Gli appassionati di black music non avranno mancato di constatare che, negli ultimi tempi, si fa un gran parlare della scena footwork di Chicago. Le release sulla Hyperdub di Kode9, il successo di Dj Paypal su Brainfeeder e la pletora di uscite dopo la prematura scomparsa che ha catapultato Dj Rashad nell’aura del mito, hanno messo i 160 bmp del genere derivato naturalmente dalla sequenza Chicago house / Ghetto house / juke al centro di una certa ricerca musicale. Dj Earl è l’ultimo talento ad emergere da un albero genealogico che si potrebbe far risalire a Frankie Knuckles, passare per Mr Fingers e R.P. Boo e approdare a Traxman. Se la Traxx Records ha ancora l’imprinting della storia e la Planet µ può ascriversi il merito di aver esportato quel suono in Europa, è proprio la Teklife fondata da Rashad che sta riscrivendo le regole del gioco. Dopo aver accolto il giovane Deejay Earl nel 2008 è riuscita a farlo maturare sino alla collaborazione con Oneohtrix Point Never che segna l’ultimo album, ‘Open Your Eyes’, portando il beat ossessivo del dj e produttore americano, verso lande sperimentali inattese, dove le radici jazz e rave di quel suono possano dare frutti rigogliosi. L’arrivo per la sua prima data italiana, sabato 1 ottobre al Bracalone di Roma per l’evento Amen è stata l’occasione per una intervista con Dj Earl che potete leggere mentre ascoltate il mix esclusivo registrato per Mixology.
Raccontaci il tuo approccio alla musica e, nello specifico, al footwork.
Mi sono avvicinato alla musica per la prima volta grazie ai corsi scolastici. Ho cominciato a studiarla seriamente perché la mia passione, ai tempi, era quella di entrare in una band. Mi sono applicato e, alla fine ce l’ho fatta. Con altri amici abbiamo formato una college band con la quale andavamo in giro a divertirci suonando live. Sono cresciuto nel lato sud di Chicago e lì i party sui pattini ad ascoltare juke erano un fatto molto diffuso. Ho cominciato ad andarci sempre più spesso fino a quando, nel 2008, non ho scoperto che c’erano anche della battle di danza, ancora più interessanti, nelle quali quel suono juke diventava footwork. È stato in quelle occasioni che ho conosciuto Dj Spinn e Rashad. Dal quel momento in poi ho cambiato completamente prospettiva sul footwork.
Ti hanno accolto subito nella loro crew che ai tempi si chiamava ancora Ghetto Teknitianz nonostante tu fossi molto più giovane?
Si ma è accaduto tutto in maniera molto naturale. In quelle situazioni ho capito che mi interessava soprattutto fare il dj e poi, gradualmente, spostarmi verso la produzione vera e propria. Spinn e Rashad mi hanno sempre sostenuto e incoraggiato, dandomi energia e ispirazione per quello che volevo fare. Ho cominciato a frequentare le loro case, dato che ai tempi non avevano ancora uno studio vero e proprio. Si sono sempre comportati come due fratelli maggiori che si prendevano cura di me insegnandomi tanto. Uno degli aspetti principali legati alla scena di Chicago, per come la vivo io è che prima viene l’amicizia, l’affiatamento tra le persone che sviluppano passioni comuni e frequentano gli stessi luoghi, e poi tutto il resto.
Mi pare di capire che il rapporto con Rashad sia stato fondamentale per la tua crescita personale ed artistica.
Uscivo davvero molto spesso con Rashad. Era una persona estremamente positiva che provava sempre a motivare gli amici a dare il meglio di se stessi. Aveva un carisma unico che gli ha permesso di influenzare me e tantissimi altri artisti del suo giro. Al contempo era un uomo profondamente spirituale, capace di raggiungere livelli di consapevolezza molto alti. Credo di poter dire che la sua influenza si sia estesa ben oltre i confini della nostra città.
Se il rapporto di amicizia e condivisione è una componente fondamentale delle produzioni a marchi Teklife, non pensi che il successo possa minare questa base? Non credi che la pressione possa erodere quel rapporto?
Io non temo nessun tipo di pressione e, ti posso garantire, neanche gli altri membri della crew. Quella pressione l’abbiamo cercata lavorando duramente. Era parte di quella che sentiamo la nostra missione sin dall’inizio. La nostra cultura supporta il nostro sound e il nostro sound vive anche di una certa pressione che respiriamo attorno a noi. E comunque si tratta di una tensione positiva, che ci rende felici di portare in giro la nostra arte.
