Democrazia è sovrapproduzione? Più gente parla, più c’è confusione indistinta? Al di là di ogni metafora, Spotify ha lanciato una nuova funzione in versione beta, in pratica disponibile al momento soltanto per un centinaio di musicisti statunitensi, che permetterà di caricare sulla piattaforma tracce musicali in maniera diretta e autonoma, gestendo i relativi metadati a proprio piacimento, senza il permesso tassativo di etichette discografiche o terze parti di sorta. Oltretutto, in maniera del tutto gratuita – per la disperazione di chi, della distribuzione della musica, ne ha fatto un lavoro (o un business), illustri siti web compresi (vedi SoundCloud).
In questa maniera la app sarà sempre più “a doppio senso”, secondo un modello di “two-sided marketplace”, utile dunque non solo per i fruitori delle canzoni ma anche per gli autori delle medesime canzoni, che riceveranno poi ricavati in base al numero degli streaming. L’obiettivo dichiarato del colosso svedese è quello di “ottenere più musica possibile”, di riempire insomma sempre più il serbatoio (tanto che la quantità di tracce uploadabili sarà… illimitata). Tutti probabilmente faranno a gara per immettere i propri contenuti all’interno (richiedendo a ruota l’attenzione di ascoltatori e addetti ai lavori), ma sempre meno persone saranno in grado di potervi attingere in maniera consapevole, qualunque sia il loro ruolo.
Ciascun artista sarà sempre più libero di far circolare le sue creazioni, indipendentemente dal budget – spesso risicato – a disposizione: sembra una conquista molto punk, paradossalmente quasi do it yorself nell’era del digitale. Eppure i rischi sono quelli di un monopolio.
Si confida: a) nella capacità dell’artista stesso di scremare ciò che divulgherà al mondo, attuando un'(auto)selezione utile non solo a non bombardare il prossimo di roba inutile ma anche alla creazione di un percorso di senso, di una carriera b) nella ripresa dei mezzi di informazione specializzati, oggi sempre più in difficoltà, in quanto forse unico aiuto possibile all’orientamento in tale mare magnum, perché si rischia di perdere di vista quello che potrebbe essere rilevante o semplicemente bello.
Per recepire un quantitativo di tracce illimitato, ci vorrebbe un quantitativo di tempo illimitato.
Attualmente, ogni giorno, su Spotify spuntano circa 20mila file, all’interno di un catalogo di circa 35 milioni di brani. Per 180 milioni di utenti attivi ogni mese, autentici, eroici esploratori in una giungla di note in inarrestabile espansione.