Dove potrebbero mai incontrarsi, in una sorta d’improvvisato meeting, il passato ed il presente della scena techno europea se non nel dancefloor di un party indiavolato nei pressi di Friedrichshain, Berlin? D’altronde quando la cornice è quella del Suicide Circus diventa magicamente tutto più facile: convenevoli, due parole e via, let’s work on it!
Club diventato nel tempo una delle più valide alternative ai colossi del clubbing techno berlinese, Suicide Circus ha anche da poco più di un anno aperto una omonima label che vanta la collaborazione di mostri sacri come Franklin Da Costa, Matthias Schafhauser, Falko Brocksieper e soprattutto Alexander Kowalski, vero deus ex machina a tutto tondo dell’intero progetto a cui è affidato l’onere e l’onore di “far luce” nel lato più cupo e tetro del Suicide Circus-pensiero, firmando la prima release della neonata sub label Dark Series.
“Dircksen”, title track dell’intero EP, rappresenta per Kowalski un salto indietro di vent’anni, al primo amore che non si scorda mai, a Detroit e alla sua musica techno che proprio in Berlino ha trovato, dai primi anni ’90 e per tutta la durata del decennio, una seconda casa spirituale: evidenti sono i richiami sia nella sezione di drum, col clap cadenzato e gli hihat strettissimi, che nell’uso dei chord, profondissimi, che ben si sposano con la bassline secca, meccanica. Bello l’originale e bello anche il remix di Kowalski (si, D Func è sempre lui!), che trae dall’originale gli elementi più rappresentativi e decostruisce la drum part rendendola più grave, lanciata, cattiva, enfatizzando chord e bassline in una sorta di “Detroit 2.0” personalissima ed accattivante. Eccellente!
In principio parlavamo di un incontro passato-presente. Fateci caso: Berlino incontra Detroit, Kowalski incontra la techno e…i Cassegrain incontrano Kowalski per Suicide Circus, come a chiudere un cerchio. A degna conclusione dell’EP, infatti, c’è proprio il remix del duo greco-austroungarico che, oramai lanciatissimo nella scena techno europea dopo i passaggi su Prologue e M_rec, ci consegna un lavoro fatto alla loro maniera, evincerando l’animo dub dell’original trasformandolo in una traccia dub-techno carica di riverberi che però col passare dei minuti vira lentamente verso profondità sempre maggiori, in una sorta di abisso senza fine.
Un manifesto, nudo e crudo, del lato oscuro d’un progetto, quello di Suicide Circus, accattivante e in continuo crescendo, nel segno della techno di qualità. Da tenere d’occhio, assolutamente.