In occasione del Node Festival di Modena, piccolo-grande contenitore musicale e artistico che da anni propone qualità e trasversalità ad alti livelli, abbiamo fatto qualche domanda al suo direttore artistico, Filippo Aldovini. E ci è venuta una gran voglia di trasferta in Emilia Romagna (e anche un po’ di fame).
Il Node Festival è al suo ottavo anno di esistenza. Tu non hai certo un’età avanzata, anzi.Come hai capito che avresti voluto gettarti proprio nell’organizzazione di un Festival, tra l’altro in età così tenera?
In realtà, ho capito che avrei potuto organizzare Node grazie all’incontro con alcune persone fondamentali per la nascita, lo sviluppo e la crescita del progetto, non c’è stata nessuna “illuminazione”. Venivo da un’esperienza di quasi 3 anni col mio primo progetto artistico musicale, l’etichetta Zymogen nata nel 2005, come una tra le prime netlabel in Italia con l’obiettivo di distribuire musica in free download (oggi fatto quasi anacronistico, ma ai tempi, mi permetto di dire, innovativo e rivoluzionario). Lo stimolo principale per questo progetto per me è stato innescato dalla difficoltà di trovare persone con cui condividere i miei stessi interessi a Modena. L’etichetta mi ha invece permesso di aprire una finestra sul mondo, creando il distacco necessario nei confronti della propria terra natale. Nel corso degli anni, tramite Zymogen ho stretto contatti molto forti e stimolanti al di fuori di Modena. Nel 2007 ho conosciuto persone con cui poter organizzare un progetto che avesse gli stessi presupposti di Zymogen, occupandocisi però di organizzare un evento nella propria città. Queste persone sono Fabio Bonetti e Anna Bortolacelli – Anna ha abbandonato il gruppo nel 2012 ed ora lavora alla Fondazione Fotografia di Modena, mentre Fabio mi ha accompagnato in questo percorso fino al 2014.
“Node”: perchè?
Il termine Node è stato coniato da Fabio Bonetti mesi prima dell’esordio del progetto, nel 2008. E’ stato il risultato di un brainstorming dove ci eravamo riproposti di lavorare sui concetti portanti del festival che avevamo in mente, ovvero l’incontro tra arti visive e musica in primis, da cui “intreccio”, “snodo”, “nodo”… Recentemente abbiamo individuato altri intrecci, tipo quelli tra musica e arti performative, la danza, o tra arte e tecnologia. Node racchiude in sé un concetto di intreccio molto aperto, rinnovabile e, ad oggi, a distanza di nove anni dalla prima edizione, lo trovo ancora un’ottima idea.
Raccontaci qualcosa della città di Modena in relazione al Festival. Tipo: che è successo l’anno scorso, quando si è deciso di non organizzare il festival? Come sei riuscito a superare tutte le difficoltà e cosa ti ha dato la spinta maggiore per farlo?
Il rapporto del Node con Modena è da sempre stato ambivalente: tendenzialmente positivo, ma complesso. Il momento di crisi che nel 2015 ha portato alla mancata edizione del festival è servito a tutti, a noi organizzatori, al pubblico, all’amministrazione: solo in sua assenza si è realmente capita l’importanza di questa manifestazione – l’importanza di qualcosa si percepisce realmente solo quando non la si ha più. Dopo l’edizione saltata, c’era il timore che non si ritrovassero più le forze necessarie per riprendere, ma siamo riusciti a ritrovare la giusta sinergia, nonostante i grandi cambiamenti nella struttura del festival. Nelle passate edizioni, l’ente organizzativo non eravamo noi come associazione culturale, ma il Comune di Modena. Tale situazione ha creato forti problemi quando è cambiata l’amministrazione, essendo risultato in seguito molto complesso trasmettere i punti di forza del nostro progetto a quella nuova in vigore. Il conseguente momento di pausa obbligata è servito a tutti noi, e agli enti con cui collaboriamo, per ritrovare le modalità adeguate con cui strutturare maggiormente il festival. Nel frattempo, ho iniziato a lavorare a Fuse* ed è stato spontaneo portare l’organizzazione del Node tra le attività di Fuse*, essendoci sinergia e comunità di intenti (Fuse* è uno studio che lavora nell’ambito delle arti performative, visive e della tecnologia). Fabio ed io, ovvero il gruppo storico di Node, abbiamo fondato un’associazione culturale con Luca e Mattia, fondatori di Fuse. Questa nuova strutturazione ha permesso al festival di fare un passo in più, non in quanto a contenuti, ma per la sua struttura organizzativa. E questo passo in più, dal punto di vista qualitativo, credo si noti.
