Nell’anno appena passato siamo stati al Tenax di Firenze in occasione di due anniversari molto particolari: il primo è il compleanno di Nobody’s Perfect, il celebre party del locale fiorentino che nel 2018 è arrivato a spegnere 19 candeline; il secondo sono i 50 anni di Francesco Farfa, un personaggio che non ha bisogno di presentazioni e che ha un rapporto di vecchia data con il club il questione. Oltre a tutto ciò, l’ultima stagione ha visto anche la nascita di un nuovo concept dal nome “You Look Good”, che si ripete con cadenza mensile sotto la direzione musicale (…e non solo) di Alex Neri. Vista l’occasione, subito dopo aver pubblicato il loro set di chiusura back to back nella nostra sezione Podcast abbiamo incontrato questi due artisti (colleghi, ma soprattutto amici), per farci raccontare come si è evoluto Nobody’s Perfect nel corso degli anni, quali sono le caratteristiche distintive di questo party e il punto di vista da chi lo ha vissuto dall’interno e quello di chi lo ha fatto dall’esterno.
Francesco Farfa
Facciamo un salto nel passato, hai suonato spesso per i party Nobody’s Perfect, ma ricordi ancora la tua prima volta al Tenax? Tu che nel corso degli anni sei stato più volte ospite, come l’hai visto evolversi?
Di serate al Tenax ne ho fatte veramente tante, in quanto il club in questione ha macinato eventi su eventi da più di trent’anni, sotto le varie gestioni. La mia prima volta è stata nel 92, con l’organizzazione di Ferruccio Belmonte e Marco L’Indiano: quei venerdì facevano una media di 2200/2400 presenze, con picchi da non starci dentro. Stiamo parlando davvero di festoni apocalittici. Il locale si è poi evoluto, rispettando i cambiamenti del clubbing e delle relative leggi di mercato. Quest’ultima gestione, che ha in mano il Tenax già da tanti anni, ha saputo mantenere degli ottimi standard. A livello tecnologico, e in particolare da questa stagione, data la collaborazione con K-Array, questo aspetto sta mostrando un carattere ancor più marcato.
Non suonavi al Tenax da qualche anno e sei tornato per due compleanni importanti, il tuo e quello di Nobody’s Perfect dove hai suonato insieme ad Alex Neri. In un post dopo la serata hai detto: non ci poteva essere club migliore per festeggiare il mio cinquantesimo compleanno. Com’è stato festeggiare questi due avvenimenti proprio lì?
E’ stato davvero un gran bell’evento e una sana esperienza… una esperienza “fresca”, direi. L’organizzazione mi mette sempre alla prova, in quanto ci sono delle dinamiche interne che spronano a dare sempre il meglio. Chi mi conosce bene sa che posso lavorare sia in megaclub che in club di nicchia, e il Tenax mi permette di muovermi in tante direzioni sonore. Questo significa poter disegnare tanti scenari con la musica.Festeggiare il mio cinquantesimo compleanno in questo luogo è stato come essere a casa, e tutto il personale del locale, oltre al pubblico, me lo ha dimostrato fortemente. Unire questi due eventi si è rivelata, di fatto, un’ottima idea.
Mi sbaglio però se dico che non sei un amante dei B2B?
Non ti sbagli, il B2b tutta la sera mi annoia. Va bene farlo una mezz’oretta, quaranta minuti alla fine, giusto per offrire un cameo al pubblico quando ci sono le condizioni giuste, ma è una cosa che non si può fare con tutti i DJ e in tutte le situazioni. Principalmente, è una questione indispensabile di feeling tra gli esecutori.
Con Alex comunque hai suonato spesso insieme anche in back to back. E’ capitato per caso, le volte che è successo, o è sempre stato deciso tutto prima? Vi conoscete da anni, qual è il vostro rapporto?
Per quanto riguarda i back to back fino al 2013 ci organizzavamo prima, perché era il format che avevamo deciso per tutta la serata. In occasione dei due compleanni 2018, con Alex, abbiamo convenuto per i due set separati più un’ultima ora B2B – quella che voi avete recentemente pubblicato nella vostra sezione Podcast. Per questa occasione non abbiamo pianificato niente e ci siamo affidati al fattore X. Il risultato è stato super: serata musicalmente organica e feedback eccezionale, a conferma che il conoscersi e l’esperienza sono sempre una buona ricetta. Con questa formula il B2B è risultato più sensato e piacevole. Con Alex il rapporto è ottimo e discontinuo: capita di non vedersi per anni, ma quando poi ci ritroviamo combiniamo sempre qualcosa di bello. Persistiamo nell’essere troppo poco perspicaci, continuando a non sfruttare al meglio questa potenzialità, ma è anche vero che poi ognuno di noi ha una vita propria da portare avanti e, tutto sommato, direi che anche cosi va molto bene, nel pieno rispetto reciproco.
