“Music for the other people place”.
“Umh. The other people place…”, ripeto tra me e me, curiosa. C’è un’assonanza particolare. Ovvero, il progetto in solo di James Stinson (l’altra metà dei Drexciya, insieme a Gerald Donald) si chiama esattamente The Other People Place. Molto interessante. Non può essere una casualità.
Ma andiamo con ordine. Sul profilo privato di Alek Stark compare all’improvviso questo link: musicfortheotherpeopleplace.com. Appare così, in un semplice stato, senza alcuna descrizione, come se non fosse altro che un semplice link da condividere sui social network. La presentazione è semplice, le cose però risultano essere ben più articolate. In fondo, stiamo parlando di Alek Stark: lo stesso Stark fondatore di Headspin e Star Whores Record prima, di Fundamental Records dopo (…e qui vi abbiamo dato molti elementi per conoscere meglio quest’ultima).
Era il 2001 quando “Lifestyles Of The Laptop Cafe” feceva il suo debutto sul mercato, a nome appunto The Other People Place. Passava solo un anno e, il 3 settembre 2002, James Stinson dava l’addio a questa terra. Perciò, un po’ per come è avvenuto per “Grava 4”, l’ultimo album dei Drexciya, tutti (noi) fan di Stinson siamo (nostalgicamente) affezionati a quel moniker così come a quel disco. “Lasciami essere quello che voglio essere” canta una voce durante tutta “Let Me Be Me”, una delle tracce dell’album; ed è proprio da questa frase che deriva il collegamento con il progetto “Music for the other people place”.
Aprendo il sito ciò che troviamo è un menù composto da nove voci: The Experiment, Manifesto, A Tribute, For Our People, Music, Artwork, Video, Code, e Shop.
Cliccando sulla voce A Tribute, quello con cui ci scontriamo è una toccante dedica allo stesso Stinson: Alek spiega infatti che il progetto è (anche) un omaggio a un artista che “…è stato benedetto dal dono di riuscire a creare musica con la mente completamente priva di pregiudizi, portando la sua musica al di là di ogni categorizzazione”.
Prendendo la figura di Stinson come linea guida, possiamo a lui collegare un altro punto fondamentale dell’anatomia del progetto concepito da Stark. L’identità dei due membri dei Drexciya è stata per anni sommersa, giusto? Alek Stark sostiene che l’anonimato possa amplificare la libertà di espressione: liberandosi dalle catene di un unico alias, l’artista potrebbe abbandonare inibizioni e preconcetti, riuscendo ad evadere dalla prigione artistica-mentale. Be’, James Stinson non aveva bisogno di sentirsi al sicuro all’interno di un solo progetto efficace; al contrario, sapeva bene che usando nomi diversi per i suoi progetti avrebbe garantito alla musica la libertà che meritava.
Ecco, quale modo migliore dunque di onorare l’eredità lasciateci da James Stinson, se non quello di donare libertà creativa agli artisti che hanno scelto di fare parte di questo progetto? Un progetto che deve essere inteso semplicemente come un omaggio a qualcuno che ha combattuto per la causa della libertà creativa.
Ma “Music for the other people place” è ancora di più. E’ un omaggio agli artisti stesso che durante i prossimi dodici mesi faranno parte di questo esperimento, che con coraggio hanno scelto di aderire ad un progetto estremamente lontano dalle logiche del mercato musicale. Perché questo progetto, ci tiene a sottolineare Alek, è un esperimento. Un esperimento sonoro in cui parteciperanno sei artisti di cui non si saprà l’identità e che potrà essere svelata solo da loro stessi in un futuro ancora indeterminato (puoi scoprire come qui).
Nei prossimi dodici mesi verranno pubblicati periodicamente dodici vinili: undici volte un 12” (e non degli EP, ma il formato sarà esplicitamente quello dell’album, per dare il giusto “respiro” sonoro), mentre l’ultimo sarà un 7”. Unica prerogativa di “Music for the other people place” è che l’artista non abbia nessun tipo di limitazione, nessuna impostazione di suono, cosicché possa esprimere al meglio chi è scegliendo, perché no, anche di mostrare un altro lato del proprio “io” creativo, diverso da quello abituale, qualora lo ritenesse necessario.