Oggi si sente sempre più gente “del settore” (o meno…) che, durante chiacchierate varie, butta giù lì la fatidica frase “Vorrei organizzare un festival”. Qual è la prima cosa a cui pensi quando senti qualcosa di simile?
Questo tipo di stimolo sento di doverlo supportare, sia in relazione alla creazione di un festival, che nell’accezione di organizzazione di un evento culturale in tutte le sue possibili declinazioni. Chi decida di intraprendere questo percorso deve però sapere che è un percorso costellato di difficoltà, ostacoli, dubbi, notti insonni, ansie; ma è anche un mondo che può dare soddisfazioni incredibili e insegnare cose, far conoscere persone che altrimenti non si arriverebbe mai a conoscere – una delle cose per me più importanti e che ricerco costantemente tutt’ora, molto stimolante. Organizzare un festival o un evento significa domandarsi dove vogliamo andare, che tipo di taglio si vuole dare al tutto. Un consiglio che darei in quanto organizzatore di un festival di dimensioni non esagerate come il Node è di avere un proprio linguaggio e un’integrità, di tenere fede a loro. A mio avviso, uno dei punti di forza del Node è proprio l’aver saputo continuare un percorso con coerenza e fedeltà, nono solo rimanendo fedeli al pubblico, ma anche, e soprattutto, alla propria idea di progetto. Il consiglio che mi sento di dare a chi voglia organizzare un festival è di tenere le porte aperte, di sperimentare, rimanendo sempre focalizzati sul concetto su cui lavorare, come fosse una vocazione, un proprio ambito di lavoro. Per finire, è importante tenere memoria degli eventi organizzati in passato, mi vengono in mente festival come Interferenze o Dissonanze, perché siamo pur sempre nani sulle spalle dei giganti… L’umiltà è una componente molto importante in questo ambito lavorativo e riconoscerlo non toglie valore al tuo festival. Quindi umiltà e una visione chiara e coerente.
Sei una persona dai mille interessi (e attività) e pare che in un evento solo tu sia riuscito a condensare il tutto. A partire da tempi assolutamente non sospetti. Parlaci di queste tue passioni e attività, facci qualche nome, incuriosiscici…
Questa domanda rispecchia bene ciò che è il Node: una sorta di collettore di tutto ciò che ho sperimentato negli ultimi 10 anni, sia a livello di organizzazione che di fruizione, una sorta di contenitore in cui mettere le cose belle fatte e viste. Node è stato la forma concreta di un progetto come Zymogen, etichetta che ai tempi viveva solo online. Ho da sempre viaggiato tanto per la musica e alla scoperta di festival vari. Ogni volta che ho visto qualcosa di bello ho sempre pensato di portarlo in città e, in effetti, l’80% dei nomi in line up al Node ho deciso di inserirli così, dopo averli sperimentati di persona. Un’altra mia attività è il progetto discografico Error Broadcast, anche questo nato come piattaforma digitale, poi a oggi diventata una label tout court. Oggi pubblichiamo su vinile dal 2009, focalizzandoci su musica strumentale con forte impronta hip hop e carattere sperimentale. Mi interesso davvero di musica a 360 gradi, ma in tutti i tipi di espressione mi interessa il carattere di ricerca sperimentale. Anche in Error Broadcast questa componente è da sempre stata fondamentale. Anche il contatto con questa scena ha influenzato alcune line up portando a Modena nomi come Shigeto, Shlohmo, Debruit, Forest Swords, Egyptrixx, Mount Kimbie, Boxcutter. E poi c’è l’attività che svolgo a Fuse* come direttore di produzione, grazie alla quale ho scoperto una visione inedita del rapporto tra musica, arti performative e tecnologia. Mi sono imbattuto in alcuni progetti molto interessanti e stimolanti e penso che nelle prossime edizioni del festival riserverò loro lo spazio necessario. Portare Node dentro a Fuse*, con annessi scambi tra gruppi di lavoro, è stato fondamentale. Personalmente, come direttore artistico del progetto, sono sempre stato molto concentrato sulla ricerca legata alla programmazione. Il rapporto con Fuse* mi ha permesso di avere una visione più completa della gestione di un progetto. Questo rapporto e gli scambi avvenuti sono stati una delle cose più importanti successe al Node negli ultimi anni, o forse da sempre.