Stavo riascoltando ‘We Finally Made It’, la traccia alla quale hai collaborato con Dj Paypal che si trova nel suo album ‘Sold Out’. Il suo dj set allo Spring Attitude Festival è stato, per me, la prova che il footwork può essere un sacco di cose contemporaneamente e può incorporare molti altri generi…
Io amo quel disco. Lo trovo bellissimo e potente, anche se Paypal ha un sound molto diverso dal mio. Abbiamo spesso girato insieme e più volte abbiamo pensato di fondare un progetto collaborativo, dato che ogni volta che siamo insieme in una stanza non resistiamo alla tentazione di fare un pezzo assieme. Sono molto contento che Flying Lotus abbiamo voluto far uscire quel lavoro per la sua Brainfeeder perché mi pare un contesto perfetto, in continuità col lavoro esplorativo dell’etichetta nella nuova black music. Più andiamo in giro, più situazioni diverse vediamo e più le nostre produzioni incorporano suoni e stili differenti. Le ragione di un certo eclettismo che si sente nelle nostre produzioni sono anche lì.
‘Open Your Eyes’ è il tuo ultimo album, da poco uscito su Teklife. Artisticamente mi pare segnato da molte collaborazioni e, soprattutto, dalla co-produzione di Oneothrix Point Never. Come lo avete pensato e sviluppato?
In realtà questo album doveva avere un altro titolo ma nelle sessioni di ascolto collettivo che abbiamo fatto con tutti i collaboratori al progetto ci siamo resi conto che l’omonima traccia era quella che maggiormente sintetizzava lo spirito e l’attitudine dell’intero disco. Così quella è diventata la title track. Dall’inizio avevo chiaro, invece, che sarebbe stato un lavoro corale, condiviso con DJ Manny, DJ Taye, Moon Doctor, Suzy Analogue e un sacco di altra gente. Le prime bozze delle tracce erano sempre mie. In un secondo momento entrava Daniel (Lopatin aka Oneothrix Point Never, ndr) con soluzioni ingegnose che, ogni volta, spostavano il baricentro. Poi, tutti insieme in studio, riascoltavamo e cambiavamo ciò che c’era da cambiare.
Come è nato questo singolare connubio tra te e uno dei produttori elettronici più in vista del momento? Provenite da due ambiti sonori assai distanti…
Ho incontrato Oneothrix Point Never nel 2015 a Vancouver, in occasione di un festival. Avevamo in comune alcuni collaboratori che hanno favorito il nostro incontro ma io sono convinto che sarebbe avvenuto comunque. Era nel nostro destino, per quanto la musica che facciamo da soli non siamo immediatamente associabile. È successo tutto in maniera molto semplice. Io ho fatto ascoltare a Daniele una demo delle cose alle quali stavo lavorando in quel momento. Lui ha fatto lo stesso con me. Ci sono piaciute così tanto che abbiamo deciso di lavorare assieme, come naturale progressione del nostro incontro.
A proposito di incontri… Come è avvenuto, invece, quello con Shephard Fairey, conosciuto come Obey, uno degli street artist più famosi del mondo? E come lo avete convinto a disegnare la copertina di ‘Open Your Eyes’?
Il merito di questo incontro va tutto a una nostra comune amica. Ashes57 è una illustratrice, pittrice e fotografa tra le più attive nel mondo della underground bass music. Da sempre lavora con etichette come DMZ, Swamp 81 e Hyperdub ed è anche una street artist. Conosce molto bene Shephard Fairey, essendo la sua fotografa ufficiale da molti anni. L’idea di coinvolgerlo le è venuta dopo che abbiamo deciso il titolo dell’album. Le sembrava perfetto per un lavoro in pieno stile Obey. Ne ha parlato brevemente con lui, gli ha fatto sentire le tracce e, dopo una settimana, è tornata da noi con l’ok. Shephard Fairey avrebbe disegnato l’artwork per il disco. Non vi dico la fatica che abbiamo fatto a tenere la notizia segreta fino all’uscita ufficiale.
Cosa possiamo aspettarci dalla tua prima data italiana, per Amen al Brancaleone di Roma?
Di sicuro un sacco di energia: ci potete scommettere! Suonerò molte tracce che non avete ancora ascoltato, prodotte successivamente a quelle che compongono il disco, quindi nuovissime. Avrò dietro, con me, anche due ottimi ballerini footwork, Sirr Tmo & Dre, che dal palco faranno salire la temperatura sul dancefloor, invitando la gente a scatenarsi.
Cosa stai ascoltando in questi giorni che ti sentiresti di consigliarci?
In questi giorni sto ripetutamente ascoltando il nuovo lavoro solista di Isaiah Rashad, uno dei membri del collettivo hip hop di Chicago The Village. Ovviamente sto ascoltando anche un sacco di nuove produzioni della mia crew, che usciranno prossimamente, e tanta musica composta da Daniel Lopatin. Mi sto dedicando molto anche all’ascolto di tutte le produzioni di Kode9 e della sua Hyperdub.
Hai nuove produzioni in cantiere?
Sempre! Una delle caratteristiche specifiche di Teklife è stare sempre nel flusso creativo. Non mollare mai. Questo vuol dire che ci trovi fissi in studio, costantemente impegnati a produrre.