“Voglio andare a dormire alle 10, se ne ho voglia” questa frase così banale è a mio parere il fulcro di tutto quello che Miss Kittin ci ha detto Sabato al Brancaleone prima di iniziare a suonare. Un’artista matura, che sa esattamente cosa vuole dalla sua musica e che ha compreso perfettamente come far lavorare al meglio il proprio corpo e la propria mente.
Voglio essere sincero, la prima volta che ho sentito Miss Kittin al Brancaleone sono rimasto perplesso; sentivo come se mancasse qualcosa, quel qualcosa in più che trasforma una serata in una grande serata. Probabilmente non ero ancora pronto, sicuramente ero troppo superficiale e poco ricercatore. Ora non so cosa sia cambiato, ma di una cosa sono certo: sabato 12 marzo Miss Kittin è stata fantastica!
Gesaffelstein, Dj e producer parigino, ha introdotto l’artista splendidamente, con un set dal sound particolare e potente fondendo sonorità orientali ai suoni più d’avanguardia (ovviamente non poteva non mettere la sua “Variations” dall’omonimo Ep).
Miss Kittin entra verso le due e mezza, con grande tranquillità, senza preoccuparsi troppo del pubblico. Una volta conquistata la console è passata da vocal come quello di “Baby Blue”, brano di Martina Topley Bird, ai Daft Punk: una mistura di generi che non può non appassionare un amante della musica. Sonorità che prescindono le tendenze e il volere dei più, ma che seguono solo il film musicale che Kittin stava girando in quel momento.
Ora non so bene quante persone avrebbero preferito un set più duro, più potente e meno ricercato, ma è un dato di fatto che ancora alle 4.30 di mattina, passare da una parte all’altra della sala principale del Branca era pressapoco impossibile!
Ormai sono anni che suoni al Brancaleone di Roma. Come ti senti quando devi suonare qui? Cos’è che ti piace di questo posto?
Innanzitutto mi sento molto vicina a questo posto perché è molto alternative, mi piace la sua storia, è “punk”! E’ importante per me suonare in posti come questo; suono anche in club più classici, ma è in posti così che questo genere di techno è nata e si è evoluta.
In rete si legge ovunque che la tua cultura musicale è molto vasta e spazia fra molti generi. Come è avvenuto poi il passaggio all’elettronica? Come hai deciso di intraprendere questa vita?
In realtà non ho mai deciso di farlo! E’ stato un percorso naturale quello che mi ha portato dove sono oggi. Ho scoperto la techno music andando da party in party e mi sono innamorata di tutto quello che concerne il clubbing: andare sempre in posti diversi, spesso non sapendo dove si sta andando, ballare tutta la notte, sentire musica che non avevo mai sentito prima… Tutto questo mi ha dato una grande sensazione di libertà, come se tutto fosse stato possibile nel mondo in cui vivevo. Non volevo lavorare dietro una scrivania perché il partying mi dava la possibilità di essere tutto quello che volevo. Con il mio gruppo di amici, ad esempio con The Hacker, eravamo sempre in giro, sempre a qualche festa, sempre a ballare e fu proprio il mio ragazzo dell’epoca a spingermi a suonare perché conoscevo molti dischi, le labels ed ero molto appassionata. Così i miei amici mi spinsero verso il Djing. All’inizio presi tutto molto alla leggera, non ho mai smesso di andare a ballare, di uscire, ho sempre ricordato da dove venivo e chi ero… Poi la mia musica iniziò a funzionare. Cominciai a suonare sempre di più e quindi a guadagnare qualcosa: a quel punto capii che era diventato un lavoro!
Ripercorrendo la tua discografia si nota un cambiamento molto profondo che riguarda molti aspetti della tua musica. Cosa c’è alla base della tua musica? Come definiresti il tuo sound?
Ci sono due cose da prendere in considerazione: il mio sound come Dj e il mio sound come songwriter. Sono due cose molto diverse e spesso la gente trova difficoltà a scinderle. Come Dj sono influenzata da tutta la buona musica, quindi posso avere un sound molto minimal, con un’impronta industrial, sperimentale o anche molto pop. Come songwriter, ed è importante sottolineare “songwriter”, cerco di scrivere canzoni con incursioni elettroniche. Sento il bisogno di scrivere pezzi legati alla musica che mi ha fatto ballare per anni.
Nel 2004 nasce l’etichetta “Nobody’s Bizzness”. Cosa ci puoi dire sulla sua nascita?
E’ molto semplice: ho creato la mia label per essere libera! Avendo creato la mia label non dovevo più perdere tempo con i diritti sulle mie produzioni, erano mie!