Il Node ha inaugurato lo scorso 22 ottobre con la personale di Zimoun, artista svizzero noto per i connubi tra architettura degli spazi e sound art: perchè proprio questo artista e come l’hai conosciuto?
La mostra di Zimoun “605 Prepared Dc-Motors, Cardboard Boxes” è sicuramente uno degli elementi piu caratterizzanti di questa ottava edizione del festival. Nonché la continuazione di un percorso sviluppatosi nella Galleria Civica di Modena. Nell’edizione del 2014 siamo riusciti a realizzare una mostra con opere incentrate sul suono come componente fondamentale della loro identità artistica. E’ stata allestita una collettiva con lavori di diversi artisti che collaboravano con la Galleria Mario Mazzoli di Berlino con cui abbiamo realizzato questa mostra. Esperienza molto bella e breve – la durata era di una settimana – un’esperienza che ha permesso a noi e alla Galleria Civica di comprendere il potenziale di questo ambito, ovvero il rapporto tra arte e suono espresso non nell’atto performativo, come solitamente accadeva al Node, ma espresso tramite opere d’arte installative. Quest’anno dalla Galleria _arrivata la proposta di curare una mostra di pi_ampio respiro e io ho colto la palla al balzo. Un’esperienza fantastica, incredibile, e mi auguro che sia solo la prima di una serie. Zimoun l’ho conosciuto al festival Dissonanze nel 2008 in occasione della sua performance dal vivo a Palazzo dei Congressi. Rimasto molto colpito, da quel momento ho iniziato ad informarmi sulla sua attività, scoprendo le sue installazioni. Recentemente ho visto sue opere ad alcuni festival in giro per l’Europa e per me è stato naturale includerlo tra le proposte per la mostra. Inizialmente, l’idea era quella di organizzare una collettiva, poi però mi sono immerso nel mondo di Zimoun e ho deciso di dedicargli una mostra completa che potesse dare un’idea più ampia del suo lavoro e della sua sensibilità artistica. Quella a Modena sarà la sua prima mostra in ambito museale di queste dimensioni, pur avendo già lavorato in Italia. Occasione unica per entrare in contatto con il suo immaginario artistico e le sue stimolanti opere che portano ad una modalità di ascolto diversa.
Gli ospiti di quest’anno: chi e perché.
Gli ospiti di quest’anno sono vari e molto diversi per stile e tipologia di performance. Anche gli spazi scelti sono particolari. Il programma apre il 9 novembre all’interno della chiesa di San Bartolomeo nel centro storico di Modena con ospite il pianista ucraino Lubomyr Melnyk che presenterà il suo ultimo progetto Illirion. Si inaugura con questo progetto molto trasversale con l’intento di coinvolgere un pubblico molto diversificato. Il 10, al Planetario Civico ospiteremo Paradoxes, realtà ravennate specializzata in live performances per planetario, curate da Orthographe, a mio avviso uno dei progetti più interessanti in regione. Giuseppe Ielasi presenterà il suo progetto solista Inventing Masks, mentre Giovanni Lami ed Enrico Malatesta, a mio parere due tra gli sperimentatori musicali più interessanti sulla scena italiana, presenteranno al pubblico un progetto site-specific per il planetario. Il programma continuerà a Palazzo Santa Margherita con l’italianissima Gea Brown, per me una delle artiste più valide nel nostro attuale panorama musicale. Huerco S ci offrirà un assaggio del suo ultimo concept album ambient, a mio parere tra i dischi dell’anno; poi il duo Rashad Becker ed Eli Keszler (sound artist poliedrico e virtuoso batterista proveniente dalla scena free jazz di New York) – visti al Madeiradig Festival… Una folgorazione totale! Infine avremo Fis (acronimo di Forever In Search), produttore proveniente dalla Nuova Zelanda, attivo da decadi, che presenterà al Node il suo progetto “Iron Patterns to Details” seguendo pattern generativi presenti in natura. La serata clou del festival si terrà al Teatro Storchi, dove l’anno scorso abbiamo organizzato, con Vie Festival, l’evento sold out con Ryoji Ikeda e un progetto performativo artistico di Fuse*. L’anno scorso questo evento è stato davvero molto utile e salutare, essendo servito come campanello d’allarme per le istituzioni: riuscire a riempire un teatro come lo Storchi significa ovviamente dare un segnale, ed è stato un segnale giusto dato al momento giusto, uno di quelli grazie ai quali Node è qui e sta anche molto bene. Tornando alla nostra serata di chiusura, ospiteremo due tra i più importanti progetti all’interno del programma: Robert Henke (aka Monolake) e il musicista inglese di origini singalesi Paul Jebanasam, accompagnato dai live visuals di Tarik Barri, artista visivo con all’attivo anche la collaborazione con Thom Yorke per il quale ha curato li visuals nel tour Atoms For Peace. Sarà la serata a cui sarà più importante esserci: noi ci auguriamo che Node abbia una buona risposta del pubblico perché questo porterebbe l’amministrazione e le istituzioni che ci supportano a continuarlo a fare.
