Nemmeno l’ascoltatore più fantasioso sarebbe riuscito ad immaginare “Paranoid Funk”, album d’esordio per il berlinese Alex Niggemann, su Poker Flat. Roba da label manager di “ultimissima generazione” quelli, per intenderci, che mandano a farsi benedire concept e discografia della propria etichetta in un sol colpo (o con una sola uscita) pur di cavalcare l’onda facile del successo inseguendo il trend musicale del momento. A ben vedere, però, per il lavoro di Alex Niggemann non vale nemmeno questo discorso: più housy e immediato rispetto alla media dei lavori che Steve Bug ha solitamente scelto per la sua creatura, l’album rappresenta qualcosa di più rispetto a quanto il mercato ci ha rapidamente abituati. Nonostante i soli ventisei anni di età, infatti, Alex Niggemann ha dimostrato di essere un artista che sa esattamente “cosa è in grado di fare, cosa ha fatto e cosa farà in futuro” e “Paranoid Funk” parla chiaro. Chiarissimo.
Detto questo, tuttavia, l’album suona più come un prodotto francese o inglese (non a caso Alex è uno degli artisti più attivi su Tsuba) allontanadosi in modo inequivocabile dalle gelide geometrie disegnate in passato dai vari Trentemoller, Martin Landsky, Patrick Chardonnet, Dan Berkson, Guido Schneider e John Tejada (solo per citare alcune delle linee guida di Poker Flat). Da Steve Bug, uno che dalle nostre parti (di Soundwall) è ancora rispettatissimo non solo per la sua storia, non ce lo saremmo aspettati. Non perché “Paranoid Funk” sia brutto o non sia un prodotto che meriti una grande etichetta, semplicemente queste undici tracce sono dissonanti con quanto il gioello dei quattro assi ci ha abituati, con quel suono unico ed inconfondibile che tanto ci ha fatto appassionare alle quasi centocinquanta release del suo catalogo.
Siamo confusi, ecco. E nemmeno un ascolto più attento di “Lately”, primo EP di Alex Niggemann su Poker Flat dello scorso anno avrebbe potuto anticipare l’impronta di questa nuova raccolta. Basta premere play per capire come “Paranoid Funk” rappresenti il manifesto dell’amore di Alex Niggemann per i beat degli anni ’80 e ’90, per le atmosfere italo disco (“Parentless Child”), per le bassline piene (“Back 2 Basics”, “That Is..!?” e “Don’t Wait”) e per i cut sexy (“Street Therapy”).
Ciliegina sulla torta “Lovers”, nata in featuring con Daniel John Rydell, chiude con le sue atmosfere malinconiche un album pieno di spunti interessanti ma di difficile collocazione all’interno del contesto in cui viene proposto. Che sia l’inizio di una nuova era per Poker Flat? Va bene tutto, ma non toglieteci “Loverboy”.