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[tab title=”Italiano”]Anthony Rother, vera e propria icona della scena elettronica tedesca grazie al suo suono unico fatto di pattern ripetitivi, vocoder e suoni futuristici incentrati sul rapporto tra uomo e macchina è uno degli elementi chiave della scena elettronica di Francoforte, nonché autore di alcuni degli album fondamentali del genere crossover electro/techno. Con il nuovo album “Verbalizer” ha scelto di spostarsi nettamente dalla musica più concettuale verso un approccio puramente edonistico, pensato appositamente per il club, tagliando definitivamente i ponti con il passato. Artista eclettico e ispirato, la sua musica profondamente connessa con emozioni e significati lascia spesso volontariamente all’interpretazione dell’ascoltatore il gusto e il piacere di scoprirli.
Evitando il solito discorso sul “talento”, qual è stata la tua formazione musicale? E le tue principali influenze?
Beh, diciamo che non ho imparato andando a lezione. Sono autodidatta totale e convinto. Tutto quello che so sulla musica e sulla produzione l’ho imparato da solo. Agli inizi John Carpenter e i Kraftwerk mi hanno influenzato tantissimo e sono ancora molto importanti per capire le origini della mia musica, anche se oggi però non ne fanno più parte.
La tua primissima release “Sex With The Machines” è uscita nel 1997 su Kanzleramt, la label di Berlino di Heiko Laux, ci racconti qualcosa?
“Sex With The Machines” è stato il mio primissimo album e per questo è anche una release molto speciale. Il successo che ho avuto con esso mi ha permesso di concentrarmi sulla musica e diventare un professionista.
L’EP è come un viaggio profondo è oscuro che rappresenta anche il manifesto della relazione tra uomo e macchina, dopo tutti questi anni, pensi che il significato sia sempre lo stesso?
L’EP va ben oltre il rapporto tra uomini e macchine. Più a fondo leggi tra le righe, più trovi significati. Prova! E si, ovviamente, oggi questo tema è ancora più significativo che mai.
Nel 1998 hai aperto Psi49Net, la tua prima label, appena un anno dopo la tua prima release, perché?
Avevo la visione di un’etichetta totalmente dedicate al genere electro. All’epoca non c’era nulla di simile, così ci ho provato.
Pensi che vivere a Offenbach, a pochi kilometri da Francoforte, sia stato importante per la tua musica?
Si, assolutamente. Sono cresciuto a Friedberg che è a 30 Km da Francoforte/Offenbach. Spostarmi a Offenbach è stato il passo successivo più logico. Mi ha aiutato a integrarmi nel movimento techno di Francoforte e mi ha reso parte della scena locale. Ho anche avuto l’occasione di noleggiare uno studio. A Friedberg dovevo produrre nel mio appartamento. Il mio primo studio era nel palazzo della Logic a Offenbach. All’epoca era un palazzo molto importante per la scena techno perché nello stesso edificio c’erano Harthaouse, IQ e Logic Records.
Tutte le tue produzioni sono incentrate su suoni e concetti realizzati con grande cura e ricchi di significato, qual è la tua ispirazione? Come sviluppi un’idea?
L’ispirazione mi arriva dalla vita di tutti i giorni. Tutto quello che faccio, tutto quello che provo, è inspirazione per la mia musica. Stessa cosa per le idee, non sono io a crearle, ogni tanto mi arrivano. Non puoi forzarti a essere creativo, semplicemente succede. Certo, ci sono giorni che non funzionano. Devi semplicemente accettarli.
Parlando di amore per le macchine, nel 2006 hai detto che il mix tra analogico e digitale è possibile perché il digitale suona molto simile all’estetica analogica, pensi che oggi il passaggio definitivo sia possibile o l’analogico rimane ancora oggi più sexy?
L’analogico suona ancora in modo unico su moltissime frequenze. Questo fascino speciale non può essere riprodotto digitalmente. Certo, devo ammettere che oggi ci si sta avvicinando molto, ma l’elettricità vera rimane elettricità vera!
Hai ancora bisogno di “tempo per contemplare”?
Tutta la mia vita da artista è dedicata alla contemplazione. Non c’è creatività senza contemplazione e riflessione. E’ da li che viene la magia.
Nel 2004 hai creato Datapunk e pubblicato l’iconico “Popkiller” definendo un genere completamente nuovo, il “moderntronic”, un mix tra electro e techno, quali sono i loro punti in comune secondo te?
In generale electro e Techno sono stili completamente diversi, ma con molti punti in comune. Il genere electro è il predecessore della techno e quindi ne fa anche parte. Oggi non riesci a distinguere più così bene tra i generi perché è diventato normale mescolarli. Unendoli puoi creare sinergie uniche.
Parlando di esibizioni live, cos’è cambiato rispetto al passato?
Oggi i live sono tecnicamente superiori. Le possibilità tecnologiche sono esplose negli ultimi anni. L’approccio è sempre lo stesso, gira tutto attorno all’improvvisazione.
