Una delle cose più belle che possono accadere quando si scova un gruppo o un artista che apprezziamo da subito è lo scoprire che, guarda caso, sta per suonare proprio dalle nostre parti nei giorni a venire. Sono quelle cose che regalano una gioia infinita. Così mi è successo con il trio italiano Aucan: per caso un giorno mi sono imbattuto nel loro ultimo album, l’ho sentito e risentito e dopo qualche ora ho scoperto che la stessa sera avrebbero suonato ad un ora da casa… Fantastico! Il primo album, “Aucan”, punta molto sul rumore, sull’interferenza, su riff sostenuti, su scintille di suoni… Un album che si dimena fra il Post Rock e il Math Rock. Dopo l’EP “DNA”, da ascoltare, arriva “Black Rainbow”, l’ultimo album. Il passaggio da “Aucan” a “Black Rainbow” non è poi così immediato: cambiano i suoni, cambia lo stile, nonostante ciò si sente che l’album è l’ultimo frutto di un evoluzione omogenea, un evoluzione che segue un filo logico e che assolutamente non procede a tastoni. Un ultimo album sicuramente più elettronico, più orecchiabile, con più bassi e synth più distorti… Un album dalla doppia faccia: ascoltabile sia con orecchio attento al fine di sentire i passaggi, le climax, le progressioni, ma allo stesso tempo un album dalle forte venature melodiche che lo rendono fruibile e piacevole anche in un viaggio in macchina, tanto per fare un esempio.
Nonostante ciò, un conto è essere forti in studio, un conto è esserlo live! Questo mi sono detto quel giorno “Se live mantengono quest’energia, è d’obbligo qualche domanda!”. E così è stato! Un live carico, energico, sentito e sudato nel vero senso della parola! Giusto qualche domanda per farci raccontare un po’ l’evoluzione e il prossimo futuro di questo giovane progetto.
Ciao ragazzi, benvenuti su Soundwall! Innanzitutto complimenti per il live, energico, diretto, veramente forte! Non abbiamo niente di preparato quindi facciamo tutto qui sul momento. Iniziamo dal classico “come vi siete conosciuti”!
Dario: In realtà è stato tutto un insieme di casualità: mia sorella viveva con Giovanni e ci ha presentato 5 o 6 anni fa anche un po’ per gioco visto che suonavamo entrambi; della serie “ho un amico che suona, provate a conoscervi!”. Così io e Giovanni ci siamo conosciuti e siamo andati a fare una jam session in una sala prove… Così tanto per… Ci siamo trovati molto bene e così abbiamo iniziato a suonare assieme fin dal primo progetto, che non aveva nulla a che fare con gli Aucan. E con Francesco invece ci siamo conosciuti proprio grazie a Giovanni e abbiamo continuato a lavorare a quel progetto prima di passare agli Aucan…
E quand’è che vi siete detti “siamo pronti per questo primo album!”? Cosa è scattato?
Francesco: (ridendo) L’ha deciso Giovanni! Del tipo “Basta, adesso registriamo!”. Fu tutto fatto in analogico, in presa diretta… Ma come ti dicevamo non erano ancora gli Aucan.
E invece “Black Rainbow” come è uscito fuori? Come mai questo forte cambiamento dal vostro primo album come Aucan? Il primo era molto più Math Rock, l’ultimo è più Grime più Dubstep, più elettronico in poche parole…
F: Fra i due dischi c’è un EP, si intitola DNA, è un Ep di transizione in cui si sente il cambiamento proprio del dna del gruppo. Noi pensiamo che le cose si evolvano per conto loro, per quanto riguarda la nostra musica; noi cerchiamo di seguire queste trasformazioni. Infatti anche in questo ultimo album non ci sono state delle scelte a priori, la musica va un po’ dove vuole lei… E’ un percorso! Non ci è mai interessato il cristallizzarsi su un’idea precisa, su un genere preciso… Il punto è che l’inscatolarsi all’interno di definizioni ben precise spesso è deleterio per l’evoluzione di un gruppo o di un’artista. Magari avrai sentito dire “Gli Aucan fanno Dubstep”… Non è così! Noi non facciamo Dubstep, ma è lampante che ci sono forti influenze di quel genere. Magari darti una definizione può aiutarti ad inserirti in un certo ambiente, in seguito però il perdere quella definizione, il non definirsi ti permette di essere libero.
Parlando invece un attimo della vostra passione per la musica, come è avvenuto il salto all’elettronica?
Giovanni: Io lo ricordo benissimo: 17 anni, Aphex Twin, Bologna. Non avevo mai sentito niente di quel genere musicale. Mi ha cambiato la vita. Era una serata solo con i Dj della Rephlex. Io andai con il treno con un mio amico perché mi era stata passata una cassetta di Drum and Bass… La ascoltai, mi piacque e informandomi un pò trovai appunto questa serata di Aphex. Andai senza sapere a cosa andassi incontro di preciso.