Qualche buon motivo per cui varrebbe la pena venire al Node e farsi pure un bel gitino a Modena e dintorni.
Modena è sicuramente una città piccola ma, nel suo essere a misura d’uomo, può dare tanto se la si accetta e se si è disposti a cercare. Nasconde posti incredibili, spesso non conosciuti dagli stessi modenesi, come ad esempio il cimitero di San Cataldo di Aldo Rossi, che vengono a visitare da tutta Italia, un luogo per me fantastico, in cui, chissà, magari un giorno riusciremo a fare qualcosa… E questo potrebbe anche essere uno spoiler, o magari no… Modena è da sempre molto sensibile all’arte, abbiamo la Fondazione Fotografia, la Galleria Civica, il Museo Estense. Modena ha molti tesori sui muri: è stata sede di uno tra i primi eventi legati alla street art con il festival Icone, e consiglierei di perdersi un po’ anche nelle zone più periferiche per vedere questi graffiti pazzeschi. Mentirei se non parlassi del cibo, al di là di vari ristoranti stellati e delle Trattorie Francescane, a Modena si mangia molto bene, c’è proprio la cultura del cibo. Da frequentatore di festival ho imparato bene che non si vive di sola musica: è altrettanto importante trovare un ambiente famigliare, e cibo e bere aiutano sempre, cosa che a Modena capita eccome. Quindi sì, vale la pena farsi un giro a Modena e… vale la pena soprattutto farsi un giro a Modena durante il Node.
(nella foto: Filippo Aldovini)
ENGLISH VERSION
In the occasion of Node Festival in Modena, a small-great musical and artistic container which has been proposing quality and high-level genre transversality from years, we’ve made some questions to its Art Director, Filippo Aldovini. And it pushed us to make a trip to Emilia Romagna (with some more hunger in here).
The Node Festival reached its eighth year of existence. You’re not that old indeed.
How did you understand that you wanted to manage a festival organization, even if so young?
Actually, I have understood that I would have been able to organize Node thanks to the encounter with some people that later became fundamental for the birth, the development and the growth of the project, there has been any “illumination”. I was coming out from a triennal experience with my first musical artistic project, Zymogen label born in 2005 and among the first netlabels in Italy that started distributing music in free download (today it’s an almost anachronistic fact, but turning back at that time, I would say that it has been something innovative and revolutionary). The principal stirring for this project has been triggered by the difficulty to find people to share my interests with in Modena, my city. Zymogen has allowed me to open a window on the world, creating the necessary separation with my own native place. During these years, through Zymogen I’ve built very strong and stimulating contacts outside Modena. In 2007 I met people with whom to organize a project with the same Zymogen requirements, though organizing an event in our own city. These people are Fabio Bonetti and Anna Bortolacelli – Anna has abandoned the group in 2012 and she works for the Photography Foundation in Modena, while Fabio has followed me in this long trip until 2014.
“Node”: why?
The term Node has been chosen by Fabio Bonetti months before the project debut, in 2008. It has been the result of a brainstorming when we decided to work on the main concepts that we had on our mind – the encounter between visual arts and music in primis, from which we found out “interlacement”, “turning point”, “node”… Recently we discovered other interlacements, as those between music and performative arts, dance, or between art and technology. Node contains in itself a very open concept of interlacement, something renewable that, still today, after nine years from the festival first edition, I still find a good idea.
Tell us something about the city of Modena in relation to the Festival. Something like: what has happened lthe ast year? How have you have succeeded in overcoming all the difficulties and what has helped you the most to do it?