In passato ad Alex ho chiesto qual è il suo rapporto con le nuove generazioni e sull’argomento tu hai scritto che è stato un onore poter “giocare” per le nuove generazioni di DJ. Tu che rapporto hai con i giovani e che cosa intendevi dire con quel “giocare”?
A mio avviso, il verbo più consono alla figura del DJ è quello espresso dall’idioma francese. Nemmeno in inglese è cosi peculiare, anche se i rispettivi “play” e “spin”, scindono in maniera chiara la mansione del musicista e quella del DJ. In Italia, da quasi tutti i DJ viene usato “suonare”, che trovo inappropriato e in alcuni casi anche indecente. In francese, il suddetto verbo è “jouer”, che significa grazioso, libero, perché lascia fluire il senso in molteplici direzioni. Non a caso il grande Cecchetto lo utilizzò con successo.Posso capire che “suonare” può dare una certa importanza o una determinata rilevanza a livello intellettuale, ma considero “giocare” più armonico con le componenti creative del DJ, quali fantasia istintiva, psicologia e manualità. Il mio rapporto con le nuove generazioni è ottimo e gioviale. E’ sempre emozionante l’avvicinamento con giovani del pubblico, quando esprimono il loro apprezzamento incondizionato: specie oggi, che conoscendomi meno, rendono questo gesto ancor più importante per me. Per quanto riguarda alcuni DJ che hanno un background più recente, mi è capitato di sentire frasi o vedere atteggiamenti esuberanti, nei confronti dei veterani. In questi casi le parole servono a poco. All’occasione, il veterano si impegna a fare bene il suo lavoro, a giocare a regola d’arte insomma, in maniera tale da riportare giusto equilibrio in quegli animi ancora “acerbi”. Sembra grottesco, ma pare che siano proprio i veterani ad essere, spesso, sotto esame anziché le nuove leve; ma questo fa parte del gioco, e va preso come stimolo costruttivo.
Nell’ultimo periodo ho notato che c’è stato un po’ un cambio di direzione del tuo sound e anche il nostro Podcast del tuo ultimo B2B con Alex al Tenax lo conferma. Inoltre sei tornato al vinile, e sei anche più attivo dal punto di vista discografico. Mi viene spontaneo chiederti se è successo qualcosa dentro di te – perché anche se non hai da dimostrare niente, sembra che tu abbia una gran voglia di fare cose nuove rimanendo comunque fedele alla tua linea.
La musica è sempre musica… Mi spiego meglio: il sound cambia come le stagioni o i periodi, ed è il riflesso dell’anima; il vinile è il supporto per eccellenza, e lo si utilizza ogni volta con particolare amore. Partendo da questo presupposto, nel corso del tempo cambiamenti e/o metamorfosi sono fondamentali per un DJ e la sua crescita. Ognuno, poi, vive il proprio percorso in maniera diversa, con le relative priorità. In questa epoca, io ricerco la genuinità nel pubblico, evocando una particolare cooperazione. Prendere in mano la musica e farla ruotare verso la mia essenza e il mio spirito, in maniera tale da connettere ancor più profondamente con chi ascolta e balla, è per me strettamente necessario oggi. Riconosco che non è sempre possibile esprimersi in un determinato modo, in quanto luoghi e persone (sia pubblico che addetti ai lavori), quali scenografie e attori nel grande film del nightclubbing, possono in alcune occasioni ostruire l’impegno e la continuità di questo “flusso”. Se c’è qualità nel tutto, l’espressione comunque brilla e in assenza di pregiudizio si può raggiungere il nirvana. Bisogna stare attenti a scegliere ed essere scelti dalle persone giuste, ecco. Questo insegna che è meglio rinunciare ad alcune situazioni, che non meritano e che non offrono una esperienza soddisfacente. Ho una “rilevante” esperienza recente, che mi ha fatto molto riflettere su questo concetto: dare a chi merita porta beneficio, meglio non dare a chi non merita. L’anima, in continuo processo evolutivo, influenza sempre ciò che si esprime come artisti; e in generale tutti, artisti e non, siamo specchio di ciò che viviamo. Se nella mia esperienza emotiva, umana e professionale – insieme al gusto musicale – viene riconosciuto ancora del valore, la cosa mi rende assai felice. E ringrazio.
