Se arrivano una buona notizia e una cattiva, la somma non è per forza zero. La somma può anche essere: ma a che gioco giocate? Cosa volete fare davvero? Torniamo a parlare di Torino e della sua Giunta, torniamo a parlare della città che più e meglio ha fatto da laboratorio culturale negli ultimi decenni in Italia (non se la prendano gli altri, non se la prenda soprattutto Milano, che più che laboratorio culturale è e continua ad essere semmai un accogliente, compiaciuto e sfrenato acceleratore imprenditoriale).
Pochi giorni fa avevamo parlato dell’autolesionistica gestione del patrimonio professionale, imprenditoriale, artistico e comunicativo di TOdays Festival. Come più volte ripetuto dal Comune stesso a mo’ di velenosa e polemica giustificazione, “Non è che l’organizzatore debba essere Gianluca Gozzi per diritto divino”. E volendo ci sta, come osservazione. Così come, in linea puramente teorica, ci sta anche il corollario continuamente specificato dall’assessore Purchia e dai suoi uffici: “Il Comune deve aprire un bando rivolto a tutti gli operatori privati potenzialmente interessati. No a rendite di posizione”. Davvero: qua non si fa la volata a favore di una persona e/o di una associazione contro altre, solo perché ci sta più simpatica.
La Purchia e il Comune continuano però a dimostrare incompetenza. Resta eluso il problema di fondo: ci si rende conto che ormai, nell’industria degli eventi musicali dal vivo, la programmazione di un evento di respiro internazionale ha bisogno di un anno di anticipo? Proprio oggi C2C lancia il primo annuncio per l’edizione 2024, indicando già una dozzina di nomi di peso in cartellone – e state pur certi che con questi act non si sono accordati l’altro ieri, ma ancora negli ultimi mesi dell’anno passato. Così si fa. Bene: C2C è a novembre. TOdays, sia storicamente che nelle intenzioni attuali del Comune, si svolge nella seconda metà di agosto, quindi addirittura tre mesi prima. Il tanto sbandieratamente necessario bando per TOdays-o-qeul-che-è che evita assegnazioni “per diritto divino” non è stato però ancora emesso. Come si partecipa? A quali condizioni? Nulla è ancora emerso davvero. E siamo a febbraio, ormai Ci si fa solo belli dicendo sono confermati i 700.000 euro di contributi generali, si fanno al solito i ragionamenti di chi parla a muzzo senza in realtà essere minimamente attrezzato per farlo (“Vogliamo fare un festival che duri una settimana, non solo tre giorni”: se vuoi mantenere alta l’asticella della qualità, hai idea di cosa questo significhi? Evidentemente, no. Anzi parli addirittura di “dopo Ferragosto”: già la fine del mese di agosto come fatto finora è un periodo complicatissimo e le cose possono funzionare solo se chiami realtà di grosso profilo, pensare invece ai giorni subito dopo Ferragosto è un suicidio annunciato. Soprattutto se, come ribadito dalle istituzioni preposte, pensi sempre di fare il tutto in una zona non semplice, non centrale, della città, come accaduto finora).
Quella che doveva essere la risposta della Purchia e delle istituzioni locali alle lamentazioni degli attuali organizzatori di TOdays con argomentazioni decise e precise, alla fine ha da un lato partorito solo delle lamentazioni da scuola elementare (“Non è vero che non parliamo con Gozzi, il dialogo con lui è costante”: beh, di sicuro non vi state capendo e la colpa sarebbe come minimo di entrambi) e dall’altro l’ennesima retorica politica da sinistra-che-vuole-fare-la-destra-per-sembrare-moderna che parla di bandi, di operatori privati da tenere tutti sullo stesso piano, di competizione aperta; il che andrebbe anche bene, largo al merito, alla competizione ed alla competenza sul campo, per carità, peccato però che il primo a dimostrare una nulla competenza sul campo sia proprio la Purchia con tutto il suo ufficio, col beneplacito della maggioranza intera, pensando che i loro tempi, i loro diktatat e le loro lungaggini siano compatibili con le attuali leggi di mercato. Ecco: non lo sono.
Tant’è che l’associazione che da sempre organizza il TOdays ha già fatto sapere “Grazie, ma il festival quest’anno ve lo fate voi, non ci sanno più le condizioni per provare a fare qualcosa di sensato” e, fidatevi, chi è del settore sa che è esattamente così. Se pensi di fare un festival di qualità internazionale, in campo indie/pop/rock, che dura una settimana, a fine agosto, con lo stesso contributo di quanto il festival durava i tre giorni obbligando però gli organizzatori a mettere un biglietto a prezzo calmierato, e pensi che basti lanciare un bando con sei mesi di anticipo e poi tanto tutto si fa, beh – sei un incompetente. O vai bene per organizzare altro. O per creare polemiche artificiali sul Primavera che sbarca all’ombra della Mole, guardandoti bene dall’interloquire davvero con le due realtà che a Torino creano festival di rilevanza mondiale e cercando invece altre improbabili strade.
Ecco che quindi la soddisfazione per una scelta di campo importante come quella di considerare il centro sociale Askatasuna come un “bene comune” cittadino, mettendosi di traverso a tutta una serie di iniziative ed attacchi molto pesanti non tanto e non solo verso il centro sociale stesso, ma verso chiunque dimostrava di coglierne l’importanza culturale e sociale (guardate qui che schifo), annega un po’ nel dolceamaro. Evviva lo schierarsi della giunta Lo Russo su una questione così: una scelta non facile, su cui infatti subito si è scagliata tutta l’opposizione benpensante di centrodestra berciando, una scelta forse anche impopolare in generale. C’è del coraggio. Complimenti.
Una scelta non caduta dal nulla, ma che nasce dal fatto che si è riconosciuta l’importanza del percorso culturale, sociale ed aggregativo negli anni dell’Askatasuna. Si può essere d’accordo o non essere d’accordo politicamente con esso e le sue scelte, ma la rilevanza avuta per mille motivi da quel luogo nella storia della Torino degli ultimi decenni è innegabile. Riconoscerla, è questione di buon senso e buona amministrazione. E di visione europea, basti pensare a cosa fa la rigidissima Svizzera con posti come l’Usine a Ginevra o la Rote Fabrik a Zurigo, giusto per fare un esempio. Buon senso, visione europea, resistenza al populismo benpensante a corto respiro, capacità di accettare visioni plurali: doti sempre rare nella politica italiana. Quindi, complimenti Sindaco. Complimenti Giunta. Ben fatto.
Però allora non si capisce perché l’Askatasuna sì, e TOdays no. Non si capisce perché con Askatasuna possa valere il buon senso per superare i regolamenti e le leggi amministrative standard, mentre per TOdays per carità, bisogna garantire la competizione tra privati e non si possono concedere rendite di posizione per meriti passati, a costo però di creare davvero un pasticcio e di tirarsi la zappa sui piedi.
Anticipiamo una obiezione possibile: per Askatasuna probabilmente il Comune non sgancerà una lira o quasi (anche se si parla di co-gestione degli spazi e di ristrutturazione dell’edificio: beh, vediamo), mentre a TOdays potenzialmente vanno centinaia di migliaia di euro. Vero. Ma chiediamo troppo se desideriamo che un principio di visione ed insieme di competenza sia attuato sempre, sistematicamente, in modo organico e coerente? Sì, eh? Troppo?
Post scriptum, che sembra non c’entrare tanto col discorso di cui sopra ma in realtà c’entra: ad oggi, non sono ancora state annunciate le date dell’edizione 2024 del Torino Jazz Festival, altra eccellenza cittadina, che in teoria si svolge fra meno di tre mesi.