Alla fine non ce l’ha fatta: dopo una battaglia con un tumore al colon, che aveva già generato un fund raising per aiutarlo nelle cure, José Padilla ci ha lasciati. Che poi, è paradossale (e triste) che lasci così in punta di piedi, con arresa umiltà, completamente fuori dal sistema che ha trasformato Ibiza in una macchina da soldi: un sistema che lui stesso ha, involontariamente, contributo ad avviare. C’è infatti tantissimo dei primi “Café Del Mar” nel fascino di se stessa che Ibiza ha imparato a vendere al mondo. Il senso di vacanza, di aerea felicità, di calda comunione, lì dove i problemi e le ansie annegano, felicemente: nel mare prima, come il sole, e nella notte poi. C’è tutto questo – e non solo i superclub – fra i motivi che hanno spinto un’infinità di persone ad atterrare alle Baleari da trent’anni a questa parte, a partire dai primi tizi (giovani, cazzoni, ma sensibili al bello e pieni di spirito d’iniziativa) in gita nel 1986 dall’Inghilterra che poi, folgorati&illuminati e coaudiuvati dalle sostanze, esportarono il tutto, dando vita alla vera diffusione di techno e house nel nostro continente.
A ricordare il lato chill di Ibiza, non quello euforico ed euforizzante dei dancefloor, era simbolicamente proprio Padilla più di tutti, erano i suoi “Café Del Mar”, era la sua visione della musica. Si trattava di un’altra faccia della stessa medaglia, una faccia complementare a quella dalla cassa in quattro: erano diverse, apparentemente opposte, ma si completavano e soprattutto si nutrivano a vicenda. Ad un certo punto in questa virtuosa “catena alimentare” qualcosa è andato storto: da un lato i Café Del Mar, dal settimo volume in poi non più affidati a Padilla, sono diventati musica da aperitivo per professionisti rampanti; dall’altro il sistema industriale delle agenzie, dei PR, delle superstar dj ha iniziato a dettare le regole, e come “effetto collaterale” urbanistico alle spalle del Café Del Mar sono nati mostruosi grattacieli-condomini-vacanza buoni a massimizzare i fatturati e assolutamente perfetti nell’essere il contrario di quello che lo spirito del Café Del Mar padilliano era – ma riempiti di turisti proprio dall’illusione della “bella vita”, del “tramonto dolce”.
Ci sta. Le cose cambiano. Vanno a cicli. Ma c’è qualcosa di sbagliato se chi ha reso Ibiza magica più di altri ha dovuto, negli ultimi mesi della sua vita, chiedere sommessamente un aiuto finanziario. Magari aveva guadagnato un mare di soldi e li aveva dissipati, magari era lui che si era gestito male; magari no; ma non è questo il punto.
Il punto è che il business, come spesso succede, non guarda in faccia ai valori, alle emozioni ed alla storia, ma guarda in faccia alla redditività. Non ne siamo sorpresi. Anzi: per certi versi è anche giusto che sia così. Non si può cristallizzare qualcosa o qualcuno in eterno, solo perché è “bello”. Le energie nuove (e le bellezze nuove!) nascono dai cambiamenti, dalle evoluzioni. Ma in questo momento, nel salutare Padilla, è giusto mettere un pensiero in più su cosa ha rappresentato, e su quale fine stia facendo ciò che rappresentava. Se dobbiamo andare “Lontano”, il punto è anche capire se lo stiamo facendo del tutto nella direzione giusta.