Node’s relations with Modena have been ambivalent for a long time, tendentially in a positive but still complicated way. The moment of crisis that in 2015 brought to the missed edition of the festival has served to everybody, to us organizers, to the public, to the administration: only in its absence the importance of this demonstration has been understood for real – the importance of something is deeply perceived only if you remain without it. After the missing edition, we feared to be no more capable to collect needed strength to restart, but we found again the right sinergy despite all the great changes in festival’s structure. In the past editions, the managing institution was not embodied by our own cultural association, but by the city of Modena. Such situation has created big problems when the political administration of the city changed, because subsequently it became very complicated to transmit to that new institutional organization our points of view regarding Node project. The consequent moment of forced break has served to all of us, also to the corporates we collaborate with, to find again the proper recepy to give a stronger structure the festival. In the meantime, I’ve begun working with Fuse* and it has revealed spontaneous to bring the Node organization among the activities of Fuse*, because of the same sinergy and common intents (Fuse* is a studio which works within performative arts, visuals and technology). Fabio and me, the “historical group” of Node, have decided to found a cultural association with Luca and Mattia, founder members of Fuse*. This new structurie has helped the festival to make one more footstep, not in relation with its contents, but for its organizational structure. And I believe that this footstep is quite perceivable from a qualitative point of view.
Today it happens, during chattering, to hear people “from the scene” (or not…) getting out with prophetic sentences as “I would Want to organize a festival.” Which is the first thing you think about when you hear something like that?
I completely agree and support this type of need, in relation to the creation of a festival, as well as regarding the organization of a cultural event in all its possible declinations. Who decides to undertake this path has also to keep on mind that it’s a path full of difficulties, obstacles, doubts, sleepless nights, anxieties; but it’s also a world that can give us unbelievable satisfactions teaching us new things, and giving us the opportunity to get to know people that otherwise we wouldn’t never know, one of most important aspects for me, something that I still constantly look for, something really stimulating. To organize a festival or an event means to wonder where we do want to go, which type of shape we want to give to our project. A suggestion that I’d like to give as an Art Director of a not so huge festival as Node is to have a proper language and an integrity to follow. In my opinion, one of strongest points of of Node is the capability that it had to continue following coherence and fidelity, not only being faithful to the public, but also, and above all, to its own project concept. The advise that I would like to give to those who want to organize a festival it’s to keep the doors open, to experiment, remaining always focused on a concept on which to work, as if it was a vocation, a real job. In the end, it’s important to keep on mind events organized in the past – festivals as Interferenze, or Dissonanze, are the first names to come into my mind – because we are dwarfs on giants shoulders… Humility is a very important component in this type of professional activity and admitting it doesn’t mean stealing quality from your festival. So, humility and a clear and coherent vision.
You are a person full of interests (and activities) and it seems that you were able to condense everything in just one event. And all this from “unsuspected times”. Tell us about your passions your passions and activities, reveal us some names, make us curious…
This question mirrors very well what Node is about: a sort of collector of everything I’ve been experimenting in the last 10 years, regarding both organization and fruition, a sort of container where to put all the beautiful I’ve seen and done. I have traveled so much because of music and to discover various festivals. Every time I’ve seen something beautiful I’ve always thought about bringing it in my city and, at the end, the 80% of the Node line up artists where chosen like this, after being personally experimented.
Another my activity among the others is the Error Broadcast project, which as Zymogen was also born as a digital platform to become then a label toucourt. We’ve been working with vinyl releases since 2009, focusing on instrumental music with a strong hip hop imprint and an experimental character. I’m 360 degrees interested in music, but in all its types I’m always attracted by the experimental character. In Error Broadcast this component has been also fundamental since ever. The contact with this “beat” type of scene has influenced some Node programmation bringing to Modena names as Shigeto, Shlohmo, Debruit, Forest Swords, Egyptrixx, Mount Kimbie, Boxcutter. And then there is the activity that I developed at Fuse* studio as Production Manager , thanks to which I’ve discovered an unknown vision of relation towards music, performative arts and technology. I’ve bumped into very interesting and stimulating projects and I definitely think that in the next editions of the festival we’ll reserve them the necessary space. To bring Node in Fuse*, with all the connected exchanges among working groups, has been fundamental. Personally, as Art Director of the project, I’ve been always very focused on the musical/artistic research. The relation with Fuse* allowed me to have a more complete vision of a project management. This relationship and all the exchanges that took place have been one of the most important things that have happened to Node in the last years, or maybe since ever.
The last 22nd October Node inaugurated the exhibition by Zimoun, a Swiss artist known for the matches between architecture and sound art: why this artist and how did you get to know him?
