Astro Festival è veramente un festival di stelle, stelle luminose: sui Moderat non c’è bisogno di dire altro ormai, su Dixon neppure, è anche Gold Panda a modo suo è entrato in un Olimpo fra quelli che veramente sono dei caposcuola. Titolo del resto che non si può non dare anche a Lory D e a Daniele Baldelli, no? Caposcuola veri – e a livello mondiale – pure loro. Ciascuno nel suo campo, ciascuno alla sua maniera. Poi c’è Dukwa, uno dei migliori talenti italiani emergenti (non lo diciamo solo noi, lo dice pure Jackmaster, che ne è entusiasta e lo ha messo sotto contratto per la sua Numbers), e c’è Clap! Clap!, forse il talento più puro che abbiamo in Italia a livello di fantasia ed impatto (…e lì le garanzie vanno da Paul Simon a Gilles Peterson). Tutto questo in una sola sera (sabato 24 giugno, al Circolo Magnolia, alle porte di Milano, dalle 19 fino all’alba): non male. Ma c’è un ottavo nome a completare il cartellone che è, ovviamente, il meno conosciuto, visto quanto la sua carriera sia sempre stata molto legata a Milano e traiettorie milanesi più che nazionali ed europee; è però assolutamente una persona e un cultore di musica con una gran bella storia da raccontare. E con l’approccio giusto. Da sempre. Vladi Elz al tempo degli Electricalz, ora sempre più spesso Abstract: siamo stati molto felici di scambiare quattro chiacchiere con lui. I riflettori di Astro Festival vanno giustamente su altri nomi, ma le preziosità “astrali” si annidano anche qui.
La prima domanda è forse meno banale di quel che sembra a prima vista: chi è esattamente Abstract, dal punto di vista musicale?
Abstract è la parte di me che ha deciso di non porsi limiti dal punto di vista dei generi musicali. Ma è anche un’identità artistica che ha voglia di imparare dai più grandi e, al tempo stesso, di trasmettere agli altri. Perché la musica è, o dovrebbe essere, unità e condivisione.
Assieme al tuo socio Walking Shadow, alias Geronimo Gaiaschi, sotto la sigla Electricalz avete fatto nel vostro piccolo un po’ di storia del clubbing a Milano. Ti andrebbe di raccontare un po’ di passi salienti di questa storia: come è iniziata, dove, quali sono stati i punti di svolta…
Dobbiamo tornare indietro quasi di vent’anni! Precisamente, diciannove anni fa: esami di riparazione, per entrare in seconda liceo. Ci incontriamo, iniziamo a parlare, tra una cosa e l’altra salta fuori che avevamo un amico in comune – uno che faceva techno e aveva uno studio di registrazione. Confrontandoci su quello, ci diventa via via più chiaro che avevamo un sacco di cose in comune a livello musicale, molto più di quanto credessimo all’inizio, e che forse sarebbe davvero stato il caso di fare qualcosa assieme. L’anno successivo io aprivo il mio negozio di dischi, subito dopo abbiamo iniziato a fare le prime serate in giro per Milano come dj. Il progetto Electricalz nasce così. Passato poco tempo riusciamo addirittura ad avere una residenza mensile alla Pergola, il posto che più ho amato a Milano (la nostra serata si chiamava Revolution 909). Da lì in poi arrivano altre cose: le prime serate targate Input al Leoncavallo, la residenza ai party di Privat (leggendarie serate itineranti inventate da quelli che poi sono diventati i miei soci al Dude, Fausto e Oliver), le prime release, le prima date fuori Milano, fino ad avere – assieme ad altri – il primo sabato continuativo al Tunnel, ovvero Classic, dove credo sia stato fatto un lavoro di qualità.
Qual è la situazione più assurda in cui ti sei mai ritrovato, durante la tua vita da dj?
Allora. Immaginati la scena: sto mettendo i dischi, il locale è affollato, sono concentratissimo, mi sto impegnando al cento per cento per dare il mio meglio, sono molto preso dalla musica e dal modo di farla suonare al meglio. Arriva una ragazza. Dal piglio sicuro. Mi si para davanti. Mi fa: “Oh, mi prepari un Cuba Libre?”. Non sapevo se ridere o mettere giù le cuffie ed andarmene…
Oggi come oggi la tua figura è inevitabilmente associata in modo forte al Dude, club di cui sei dj resident e co-fondatore. Come racconteresti il club a una persona che non è mai venuta a Milano e non l’ha mai visto?
Molto semplicemente: buona musica; buon sound system; qualità dei drink; libertà di espressione. Non c’è bisogno di altro.
E invece, facendo conto di parlare con una persona che il Dude lo frequenta e conosce bene, quando è cambiato (se è cambiato!) il club in questi anni? Che tipo di evoluzione c’è stata?
Il nostro sforzo è quello di aumentare sempre più la “qualità del tempo”, per le persone che ci vengono a trovare. Questo significa curare sempre più e sempre meglio i particolari, ma significa pure ampliare l’offerta musicale, garantendo un’ampia scelta, molto maggiore rispetto a quello che avevamo ed offrivamo un tempo – ovviamente sempre all’insegna di quello che noi riteniamo di valore, da quello non si sfugge.
Quest’estate sei coinvolto in una delle novità più interessanti fra gli appuntamenti estivi milanesi: Soul Of The City, alla Rotonda Besana. Com’è nata quest’idea? Qual è la “vibrazione” che si vuole trasmettere?
Soul Of The City non è qualcosa legato al “mondo della notte”. Nel senso, se anche molti personaggi che verranno a suonare sono effettivamente legati al mondo del clubbing di un certo tipo, lì possono venire a metter su generi e dischi che in un club sarebbero in buona parte fuori luogo, decontestualizzati. C’è quindi una forte componente di avventura, sperimentazione, il tutto in un luogo veramente suggestivo – un vero e proprio “salotto buono” – come la Rotonda Besana. E’ un tentativo credo inedito, è una scommessa. Per ora i primi appuntamenti sono andati davvero alla grande.
Astro Festival: come descriveresti la line up? Qual è il set che aspetti di più?
Credo sia una line up studiata molto bene. Perché tocca molti generi e sfumature della musica eletronica, e lo fa con il giusto spessore con la giusta attenzione a chi offre una musica e un’attitudine tanto personale quanto capace di durare nel tempo. Devo dire che non c’è un set che aspetti particolarmente, che aspetti più di altri; la cosa in cui confido di più è che ci siano belle vibrazioni, sia fra il pubblico che backstage fra gli artisti. Sono convinto che sarà così!
Ti sei già fatto un’idea del set che vorresti fare? Perché come Abstract ti abbiamo sentito suonare dal 100% jazz fino ad arrivare ad house e techno, con in mezzo un sacco di cose differenti (…ed in effetti, dicevi prima che Abstract nasce in primis per questo motivo, come identità artistica). Quale mood pensi che vorrai inseguire, il 24 giugno 2017? Hai anche l’onore e l’onere di aprire il festival.
Mi piace decidere al momento cosa fare. Nessun piano pre-stabilito. Porterò le solite tre, quattro borse piene di vinili, e poi si vedrà…