(Sopra, immagine di copertina, Farfa in azione – qui invece Neri; la doppia intervista continua sotto)
Alex Neri
Partiamo dall’inizio: come e quando sei diventato resident di Nobody’s Perfect?
Lo sono diventato per strane coincidenze di vita. Un po’ perché al tempo avevo già fatto parte di realtà come Penelope Insomnia, Torquemada e altre ancora; un po’ grazie a una certa Ornella Cicchetti: grazie alla quale, insieme al mio socio Jacopo Monini, devo buona parte del mio successo. Ornella faceva parte di un’agenzia inglese molto forte al tempo e ha sposato la mia causa da subito, dandomi la possibilità di suonare nei posti più influenti del mondo, tra cui l’inizio di Nobody’s Perfect. Quando si dice il destino!
Nel corso degli anni la tua carriera ti ha dato un sacco di soddisfazioni su più fronti, ma sempre a proposito di Tenax e Nobody’s Perfect quanto pensi che questo club e questa serata abbiano influenzato il tuo percorso artistico e personale?
Penso moltissimo. Perché grazie all’evoluzione di Tenax e alla sua programmazione attenta alle novità e al progresso, sono sempre riuscito a rinnovarmi e ad evolvermi artisticamente parlando, senza mai “sedermi” su quello che avevo già fatto o stavo facendo. E secondo il mio punto di vista, questo è un aspetto fondamentale per ogni artista.
Hai detto più volte che suonare al Tenax ti “spaventa” – detto fra virgolette – sempre. Se penso che hai calcato le console di tantissimi locali in tutto il mondo, e anche moltissimi palchi con i Planet Funk dal vivo, mi viene spontaneo chiederti che cosa c’è di diverso quando sei nel tuo club…
Al Tenax si respira aria di famiglia, ma al tempo stesso sai che ogni volta stai per essere giudicato da un pubblico molto attento. Questo ovviamente, come dicevo prima, dà ai DJ lo stimolo per evolversi e per cercare di fare bene il proprio mestiere, tenendo alta la concentrazione ogni volta che ci si esibisce. Per questo motivo nonostante gli anni passati dietro quella console sono sempre in tensione, prima del set.
Dalla sua nascita ad oggi Nobody’s Perfect ha ospitato una miriade di artisti, anche molto diversi tra loro: quali sono stati secondo te quelli che hanno contribuito di più alla crescita del party? E quali sono stati quelli che ti hanno influenzato di più, e perché?
Uno di quelli che mi ha più colpito e in qualche modo allargato le vedute in campo musicale è stato DJ Harvey, che rimane per me un amico e una vera icona nel mondo dei DJ. Un altro con il quale ho condiviso moltissimi momenti e in qualche modo contribuito a far accrescere la fama del locale è sicuramente Ralf.
Al Tenax ti sei sempre contornato di giovani, e questa è una cosa che purtroppo non fanno molti tuoi colleghi della tua generazione, non solo in Italia. Inoltre, Nobody’s Perfect ha una squadra di giovani resident molto apprezzata. Tu che rapporto hai con i giovani artisti? Oggi c’è un livello di preparazione maggiore rispetto a prima?
Ho un bellissimo rapporto con i giovani in generale, e da loro prendo moltissimo. Sono un altro grande stimolo e per quanto riguarda i resident è vero, il livello è ancora più alto adesso. Devo dire però che secondo il mio modesto parere alcune volte si prendono troppo sul serio, e non pensano che alla fine di tutto quello che conta di più è divertirsi!
Con il direttore artistico del Tenax, Jacopo Monini, parlavamo del fatto che per quest’anno Nobody’s Perfect ha un’animazione e un concept ancora più particolare, e anche tu stesso ne sei stato un co-ideatore. La prossima stagione festeggerete i 20 anni del party di cui hai contribuito a creare la storia: quali sono gli obiettivi che vi siete posti per il futuro, e a cosa state lavorando?
L’obiettivo è quello di portare il nuovo concept “You Look Good” in giro per il mondo. Questo è in assoluto il mio prossimo obiettivo.
Prima di salutarci voglio chiederti una cosa che può sembrare banale ma so che per te non è affatto semplice: se dovessi scegliere una parola e un disco per descrivere e riassumere che cos’è Nobody’s Perfect, quale sceglieresti e perché?
Sceglierei Nobody’s Perfect. Nessun nome meglio di questo descrive chi siamo e da dove veniamo. Come disco invece sceglierei “Chase The Sun” dei Planet Funk, perché segna un periodo di relazione intensa tra me e il Tenax: un periodo pieno di emozioni che non scorderò mai.