Quella che si sta sempre più avvicinando sarà la mia settima volta all’ADE: la quarta come rappresentante di Soundwall, la terza come italiano in Olanda, la prima in assoluto come cittadino di Amsterdam. Come già vi avevo raccontato nelle ultime edizioni, sareste sorpresi di quanto vivere sul campo di gioco faccia la differenza nella maniera in cui ci si approccia al tessuto urbano, a luoghi che si è imparato a vivere con abitudine ed anche un po’ di scaltrezza, rispetto alle grandi masse di addetti ai lavori ed appassionati di musica elettronica che, puntualmente ogni metà ottobre, invadono pacificamente la nostra bella città dei canali senza ancora conoscerne al meglio le tante, piccole sfaccettature.
Si impara a sapere cosa evitare, cosa aggirare, cosa afferrare prima degli altri. Ed è bellissimo vedere un luogo già normalmente di grande ispirazione tirare fuori il suo meglio in queste occasioni di grande condivisione e sperimentazione sociale. E’ come un carnevale di facce: tutte diverse eppure tutte contagiate da quella stessa fiamma che, se state leggendo queste righe, probabilmente potete riconoscere anche dentro di voi.
Sfogliando il programma di quest’anno ci si rende conto che non è cambiato nulla: tante, tantissime, forse troppe feste. Location normalmente anonime che diventano club improvvisati come la prigione della Bijlmer, quartiere non particolarmente nobile della periferia, o il corridoio interno della Stazione Centrale. E cosi via. Feste di giorno, feste di notte, feste che non si fermano mai come la – ormai consueta – maratona lunga un weekend al De School.
Un ritmo intenso da tenere per cinque lunghi giorni, da mercoledì a domenica, dove però poi di giorno bisogna mantenere la necessaria lucidità per fare quattro chiacchiere, scambiare opinioni, prendere come di consueto la temperatura della scena. Ma soprattutto, quello che adoro della parte diurna dell’ADE è stare in silenzio ed ascoltare persone che “ce l’hanno fatta” trattare temi che mi/ci stanno a cuore in maniera aperta e professionale. Non disdegnando anche un botta e risposta dopo il panel di turno con lo stesso trasporto emotivo di chi li interpella.
Quest’anno, ad essere onesti, ho fatto un po’ più fatica a riempire le mie giornate di argomenti che potessero solleticare la mia curiosità. Ma i pochi che l’hanno fatto sono disseminati in maniera costante lungo l’arco di tutta la manifestazione e sono quelli che dovrebbero, almeno credo, stare a cuore un po’ a tutti. Perchè sono ciò che più impatta l’esperienza, lavorativa e non, di chi vive questo ambiente in maniera più che amatoriale.
Droga, salute mentale, vita on the road, clubbing come modo per far sentire la propria voce, discriminazioni e lotta per le pari opportunità di vario genere. Qualcosa che è sempre importante tenere in cima al piedistallo, come un monolite che dice: “Occhio, che a far finta che certe cose non esistano si finisce per rimanerne schiacciati”. In particolare sarò curiosissimo di fare due chiacchiere coi ragazzi del Bassiani di Tbilisi – che andrò poi a trovare a casa loro una settimana dopo – per provare a capire cosa vuol dire vedersi negati, anche in tempi di grande apertura mentale come questi, diritti imprescindibili come la libertà di orientamento sessuale e musicale, in maniera ineluttabile, da parte delle istituzioni, prima e dell’opinione pubblica, poi.
Non credo ci sia bisogno di aggiungere molto altro. Amsterdam Dance Event è sempre la stessa, fantastica cosa. Quelli che cambiano, alla fine dei conti, siamo solo noi che ci gravitiamo attorno. Se dovessi pensare a che persona ero in queste sette edizioni probabilmente descriverei altrettante figure diverse. ADE è quella costante che serve a ricordarmi ciò che è il mondo della musica che amo e come è importante comprenderne le evoluzioni. Umane e professionali. Ed ogni anno è importante tenerne viva la fiamma facendone parte. Tenendo bene a mente perchè è così importante ritrovarsi faccia a faccia, ricaricarsi le pile a vicenda e tornare alle proprie latitudini a fare del proprio meglio per passare il testimone.