Il 17/10/2014 hai pubblicato il tuo nuovo album “Verbalizer” e hai detto “Il club è una stanza astratta. Significa lasciarsi andare. La gente si libera, incontra altra gente e si sincronizza sulla musica”, si tratta di un approccio molto diverso dalla tua prima release, cos’è cambiato da allora?
Dopo aver pubblicato “Netzwek der Zukunft” all’inizio dell’anno, che era pieno di contenuti e di significato, ho cambiato direzione e provato a fare qualcosa di più edonistico, senza pensieri profondi e senso critico. La mia intenzione era di concentrarmi sul club e lo spirito del pubblico che lo frequenta.
“Verbalizer” significa “esprimere in parole”. Tu sei riuscito molto bene a spostarti dai concetti sofisticati delle tue precedenti produzioni a un approccio edonistico in stile “pensa meno e divertiti anziché cercare di capire tutto”, perché hai scelto questo titolo?
Il titolo “Verbalizer” è puramente ironico. Forse un po’ troppo ovvio.
Nella tua carriera oltre a grandi collaborazioni come quella con Karl Bartos dei Kraftwerk hai remixato moltissimi artisti tra cui Nena, Sven Väth, Thomas Schumacher ed Ellen Allien, come pensi che queste esperienze ti abbiano aiutato a definire “Verbalizer”?
I miei remix e le mie collaborazioni passate non sono legati a “Verbalizer” in nessun modo. Certo, tutti quello che hai elencato sono stati momenti importanti nella mia carriera, specialmente il lavoro con Karl Bartos, ma “Verbalizer” rappresenta un taglio netto, è l’inizio del mio nuovo suono e la fine dell’epoca Datapunk/Popkiller.
Come sempre, il suono è fondamentale nella tua musica; puoi dirci qualcosa di più sul tuo processo produttivo? Come riesci a ottenerlo?
Le mie produzioni sono principalmente basate sulla mia vasta esperienza, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti tecnici. Per la parte creativa devo ancora lavorare duro, tutti i giorni. Non c’è una ricetta o regola aurea per la creatività. Devi svilupparla e reinventarti ogni volta.
Parlando di cose tecniche e di DAW, oggi usi ancora Logic?
Si, Logic Audio.
Parlando di hardware e software, synth e effetti, quali sono le “armi segrete”?
Non uso più nessun sintetizzatore software. Lavoro in un piccolo, attrezzatissimo studio. Il mio studio è il mio parco giochi, qualche volta mi sento un bambino in un negozio di giocattoli.
Negli anni, il tuo suono è sempre rimasto molto coerente tra tutte le release, lavori anche sul mastering?
Non faccio il mastering ma sono sempre coinvolto nel processo. Partecipo quando lavorano alle mie tracce e le ascolto molto attentamente. Per me è molto importante.
Se un nuovo produttore ti chiedesse un consiglio su quale sia il miglior modo per cominciare una carriera nel mondo della musica, quale sarebbe?
Non dovrebbe ascoltare nessuno!
Tra tutte le tue produzioni, qual è la tua traccia preferita? E quella che ha venduto di più?
Beh, la prossima traccia che faro, ovviamente! Non so quale sia stata la più venduta, non m’interessano così tanto i numeri delle vendite, mi focalizzo solo sulla musica. Le vendite sono secondarie. Faccio musica per me stesso e per le persone che provano le stesse mie emozioni quando la ascoltano.
Ultima domanda, puoi dirci 3 album, di qualsiasi genere, che consideri un riferimento?
Kraftwerk – Electric Cafe
Logic Systems – Logic Systems
Bladerunner – Soundtrack – Vangelis[/tab]
[tab title=”English”]Anthony Rother, true german electronic music icon, thanks to his unique sound made of repetitive patterns, vocoders and futuristic sounds based around relationships between humans and machines is one of the key elements of the electronic scene in Frankfurt, and also author of some of the fundamentals crossover releases between electro and techno. With the new album “Verbalizer” he choose to move away from a more conceptual music to a pure hedonistic approach made for the club, definitively cutting with the past. Eclectic and inspired, his music deeply connected with emotions and meanings leave always to the listener to enjoy discovering them.
Avoiding the common adagio based around the concept of “talent”, what have been your musical backgrounds? And your main musical influences?
Well, I didn’t get my skills in a classic education. I’m a fully convinced Autodidact. All I know about music and producing I’ve learned on my own. Back in the days John Carpenter and Kraftwerk inspired me the most – They’re still very important to understand my musical background – but they’re not part of my productions anymore.
Your very first release “Sex with the Machines” is dated back 1997 on Kanzleramt, the label of Berlin producer Heiko Laux, could you tell us something about it?
Sex with the machines was my very first album. So this was a really special release for me. The success I’ve had with this album allowed me to fully concentrate on producing music and get way more professional.
The EP is a dark, deep electro voyage that is also a manifesto about relationship between human and machines, after all these years, do you think that the meaning is the same?