Purtroppo non ho tempo di produrre anche altri artisti: quando si ha una label, il problema è riuscire ad occuparsi anche degli altri. Non voglio ritrovarmi ad essere sempre occupata con la mia musica e poi rendermi conto che non mi sto curando abbastanza degli altri artisti. Lo farò quando avrò più tempo.
The Hacker è uno degli artisti con cui hai lavorato di più. Come è iniziata la collaborazione?
Per caso. Mi era stata chiesta una traccia per una compilation e avevo bisogno di qualcuno come “The Hacker”: era l’unico artista che conoscevo in città in grado di soddisfare le mie esigenze. Tutte le collaborazioni che ho portato avanti sono iniziate quasi per caso. Ad esempio conobbi Felix da Houscat ad un festival. Lui all’inizio non sapeva chi fossi e del resto, non mi aspettavo che lo sapesse; ma quando mi sentì chiamare “Kittin” mi disse qualcosa come “La Miss Kittin di Frank Sinatra?! Grandioso!” e il giorno dopo eravamo già in studio a fare musica.
Nella tua vita oltre all’elettronica hai seguito molte forme d’arte. Hai suonato per qualche anno il pianoforte, hai fatto danza per moltissimi anni, hai studiato arte contemporanea, graphic design e molto altro. Come pensi si ripercuota tutto ciò sulla tua musica?
Io penso semplicemente che se si è artisti nel profondo allora qualsiasi cosa è arte: puoi scrivere libri, dipingere, fare quello che vuoi. Penso da una parte che io sia nata con un lato artistico nel profondo, ma dall’altra anche che sia stata influenzata da mio padre, perché sono praticamente cresciuta osservandolo mentre dipingeva. I miei familiari capirono subito che ero una sognatrice, una bambina con molta fantasia, quindi mi lasciarono essere quello che ero. La mia infanzia fu un po’ caotica quindi la creazione, l’arte era per me il modo per evadere dalla realtà. Mi stavo creando il mio mondo personale. Mi resi poi conto che per essere quello che volevo e per esprimermi al meglio dovevo lavorare duro, e così feci!
Quindi tutto può essere visto come un’espressione artistica: cucinare, dipingere, scrivere libri… tutto quello che uno vede come arte è arte!
In questi anni sono state molte le esperienze positive e negative che ti hanno segnato. Di conseguenza a questa bufera di eventi, come pensi siano cambiati il tuo modo di essere e la tua personalità?
Questa è un’ottima domanda! Io penso si impari sempre qualcosa, in qualsiasi momento. Ogni problema che hai ti insegnerà sempre come essere migliore; se uno non avesse mai problemi allora non crescerebbe mai, non migliorerebbe mai, sarebbe sempre in uno stato di relax controproducente. Quello che ho imparato dal mio lavoro è che si deve sempre ascoltare se stessi e non andare dietro alla fama, alla gloria e non si deve tantomeno permettere di venir consumati dalle proprie passioni. Si deve ascoltare il proprio corpo: ad esempio io con il tempo mi sono resa conto che non posso suonare tutti i fine settimana come una matta perché mi stanco, e se sono stanca non scrivo buona musica, non suono al meglio. Quindi, ho imparato a prendere le giuste distanze dalla vita notturna, a ritagliarmi i miei spazi per riflettere, per vedere gli amici, per farmi una camminata o per ascoltare musica. In questo modo sono più produttiva: lavoro di meno, ma lavoro meglio! Ho capito come funziono e ho adattato la mia vita alle mie necessità. Non voglio essere una schiava del Djing, voglio vivere, voglio andare a dormire alle 10, se ne ho voglia. Il punto è capire come essere felici per se stessi. Nessuno può sapere di cosa hai bisogno, solo tu puoi. Ci si deve sedere davanti ad uno specchio e chiedersi “Cosa c’è di sbagliato nella mia vita? Come posso essere più felice?”. In questo modo ho una vita migliore… Ogni volta che c’è qualcosa che non va cerco di capirne il motivo e questo per me è molto eccitante, è molto creativo. Cercare di essere felici è un tipo di creatività; la felicità non viene da sola, devi lavorare tu per raggiungerla. E’ un po’ un gioco di logica, un po’ come giocare a scacchi!
Sono perfettamente d’accordo con te!
Cambiando discorso e parlando di una delle tue tracce più note: adoro il modo in cui dici “You know Frank Sinatra? He’s dead! dead!” e poi ridi. E’ sensuale, fantastico! Ricordi come è nata quella traccia?
