Bisogna sempre ricordare che Prologue, realtà ormai paragonabile ad un’istituzione all’interno del panorama techno europeo, nasce nel primo 2009 e muove i suoi primi passi attingendo a mani basse dalla scena Italiana, prendendo in un certo senso un testimone da Elettronica Romana, che proprio in quegli anni segnava, non dico una battuta d’arresto, ma senza dubbio un sensibile rallentamento dell’attività produttiva. Trovarono subito spazio infatti, artisti come Modern Heads, Dino Sabatini, Donato Dozzy e Giorgio Gigli, tanto per dirne alcuni, personaggi che definirono da subito quale sarebbe stato il percorso che la label avrebbe intrapreso negli anni a venire e che avrebbero spianato la strada ad altri artisti italiani posizionati fuori dai confini romani, quali Ness, Claudio PRC e Obtane. Il risultato è che oggi, a mio parere, chi in Europa vuole fare space-techno ipnotica e acida, la fa come si faceva qualche anno fa su Elettronica Romana, e questo filone, oggi da vita alla figura artistica di Abdulla Rashim, che dopo due soli EP sulla sua etichetta, approda sui lidi di Prologue con un EP di tre tracce: “Weldiya EP”.
Tre tracce di matrice analog, che riflettono in maniera coerente il periodo buio che il genere umano sta attraversando. Il senso di oppressione è senza dubbio il mood predominante. Bass-line acide e ripetitive trasportano in un piano cognitivo che va ben oltre la percezione della realtà circostante. Sembra di poter visitare metropoli affollate da esseri umani indaffarati e presi da problematiche ingigantite dalla superficialità, carattere che ormai contraddistingue i nostri tempi. Sembra di conoscere cosa sta loro per accadere, ma non poter fare niente per avvertirli. Non ho scritto molte recensioni, ma nel tempo mi sono accorto che odio descrivere i dischi traccia per traccia, tentando di raccontare più o meno cosa succede nell’arco di nove minuti. Anche perchè nei dischi che descrivo io, nell’arco di nove minuti spesso e volentieri non succede niente.
I lavori come questo sono strumenti per l’ipnosi, portali per accedere ad una visione condivisa della realtà delle cose. Quello che scrivo non deve descrivere, ma destare curiosità, lasciare porte aperte all’interpretazione personale e permettere al disco stesso di fare tutto il resto.