F: Beh io in reatlà ho sempre ascoltato molta musica, e un po’ di ogni genere. Mio padre già ascoltava molta musica elettronica.
G: Suo padre ha una collezione di dischi impressionante…
F: Sì mio padre è stato fondamentale per le basi della mia cultura musicale. Poi concordo con Gio: Aphex è uno dei padri e quindi è inevitabile sentire molto la sua influenza. Poi è come se lui avesse già fatto tutto… Se senti anche cose belle vecchiotte come gli “Analogue Bubblebath”, è come se sentissi le radici di molte cose che vengono fatte oggi nella musica elettronica; anche se senti le cose che produceva sotto il nome di Caustic Window… E‘ impressionante come sia stato il precursore di moltissimi generi che si sono poi evoluti con il tempo! Poi per quanto riguarda gli anni più vicini al presente, ci siamo vissuti anche l’ultimo periodo vero del movimento rave, quindi i Teknival, situazioni con muri di casse simili ad un tempio…
G: Quando i rave venivano vissuti ancora un po’ come un rito collettivo, come un qualcosa di psichedelico in boschi, fabbriche abbandonate… Quindi siamo legati moltissimo a tutto quell’immaginario, che poi sappiamo tutti come è andato a finire. Noi andavamo più che altro come osservatori di un movimento fondamentale ed esplicativo di un determinato periodo.
Per quanto riguarda l’attualità, per un gruppo comunque sia giovane, com’è la situazione in Italia per quanto riguarda la promozione di nuovi artisti?
F: Beh, innanzitutto c’è da dire che noi l’esperienza italiana la stiamo vivendo in maniera significativa solo negli ultimi mesi. Ie nostre prime cose, compreso il nostro primo album, sono uscite non su etichette italiane ma su etichette francesi; quindi abbiamo iniziato a lavorare in maniere seria con la musica fuori dai confini italiani… Abbiamo fatto alcuni tour europei, poi da quando è uscito l’ultimo album su Tempesta ( “La Tempesta International”), a Febbraio, stiamo suonando molto anche in Italia. Penso ci siano molte situazione interessanti anche qui.
Quindi diciamo il vostro trampolino di lancio non è stato quello italiano, ma poi tornando qui avete visto che la situazione non era poi così peculiare…
G: Si più che altro, a prescindere dalla positività o negatività della situazione, ci siamo trovati in una realtà non troppo diversa da quella europea.
Invece guardando al futuro cosa ci potete dire? A quali progetti e idee state lavorando al momento?
G: Ora, oltre ai live, stiamo lavorando ad un album di remix dell’ultimo album. Abbiamo finito ieri il primo pezzo cantato da uno degli ex cantanti degli Asian Dub Foundation. Con lui abbiamo fatto una serata per la presentazione del disco, da lì è cominciata la collaborazione. Quindi stiamo contattando un pò di artisti per cercar di fare una raccolta di remix, alcuni fatti da noi alcuni da altri. Poi abbiamo un tour di una ventina di date in Francia subito dopo l’estate, il tour nei club italiani in inverno. Poi a Febbraio, che è un anno che siamo in tour e immagino saremmo anche un pò stanchi, ci fermiamo e andiamo in studio un mese a buttare giù le idee per il nuovo disco. Questa volta però vogliamo andare là con la mente libera e farlo veramente di getto, poi certo il missaggio e tutto avverrà più avanti, ma le idee, la struttura dei pezzi, diciamo quindi il corpo dell’album lo vogliamo creare là di getto in un mese. Ah poi dobbiamo fare un paio di video; a Settembre andiamo a Londra per un video street con appunto uno degli ex MC degli Asian Dub Foundation. Abbiamo da poco finito un remix per i Picore, un gruppo francese che pubblica sulla Jarring Effects, poi un remix con i Verdena. Insomma vorremmo lavorare su collaborazioni, e lo stiamo già facendo… Quindi appena ci fermiamo parte il nuovo disco di sicuro, saremo pieni di materiale!
Beh direi che siete pieni fino al collo, in bocca al lupo! Per concludere volevo chiedervi quali sono stati gli album degli ultimi anni che veramente vi hanno segnato!
G: Beh sicuramente Drukqs, quel disco è favoloso. E poi… Ah, l’ultimo dei Radiohead! Secondo me è il miglior disco dei Radiohead, punto.
F: Negli ultimi 10 anni sicuramente un ascolto importante per me è stato Four Tet. Il primo album che ho ascoltato è stato “Pause”, quello con il ragazzo con il magliettone con su scritto “Four Tet”. Mi piace molto quell’album perché si sente molto l’approccio da musicista; registrato tutto in casa, tutto: batterie, chitarre, synth… Bello.
D: Onestamente io non saprei! Non è facile prenderne solo alcuni!
Grazie mille ragazzi, spero ci rincontreremo fra qualche tempo per un intervista più approfondita. In bocca al lupo, ciao!
Aucan: Grazie a voi! A fra qualche tempo allora, ciao!