Assolutamente si! Facemmo il pezzo nel negozio di dischi di un amico; al piano di sopra aveva uno studio. Fatta la traccia mancava un testo. Arrivata a casa, lo scrissi in maniera molto spontanea, anche se mentre ne buttavo giù una bozza pensavo: “Questo testo è assurdo, Michel non mi permetterà mai di cantare una cosa simile!”, invece non so bene perché, ma funzionò alla grande. Per quanto riguarda la scelta del nome “Frank Sinatra”, avevo scritto già “The V.I.P. Area” quindi mi serviva un nome di un artista che finisse per “a”. Se avessi scritto “Sniffing in the VIP area, we talk about Madonna” non avrebbe suonato bene, lo senti no?! Invece poi ho provato con “Sniffing in the VIP area, we talk about Frank Sinatra”… ho pensato “E’ perfetto!”. Poi in realtà non scrissi in quel momento “he’s dead ahahaha”, ma lo dissi e mi misi a ridere mentre stavamo registrando; non era neanche morto a quel tempo, quindi lo lasciammo. Qualche anno dopo, circa 10 anni fa, lessi la sua biografia e ho capito che Sinatra non è stata per niente una buona persona, è stato più che altro uno stronzo : era odioso con le donne, è stato un bastardo con Mia Farrow, un uomo orribile con Marilyn Monroe, era un uomo molto egoista, aveva contatti con la mafia, quindi sinceramente non mi sento per niente in colpa nel ridere dicendo che è morto. (Ride)
Come mai hai scelto proprio Rob Roger per la copertina di “BatBox”?
L’ho conosciuto durante uno show a Parigi, stava presentando una collezione di abiti e ho dovuto fare alcune foto indossando i suoi capi. Poi ci siamo presentati e siamo subito andati d’accordo, quindi abbiamo iniziato a parlare di un’ipotetica collaborazione. Lui è un ex skater, un ex punk quindi abbiamo parlato molto di punk e rock‘n’roll e fra le altre cose, dissi che stavo lavorando al mio nuovo album e lui disse una cosa come “Oh, mi piacerebbe molto lavorare sulla copertina!”. In quel periodo c’era la possibilità che Rob dovesse lavorare alla cover di “American Idiot” dei Green Day ma poi non se ne fece niente, anche perché trovava più divertente e interessante lavorare sulla copertina di BatBox.
Cosa ci proponi questa sera? Cosa hai in mente?
Non lo so… Ho una traccia nuova… In ogni caso mi piace molto non sapere cosa sta per succedere. Mi piace vedere come reagisce il pubblico sul momento. Vedrò direttamente in console cosa fare.
English Version:
“I want to go to bed at 10 o’clock if I want” this is, in my opinion, the hub of all that Miss Kittin told us before she started to play at Brancaleone. A mature artist who knows exactly what she wants from her music and who perfectly Knows how to use her body and her mind. I want to be honest: the first time I heard Miss Kittin at Brancaleone I was puzzled, like if something was missing, something that turns a night on a great night. Probably I was not ready yet. Now I do not know what it changed, but one thing is certain: Saturday, 12th March 2011, Miss Kittin was amazing!
Gesaffelstein, introduced the artist with a particular and powerful set. Once Miss Kittin conquered the console she played stuff from the Martina Topley Bird’s “Baby Blue” to Daft Punk: a mixture of genres that all music lovers would love!
You have been playing at Brancaleone for several years. How do you feel when you play here? What do you think about this place?
First of all, I feel connected to this place because it is very alternative, punk, I like its history… For me it’s important to play in places like this. I also play in regular clubs all the time, but here it’s more alternative and this is very important because this techno music started in places like this.
On internet we can read everywhere that your music culture is particularly vast. How did the skip to electronic happen? How did you decide to do what you do?
I never decided to do that! I discovered techno music going to partys and than I was so in love with all the way of partying: going somewhere, sometimes you didn’t know where, dancing all night long, listening to music I’ve never heard before. All these aspects gave me a feeling of freedom like “Here everything is possible!”. I didn’t want to work in a office; going to partys made me feel that I could be whatever I wanted. I was with my group of friends, like The Hacker, we always were going to partys, dancing all nights. So my boyfriend pushed me to Djing because I knew all the tracks, I knew all the labels and I was very interested. I did it really for fun, but I never stopped dancing, I never stopped going out… Than it worked, I was asked to play more and more so I started to earn a little bit of money and I realised that it was a job and I focused on that.
Reviewing your productions, we notice a very deep change in many aspects of your music. What is there behind your music? How would you describe your sound?
There are two things: my sound as DJ and my sound as songwriter. They are different, and it is hard for people to separate these two aspects. As a Dj I am inspired by all good music that comes out so it can be very minimal, with industrial sounds, experimental or very pop. As a songwriter, it’s important to say “songwriter”, I’m traying to write songs with electronic sound. I need to write songs with the music I’ve been dancing for the past 20 years.
