simpatico pirla fumettoso misogino di Tony Effe (ma quando mai…), almeno ascoltate lei. Che ha scritto le cose giuste.
C’è poco da fare. L’idiozia diffusa per cui tutto quello che non ci piace e tutto quello che può perturbare va non discusso, ma semmai cancellato e soffocato, e il piglio un po’ tanto preoccupante per cui tutte le scelte dell’amministrazione pubblica devono per forza essere pedagogiche ed educative oppure proprio non essere, è un morbo sempre più diagnosticabile nella nostra quotidianità. A destra come a sinistra: l’ottusità sa essere meravigliosamente bipartisan, a quanto pare, negli anni ’20 del nuovo millennio. Che culo.
Un tempo almeno era la destra che ti diceva come dovevi comportarti, cosa dovevi ascoltare, in cosa dovevi credere; la sinistra invece era “Vai in cerca di libertà, vai in cerca di cultura, vai in cerca di stimoli, non arrenderti al pensiero unico, borghese e conformista, ma va’ in contro alla complessità delle cose” e lì sì, lì sì che aveva senso essere di sinistra… Non certo ora, con le “donne del PD” e la loro pruderie da “Qualcuno pensi ai bambini!” (…ah, una notizia: i bambini ma soprattutto i ragazzi sono molto meno scemi e molto meno condizionabili di quello che si crede: d’altro canto la condizione femminile è molto migliore oggi di quando invece nelle radio girava solo “Grazie dei fior” di Nilla Pizza, pensa te i casi della vita). Eh chissà se le “donne del PD” e chi la pensa come loro approvino, nel 2024, che si leggano i libri di Welsh, si vedano i film di Tarantino, si ragioni sulle filosofie del desiderio di Foucault e Bataille, si appoggino i movimenti che ridicolizzano con gesti estremi e provocatori il bepensantesimo borghese. D’altro canto già Fabri Fibra era troppo per loro.
Ad ogni modo, torniamo al punto: smettetela di fare favori a Tony Effe. Se proprio non volete farlo per rispetto della vostra intelligenza, se proprio non volete farlo perché non vi è mai capitato di leggere Brecht e il “Prima vennero a prendere...” (anzi: non era di Brecht), fatelo almeno tautologicamente per una delle ultime buone cause disponibili su piazza: non fare dei favori a Tony Effe. Non ne ha bisogno. E, a dirla tutta, manco li merita. È giusto un artista che un po’ per istinto, un po’ a caso, un po’ per furbizia è andato a pescare negli interstizi dei nostri span d’attenzione più basici d’oggi, cercando gli stimoli più primari e, con nonchalance, catturandoli. Tutto qui. Gli artisti veri in grado di lasciare un segno nel tempo sono altri.
Ps. Chi prende per buona l’argomentazione complottista per cui sia Mahmood che Mara Sattei sono della Universal e quindi la loro defezione del Capodanno romano in solidarietà di Tony Effe, Universal pure lui, è solo una grande “manovra a tenaglia” orchestrata da una major, sappia che prende per buona l’argomentazione di chi è un totale pirla (in buonafede, o malafede), uno che nulla sa di come funziona l’industria della musica live. Noi, ve lo diciamo. Poi, fate voi.
PPS. Plot twist, notizia proprio di questi minuti: alla fine Tony Effe il Capodanno se lo fa per i fatti suoi, ed è facile anche immaginare che andrà gran bene dopo tutto ‘sto baillamme, facendolo guadagnare altrettanto se non di più (o permettendogli il coup de theatre di dare tutto in beneficenza). Eccolo, l’ultimo favore che tutta ‘sta faccenda ha fatto Tony Effe.