The exhibition of Zimoun “605 Prepared Dc-Motors, Cardboard Boxes” is surely one of the most characterizing elements of this eighth festival edition, as well as being the continuation of a path developed in Modena’s Civic Gallery museum. In the 2014 edition we realised an exhibition with works incentrated on the sound as fa undamental component of their artistic identity. It has been organized a collective exhibition with all the different artists gravitating around the Mario Mazzoli Gallery in Berlin, the same that exhibited their works at our exhibition. A very beautiful and short experience – the duration was of a week – an experience that has allowed both us and the Civic Gallery to understand the potentialities of this project, embodied by the relation between art and sound expressed not through a performative act, as it was for Node, but through installative art works. This year the Civic Gallery proposed us to curate a wider exhibition and we caught this opporunity. A fantastic experience, something unbelievable, and I wish that it’s just the first among a series. I got to know Zimoun in 2008, at Dissonanze Festival, in occasion of his performance at Palazzo dei Congressi. I got very impressed, beginning from that moment to follow him and discovering his installations. Recently I’ve also seen some works of him at some festivals for Europe, so for me it was natural to include him among the proposals for the exhibition. Initially, the idea was that to organize a collective, then however I’ve begun deepining Zimoun’s universe and decided to dedicate him a complete exhibition in order to spread his works and his artistic sensibility. The one in Modena will be his first exhibition of such proprortions in Italy. A unique occasion to take a jump into his artistic imaginary.
This edition’s guests: who and why.
The guests of this year are various and very different for style and typology of performance. Also involved spaces are particular. The program opens on the 9th November, in the church of San Bartolomeo in the historical center in Modena, with the Ukrainian pianist Lubomyr Melnyk who will introduce his last “Illirion.” We’ll inaugurate with this very transversal project in order to involve the more diversified public as possibile. The 10th the Civic Planetarium will host Paradoxes, a live performance projected for planetaries, curated by Orthographe, in my opinion one of the most interesting projects in region. Giuseppe Ielasi will introduce his solo project “Inventing Masks” while Giovanni Lami and Enrico Malatesta, for me two of the most interesting musical experimenters in the Italian scene, who will present a site-specific project for the planetarium. The program will continue in Palazzo Santa Margherita with the Italian Gea Brown, one of the most valid artists in our actual musical panorama. Huerco S will offer us a taste of his last ambient concept album, for me among the best releases of the year; then Rashad Becker and Eli Keszler – a poliedric sound artist together with a virtuous drummer coming from the New York free jazz scene – seen at the Madeiradig Festival… A total folgration! Then we’ll have Fis (acronym of Forever In Search), an artist from New Zeland, active since years and years, who will introduce his project “From Patterns to Details”, following present generative patterns in nature. The “clou evening” of the festival will be held at Teatro Storchi, where the last year we have organized, with Streets Festival, a sold out event with Ryoji Ikeda and an performative artistic project by Fuse*. Returning to our closing event, we will entertain two of the most important projects in our program: Robert Henke (aka Monolake) and the English musician of singhalese origins Paul Jebanasam, accompanied by the live visuals of Tarik Barri, a visual artist who counts collaborations as the one with Thom Yorke, for whom he took care of the visuals during the Atoms For Peace tour. It will be the event where it will be the most important to partecipate at: we wish that Node will have a great presence of public because this would bring the administration and the institutions that support us to continue doing it.
Some good reasons for which it would be a good idea to come to the Node and also to make a nice trip to Modena and its surroundings.
Modena is surely a small city but, in its small human dimensions, if you accepted her and if you are ready to discover new things she can give so much. She counts unbelievable places, often not well known by its own citizens, as for instance the San Cataldo cemetery by Aldo Rossi, a place that recalls tourists from all Italy, a fantastic place for me, a place where maybe, who knows, one day we we’ll organize something… This might be also a spoiler, or even not… Modena has a strong sensibility for art, we have the Fondazione Fotografia, the Civic Gallery, the Museo Estense. Modena has also many treasures on the walls: she has been center of one of the first street art events in Italy with its Icone Festival, and I would advise you to lose yourself also in its inner parts in order to appreciate these treasures. I would lie if I didn’t mention food (Aceto balsamico, tortellini, gnocco and tigelle and so on…) As a festival frequenter I’ve learned well that we don’t live just of music: it’s as also important to find a familiar atmosphere and food drink always help creating that vide, and yes, it does happen in Modena. So, yes, it is worth to make a trip to Modena and… to do it during Node Festival.