(i vinili di The Other People Place; continua sotto)
Ma tutto questo, con quale scopo? Perché rischiare che un progetto di una tale complessità rimanga nell’ombra? Perché rischiare, con la scelta dell’anonimato, che non gli venga dato il giusto peso? Perché oggigiorno, quando manca il nome in copertina, diventa tutto un po’ più difficile. I dischi vengono stampati con l’ambizione di vendere centinai di copie, se non migliaia, ma al di questo il punto è che l’esperienza di ascoltare un nuovo disco senza informazioni a riguardo cambia, in qualche modo, le carte in tavola: non resta altro che la musica. Non vi sono altri mezzi tramite i quali promuovere o guidare le vendite (…e influenzare gli ascolti). Il superfluo viene sacrificato in nome dell’essenza.
La spiegazione si estende anche al di là del progetto in questione, si amplia fino alla filosofia dietro la Fundamental Records. Si, perché la Fundamental, non è un etichetta come tutte le altre: è musica, è design. Anno di nascita 2010; la label dimostra fin da subito un’attitudine verso l’electro dalle sfumature ambient, abbinata a packaging studiati ad hoc per ogni release (che a loro volta sono scelte e selezionate esclusivamente da Alek Stark), release vendute rigorosamente assieme a gadget come record bag, t-shirt, slipmat, eccetera eccetera. E’ il tipo di packaging a fare comunque davvero la differenza: scatole serigrafate di legno (per la “Time Capsule 808 Box”), copertine in plexiglass, persino una replica della drum machine Oberheim DMX.
In “Music for the people place” ritroviamo molto dell’approccio usato per Fundamental Records. L’obbiettivo finale è comunque di offrire all’ascoltatore un opera senza distorsioni esterne, per proteggere i creatori e la loro indipendenza creativa dai limiti o dalle regole imposte dall’industria musicale favorendo, quindi, un ascolto puro.
Alek Stark nel Manifesto del progetto affronta anche il paradigma/problema dell’innovazione. Il suo pensiero dimostra grande lealtà nei confronti della musica: “L’innovazione non è l’obiettivo. L’obiettivo è invece, concedere al creatore e all’ascoltatore una libertà totale. Tuttavia, l’innovazione può essere un effetto positivo del processo creativo svolto in un ambiente di totale libertà”.
“Music for the other people place” è probabilmente l’anti-marketing per il grande pubblico, ma è il marketing il più efficace per chi vuole cibarsi di musica senza contaminazioni, per chi non è interessato a chi o a come ma solo a ciò che “il chi e il come” sono riusciti a creare. E’ anche un progetto per i più malinconici, spiega Alek: per chi collezionava da prima dell’mp3, prima di Discogs, quando si potevano acquistare dischi solo sporadicamente, senza aver la possibilità di sapere tutto sull’artista o sull’etichetta. Quando insomma le tante domande forse, rendevano tutto più prezioso. Fa riflettere, il tutto: ora che il mercato del vinile sta riacquistando vigore, ora che quantità enormi di dischi vengono stampati mensilmente, ora che si specula sul nome, si specula sulle ristampe, si specula sui dischi limitati, abbiamo bisogno dell’esclusività di progetti come questo e di label come Fundamental per sentirci nella parte attiva (e giusta) del mercato? Forse.
Personalmente credo che Fundamental e “Music for the other people place” siano pensati per un ascolto domestico, intimo e personale, non per essere suonati sui giradischi dei club. Sono pezzi da collezione, dischi dedicati a chi comprende profondamente il senso di questi progetti.
“The music for The Other People Place, is music created by people who do not need presentation or information about them or their work.
The music for The Other People Place is music created for people who do not need presentation or information about the artist or his work.
The music for The Other People Place is independent art aiming to inspire true underground evolution. It is music for the sake of music”
Qui gli snip dei primi tre album, qui sotto un primo assaggio video.