L’estate si sta avvicinando e con essa inevitabilmente cresce la voglia di partecipare a serate ed eventi che difficilmente sarebbero concretizzabili durante la stagione invernale. Arriva quindi il momento per noi di tirare un pò le somme su quanto di buono abbiamo potuto vedere con i nostri occhi. Per questo ci ritroviamo a parlare di Altavoz. I segreti del successo di una delle realtà più floride d’Italia ormai sono noti a tutti, ma per chi non li avesse ancora colti, potrà farlo leggendo le righe scritte da Damir più di un anno fa e che suonano ancora oggi attualissime.
La nostra disamina ci porta a sconfinare piuttosto attraverso la nostra esperienza diretta sul campo, iniziata il 6 ottobre e terminata soltanto poche settimane fa, il 27 aprile, con un’extradate inaspettata ma in realtà molto gradita. Se dovessimo rivivere ogni singola serata, le cose da raccontare sarebbero davvero tante, forse troppe, indubbiamente ben di più di quelle effettivamente riportate qui sotto. E’ per questo che la nostra scelta si limiterà a riassumere, per quanto concessoci, i pregi ed i difetti di questa sesta stagione. Sei anni appunto, un tempo lungo, soggetto ad un lento ma sostanziale mutamento dove consapevolezza e maturità hanno giocato un ruolo chiave per garantire tale successo. Il fattore determinante è rappresentato senz’altro dalla scelta dei vari guests alternatisi in questi mesi. Scelte ragionate e ponderate, dalle quali sono emerse ottime capacità di osservazione. E’ chiaro, abbiamo visto succedersi molti volti internazionali, che già da qualche mese stanno segnando incredibilmente la scena elettronica. Dal marchio UK, con i vari Ben UFO (per lui è stato un ritorno), Pangaea, Scuba ad alcune interessanti sperimentazioni (Legowelt) per poi passare ad altre certezze che non necessiterebbero alcuna presentazione, come i vari Jerome Sydenham, Radio Slave, James Holden, Anthony Collins, Petre Inspirescu o semplicemente Alex Picone. Ma a prescindere dal nome e dalla popolarità, ciò che è balzato all’occhio è l’eterogeneità di scelta: poche realtà in Italia sono in grado di proporre generi diversi con un livello di qualità così alto durante lo stesso evento. Grazie agli spazi immensi del Rivolta, tutto è sembrato architettato alla perfezione, giostrando i vari partecipanti tra le diverse sale Hangar, Nite Park, Osteria, senza poi considerare l’abbondante Open Space. Come noto, la variante techno è rimasta una solida realtà, incontrastata, ora più che mai visto quanto di buono sta tornando a respirarsi in questo ultimo anno nel mercato discografico. Il fiore all’occhiello che certifica quanto descritto è riassumibile con l’extradate di grande impatto affidata a due mostri sacri del genere, Dave Clarke e Gary Beck. Ma perché no, è giusto ricordare quanto di buono dimostrato anche da Petar Dundov, Giorgio Gigli o lo stesso Xhin, giusto per citarne alcuni. Altra considerazione può esser fatta per i dj resident: che Altavoz fosse sempre rimasta molto legata ai ragazzi della scena locale non è una novità, ma mai come in questa stagione è stato garantito loro così tanto spazio. Mi sento comunque di definirla una scelta più che giustificata, specie se parliamo di ragazzi che attraverso la loro passione per la musica ed affidandosi alle notevoli abilità tecniche, hanno portato le loro firme su etichette di assoluto prestigio internazionale. Oltre al “capitano” Max D. Blas, meritano senz’altro una menzione anche i vari Kay Sand, Paolo Tamoni, Autre, Alex Piccini, Die Roh, Okee Ru e The Smoking Guy. Altro punto di forza confermato per questa stagione rimane la location del Rivolta, imbattibile su ogni aspetto. Troppo facile sarebbe il paragone con la realtà berlinese, dove centri sociali o ex spazi industriali inutilizzati nelle periferie delle grandi metropoli vengono riconvertite in vere e proprie mecche dell’elettronica di nicchia. Facile, ma non scontato. Per questo molti scelgono proprio Altavoz, dove anche chi non riconosce gli aspetti tecnici suddetti, può sempre trovare tempo e spazio per poter chiacchierare liberamente e rilassarsi. Per questo anche la sala Chill Out, creata appositamente per garantire anche momenti di assoluta tranquillità, ha giocato un grande ruolo che non merita assolutamente di essere sottovalutato, visti pareri positivi del pubblico. Il pubblico, appunto. E’ proprio questo l’ago della bilancia che permette di quantificare il reale successo e tirare un pò le somme. Ragionando in termini di affluenza, il responso è stata più che positivo. Se da una parte rimaneva alquanto prevedibile un boom per l’attesissima serata di apertura, d’altra bisogna sottolineare come anche nelle seguenti serate il flusso abbia mantenuto una media piuttosto alta con diverse migliaia di persone, sbaragliando senza storia qualsiasi tipo di concorrenza. Quello che fa riflettere, e in qualche modo evidenzia la potenza di Altavoz, è rappresentato dal fatto che mai come quest’anno la maggior parte del pubblico provenisse da realtà distanti decine, se non addirittura centinaia, di chilometri. Una sorpresa confermata pure all’ingresso, dove lunghe code costringevano talvolta ad attendere più del previsto. Organizzare e gestire ragazzi impazienti di prendere parte ad un evento di tale portata non è assolutamente facile, ce ne rendiamo perfettamente conto, ma se dovessimo trovare un piccolo difetto sul quale poter lavorare per l’eventuale prossima stagione, ecco, potremmo fare riferimento proprio a questo, al numero forse troppo esiguo di ingressi da dove poter accedere. Se le lunghe attese spese fuori possono far pensare ad un’eccessiva perdita di tempo con conseguente minor possibilità di godere della musica, beh, anche quest’anno il discorso non ha riguardato l’Altavoz. Grazie al consueto appuntamento con l’afterparty ufficiale al Tag (dopo le ore cinque), si è dato ulteriormente spessore a livello quantitativo e qualitativo. L’ambiente scuro e molto piccolo fortemente in contrasto con gli immensi spazi del Rivolta, portava così la possibilità di divertimento a tempo indeterminato, dove i dj reduci dal party Altavoz e i resident del Tag univano le forze per garantire qualità fino allo sfinimento. Per queste ragioni e molte altre che i vari frequentatori hanno ritrovato in questa stagione, Altavoz si riconferma anche quest’anno una delle migliori attrazioni per i clubbers del Nord Italia.
Non ci resta che darci appuntamento alla prossima stagione, prestando attenzione ad alcuni interessanti intermezzi estivi, uno su tutti l’Altavoz De Dia!
A cura di Carlo Braidotti ed Alessandro Giachi.