In 2004 you founded the label “Nobody’s Bizzness”. Can you tell us anything about its birth?
It’s very simple: I created my label to be free! I created my label so I wouldn’t have to sell the rights of my songs. I don’t have time to release music of other people because I know how it is when an artist has a label: you have to take care of other artists. I don’t want to release music and have artists that I’m not taking care enough of. So, I will do that when I’m less busy.
“The Hacker” is one of the artists you worked more with. How did the collaboration start?
By accident. Somebody asked me for a track for a compilation and I didn’t know how to make music so I called the only boy in town I knew at machines, and he was The Hacker. Than I met Dj Hell and he asked me for more music. All the collaborations I made were really accidental. I met Felix da Housecat in a festival. At first, he didn’t know who I was, but when he heard the name “Kittin” he realised, it was like “Miss Kittin from Frank Sinatra? Oh my god, cool!”. So, the day after, we were in the studio making music!
In your life as well as the electronics you followed many forms of art. You played piano for some years, you danced for many years, you studyed contemporary art, graphic design and more. How do you think all this forms of art influenced your music? Where is the connection?
I think when you are an artist deep inside, everything is art! You can write books, you can paint… I suppose, I was born in this way, but also my grandfather was an artist and I grew up watching him drawing. My parents felt I was a big dreamer, I had lot of imagination so, they let me be what I was. My childhood was chaotic so art was the way to escape from reality. I was building my own world. I realised that if I wanted to be free, to do what I want and express myself, I had to work very hard, as I did. Anything can be an expression of art: coocking, drawing, writing… whatever you want!
In recent years, many positvie and negative experiences marked you. As a result of this storm, how do you think you changed the way you are and your personality?
That’s a good question! I think you learn all the time. All the problems you can have always teach you how to be better: if you had no problem you wouldn’t never learn, you’ld just relax… So in my job what I learned is to listen to what you feel and not to listen to fame, glory etcetera. You have to listen to your body: I know I can’t Djing every week-end like crazy, because I get to tired, and if I am tired I can’t make music, I can’t Dj at my best! So I learned to take distance from night life and make some space in my life for beeing lazy, for meeting my friends, for walking in the streets, listening to music, in this way I am more productive. I’m better at my work if I’m not working too much… I work less, but I work better! I adapted my life to what I am. I don’t want to be a slave of Djing, I want to go bed at 10 o’clock if I want. You have to learn how to be happy, only for you; nobody can know what you need, only you. You have to seat in front of the mirror and say “What’s wrong in my life? How can I be happier?”. In this way I just have a better life. Everytime something is wrong I ask myself “Why? How can I change it?”, and this is very exciting, it is very creative. It’s totally artistic to do that. To be happy is creative! Happiness is not coming, you have to work for it. It’s like playing chess.
It’s really interesting, I am totally according with you.
Now let’s talk about one of your best known track. I love the way you say “You know Frank Sinatra? He’s dead! dead!” and than you laugh. It is sensual, fantastic! Do you remember how the track was born?
Yeah, I do! We did the track in a record store of a friend, on the mezzanine there was a studio. So we made the track, but it missed lyrics so, I went home and I wrote this very spontaneously. While I was writing it, I was thinking “This is a joke, Michel will never let me sing that!” but, on the contrary, it works!
I chose“Frank Sinatra” because I wrote “ the V.I.P. area” and than I needed a name of an artist ending in “a”. For example if I would say “Sniffing in the VIP area,
we talk about Madonna” it wouldn’t sound good, you know?! So than I wrote “Sniffing in the VIP area, we talk about Frank Sinatra”… It is so rhythmic. But I didn’t write “he’s dead ahahaha”, I said it while we were recording, and he was not dead yet at that time. Later, about 10 years ago, I red his biography, and I realized he was not a very nice person. He was actually an asshole, he was horrible with women, he was horrible with Mia Farrow, Marilyn Monroe, he was very egoistic, dealing with Maffia… So, I didn’t feel bad saying he was dead after all. (loughing)
Why did you choose “Rob Roger” for the cover design of “BatBox”?
Because I met him in a show in Paris, he presented a collection of t-shirts and the company asked my to take a picture wearing the clothes, so than we met. We naturally talked about working together. He is an old punk, skater so we talked a lot about punk and rock ’n’ roll. Than I said “I’m doing my new album!” and he was like “oh I would love to do the cover!”.
What are you gonna do this night?
I don’t know! I have a new track… I love to not know. I love to see how people in front of me react to what I do. I’ll see directly live!