Contiamoci. Perché serve, è importante. E’ un appuntamento davvero da segnare in rosso, l’Amsterdam Dance Event, perché è qualcosa che va al di là della semplice successione di live e dj set. Già la capitale olandese è un valore aggiunto in sé, e non certo per i Coffee Shop ma per la sua civiltà, per il modo in cui è organizzato il tessuto urbanistico, per le continue meraviglie architettoniche contemporanee, per i musei – tolti forse quest’ultimi, tutte cose che il semplice e stupido turista col mito della Amsterdam cannaiola non cerca e non capisce. Ma il punto è che l’Amsterdam Dance Event in poco tempo è diventato ciò che per lunghi anni è stata la Winter Conference a Miami: un posto dove incontrarsi un po’ tutti quanti e fare il punto della situazione, non solamente la sera nei club ma anche e soprattutto di giorno nei vari panel e workshop o – meglio ancora – nei vari incontri informali che si susseguono fra operatori del settore.
La speranza ovviamente è che non ci sia la deriva negativa che ha contagiato molta Winter Conference: che non ci sia cioè una crescita insensata di fuffa, di operatori del settore maneggioni e/o cialtroni, di sottobosco che attirato come api al miele dal giro di soldi che la club culture genera accorre famelico a tentare di rubacchiare fette della torta… tutte cose che seppelliscono ciò che di buono ancora c’è (e ce n’è) nell’appuntamento di Miami. Contiamo molto sull’austera e deprimente meteorologia olandese: tra il 17 e il 21 ottobre non potrà che esserci pioggia, ci sarà poco da andare in giro e fare i ganzi con le fanciulle distribuendo flyer, molto da rimboccarsi le maniche utilizzando il proprio tempo in modo sensato per confrontarsi, progettare, costruire.
Sì, perché la club culture ormai è un’industria serissima, che muove fatturati importanti e che sta anche tenendo bene botta alla recessione europea. Così come è un’industria sempre interessantissima da studiare nel suo output, in quanto non si producono tondini in ferro – con tutto il rispetto per i tondini in ferro – ma arte. Sarà davvero significativo capire che aria tira, quali sono gli act più seguiti, quali quelli più riusciti e quali quelli più deludenti: il 2012 si sta contrassegnando come un anno dove non sono emersi paradigmi forti (nelle annate passate c’era sempre “il” suono dell’anno: fidget, dubstep, electro…) quanto piuttosto una pluralità di voci apparentemente solide. L’Amsterdam Dance Event le raduna (quasi) tutte quante, in modo felicemente policentrico: più locali, più contesti, tutto sparso per la città, con una ricchezza complessiva di line up davvero trionfale, rendendo quindi interessante capire dove la gente preferisce andare. Perché sì, fare la conta di chi si è, come lo si è, perché lo si è serve eccome. Sempre. E l’ADE va ringraziato assai perché ci offre questa opportunità nel miglior modo possibile, almeno sulla carta; per i fatti, vi racconteremo a breve.
Damir Ivic
Scrive di musica a trecentosessanta gradi (con predilezione per l’elettronica). Storica firma del Mucchio. Punto di riferimento negli anni per Red Bull Music Academy in Italia. Autore di libri editi per Arcana. Collaboratore di vari festival. Occasionalmente copywriter. Oggi, tra le varie cose, stretto collaboratore di Rolling Stone e TRX Radio. Inspiegabilmente tifoso dell’Hellas Verona.
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