A distanza di trent’anni dalla jam Indelebile 94, vera e propria Woodstock per il rap italiano che si tenne a Rimini nel luglio del 1994 al Parco Marecchia, proprio partendo da quell’evento ancora una volta si celebra l’energia della cultura hip hop. Siamo stati invitati al cinema CityLife Anteo di Milano alla proiezione di “Booliron, Hip hop in Riviera”, documentario che nasce proprio dal racconto e dalla celebrazione di quell’evento, e ad accoglierci erano presenti i protagonisti di questa pellicola. Il film attinge a materiale proveniente da oltre una decina di archivi, tra privati e pubblici, portando agli spettatori diverse fonti: riviste, articoli, video, fotografie e locandine in gran parte inedite. Menzione particolare va ad Eron, uno degli artisti italiani tra i più virtuosi interpreti dell’arte figurativa e della pittura contemporanea internazionale: durante la proiezione si possono ammirare alcune delle sue opere che toccano temi politici e sociali attraverso immagini leggere e armoniche. Ecco il teaser e più sotto la locandina, firmata proprio da Eron, poi proseguiamo:
Indelebile 94 segnò una definitiva presa di coscienza per questa cultura che, in Italia, iniziava ad allontanarsi dai centri sociali, dove inizialmente aveva preso piede, dando vita a nuove tendenze e dinamiche. “Booliron” è tra le altre cose il titolo di una traccia diventata un inno in quel periodo di Stefano “Word” Serio che ha come ritornello: “Buttati, buttati nel booliron / mi balla il sangue, Booliron”. Di conseguenza la parola “bulirone” è azzeccatissima per sottolineare il ribollire ed il divertimento senza barriere. Non solo: in Romagna c’era già una strutturatissima club culture che contava direttori artistici di forte personalità, tra questi Lucas Carrieri che chiamò a raccolta gli allora writer “di strada” per le grafiche promozionali del suo locale Barcelona. Non da meno Gianni Fabbri che, approfittando del loro tour estivo, portò al suo “Paradiso” i Public Enemy, e poi Ice Cube allo “Slego”. La stampa in quegli anni scrisse di questi eventi come di un qualcosa di alieno, parlando giusto delle questioni di ordine pubblico legate al fenomeno (e l’esibizione di Ice Cube a Rimini fu parecchio movimentata…), non comprendendo l’importanza di due pesi massimi e leggendari per il rap che arrivano finalmente in Italia. Due colossi americani che vennero apprezzati solamente dai presenti in Riviera, aumentando di conseguenza il coinvolgimento in questa cultura. Buliron, usando la grafia corretta e non “americanizzata”, è una parola che deriva dal dialetto romagnolo che significa “unire oggetti alla rinfusa, in situazioni di caos”. Non solo oggetti, in caso, ma anche contesti: come quelli raccontati nel film. Contesti che generavano un’atmosfera elettrizzante ed esplosiva nelle serate rap di quel periodo.
Il fermento creativo e culturale era in crescita, in quegli anni, e lo testimonia anche il programma condotto da Master Freez su Match Music, dove viene intervistato, tra gli altri, DJ Kool Herc padre della musica Hip hop. Ma non solo: si mettevano basi, si faceva scratch, si ballava breakdance, si improvvisava freestyle, tutto con un concept ed uno sfondo molto americani.
“Booliron” è pensato come un contenitore di storie apparentemente caotiche, dove si sovrappongono diversi artisti e vicende varie, legate alla crescita di questa cultura nel nostro Paese. Prodotto da Flash Future, “Booliron” vede la regia e la sceneggiatura di Francesco “Kambo” Figliola e le testimonianze di diversi artisti: da Tormento a Dj Double S, dai Colle der Fomento a Polo, da Esa a Master Freez. Fermarsi agli stereotipi musicali della riviera romagnola legati esclusivamente e genericamente alla “discoteca” non fa percepire l’appeal culturale di quell’area, e di quegli anni.
Pochi riconoscono e sanno che tra gli anni ’80 e ’90 proprio la Riviera è stata la culla che ha ospitato contaminazioni di vario genere, a partire dalle declinazioni di una cultura hip hop allora ancora in fasce di nascita e di evoluzione. Il territorio e la società romagnoli hanno abbracciato giovani artisti provenienti dalle scene rap di Torino, Milano, Roma, Bologna e Napoli, senza sapere che negli anni a seguire avrebbero ispirato, da protagonisti, l’arte e il panorama musicale della cultura oggi forse più mainstream in Italia, soprattutto tra le giovani generazioni. Tormento racconta: “È stato bellissimo partecipare a “Booliron” e sembra non essere passato un giorno da quel luglio del ’94. All’epoca ero davvero piccolo e i Sottotono uscivano dal loro primo vero successo con “La mia coccinella”. L’aria che si respirava in quel periodo la porto ancora con me oggi e mi spinge a ricercare quella spontaneità che contraddistingueva l’hip hop italiano”. Come racconta Piotta: “Quell’incontro fu uno spartiacque. Dopo Indelebile esplode la Golden Age italiana perché ognuno scopre che c’è un altro come lui”. “Questo raduno, per la prima volta, univa tutte le arti dell’hip hop” ricorda Esa, che in quegli anni faceva scuola con gli Otierre.
I limiti di un’operazione amarcord come questa? Il pubblico interessato è prima di tutto quello che ha vissuto direttamente o indirettamente quegli anni e quelle esperienze: Il rischio si traduce nel portare in sala spettatori affezionati a quel preciso fotogramma sociale e musicale. Tuttavia, mantenere viva una memoria ha sempre effetti imprevedibili: le emozioni suscitate attivano e riattivano un senso di appartenenza e un dibattito stimolante che mantiene alta l’asticella di molti artisti di esperienza, e potrebbe addirittura fare da stimolo per quelli di nuova generazione. Resta comunque difficile portare in sala un pubblico giovane, soprattutto in occasione di questi eventi. Eventi che sembrano, apparentemente, così lontani da quello che viviamo oggi. “Booliron” rimane un’operazione che fa riemergere la vera essenza della cultura hip hop e restituisce linfa ad un passato non troppo distante dall’epoca dei social. La domanda principale è: quanto la cosa potrebbe interessare, oggi?