The EP deals with much more than the relationship of human and machines. The deeper you read between the lines – The more themes you’ll be able to find. Give it a try! And yes, of course – this topic is more relevant than ever before!
In 1998 you started Psi49Net, your first label, just one year after your very first release, why?
I’ve had a vision of a label which totally focuses on electro. There was nothing comparable at this time. So i gave it a try.
Do you think that living in Offenbach, which is few kilometers far from Frankfurt has been important for your music?
Yea, definitely. I grew up in Friedberg, which is 30 Km away from Frankfurt / Offenbach. Moving to Offenbach was the next logical step. It helped me a lot in order to integrate into the Frankfurt techno scene – this made me a part of the local scene. Also i had the opportunity to rent a music studio over there. In Friedberg i had to produce in my private flat. My first studio was located in the Logic building, Offenbach – Which was a really important place for the techno scene back in the days, because Harthouse, IQ and Logic Records were also located over there.
All your production is about sound and concepts, crafted with care and meanings, what is your inspiration? How do you develop an idea?
My inspiration comes from my everyday life. Everything I do, everything I experience inspires my music. Same with ideas – I don’t develop them – They just strike me from time to time. You can’t force yourself to be creative – This just happens. Of course there also are days without any flow. You just have to leave it then.
Talking about machine love, back in 2006 you’ve said that the mix of analogue and digital is possible because digital sound very close to analog aesthetics, do you think that nowadays the switch over is definitely possible, or analog is still more sexy?
Analog still sounds unique on several frequencies. This special charm can’t be reproduced digitally. Of course I have to admit that they’re getting really close to it nowadays – but real electricity stays real electricity!
Do you still need “time for contemplation”?
My whole life as an artist is dedicated to contemplation. There is no creativity without contemplation and reflection. That’s where the magic comes from.
In 2004 you started Datapunk and released the iconic “Popkiller” album defining a new genre, “moderntronic”, a mix between electro and techno, what are the common points between them for you?
In general electro and techno are totally different styles – but they’ve got a very close connection. Electro is the predecessor of techno – so electro is part of techno per se. Today you don’t distinguish that much between both genres anymore. It has become normal to mix both styles. You can create unique synergies by mixing them.
Talking about live performance, what has changed from the beginnings?
Live acts are technically on a higher level today. The technological possibilities exploded over the last years. The approach is still the same though – It’s all about improvisation.
17/10/2014 you’ve released your new album “Verbalizer” and you’ve said that “The club is an abstract room. It is about letting yourself go. People break free, meet each other and the music becomes the common clock”, a very different approach from your first releases, what is changed so far?
After releasing “Netzwerk der Zukunft” earlier this year, which was pretty packed with content and substance, I wanted to change my focus and deal with something more hedonistic – without any deep thoughts and critics. My intention was to fully concentrate on the club and the community spirit of the crowd.
“Verbalizer” literally means “to express in words” but you’ve managed very well to move from a sophisticated concept of your previous production to an hedonistic approach of “think less and enjoy instead of understand everything”, why did you choose this title?
The title “Verbalizer” is pure irony. A little bit obvious though.
During your career, apart from big collaborations like with Karl Barthos from Kraftwerk, you’ve remixed lots of artists including Nena, Sven Väth, Thomas Schumacher and Ellen Allien, how these experiences could have helped shaping “Verbalizer”?
My former remixes and collabs are not related to Verbalizer at all. Of course everything you’ve mentioned are great parts of my career – Especially the productions with Karl Barthos. But Verbalizer makes a clean cut. It’s the start of my new sound and the end of my Datapunk/Popkiller era.
As always, sound is still the big player in your music; could you tell us a little bit about its production process? How did you manage to achieve it?
My productions are mainly based on my large experience. Especially the technical aspects. For the creative parts I still have to work hard, every day. There is no recipe or golden thread for creative productions. You have to develop further and reinvent yourself, every time.
Talking about technical stuff and DAW, do you still use Logic nowadays?
Yea, Logic Audio.
About hardware and software, synths and effects, what are your “weapons of choice”?
I don’t use any software synthesizer anymore. I work in a small, fully equipped studio. My studio is my playground – Sometimes i feel like a kid in a toy store.
During the years, your sound is very coherent between all the releases; did you work also on the mastering?
I’m not doing the mastering myself, but I’m always involved in the process. I’m around when my tracks are being mastered and listen to everything carefully. That´s really important for me.
If a new producer approaches you asking for an advice about the best way to start a career in music biz, what would it be?
He shouldn’t listen to any other people at all!
Looking back at all your productions what is your own preferred track? And the bestselling one?
Well – The next track I’m going to produce of course! I don’t know which one was the top seller – I don’t care about the number of sales that much – I put my focus on the music itself. Sales are secondary. I produce music for myself and other people who have the same feelings when they listen to my music.
One last question, could you tell us 3 albums, of any genre, that you consider a reference?
Kraftwerk – Electric Cafe
Logic Systems – Logic Systems
Bladerunner – Soundtrack – Vangelis[/tab]
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