Cresciuto tra le fila dell’etichetta Minus, che lo ha formato a sua immagine e somiglianza una volta scoperte le potenzialità dell’artista, etichetta divenuta ormai simbolo della moderna musica elettronica, la storia di Mauricio Barembuem aka Barem parte dall’Argentina per estendersi poi a tutto il mondo. Cresciuto con la voglia di cimentarsi con la musica, abbandona fin da subito lo studio della chitarra, ritenuta troppo “noiosa e metodica”, specie se si pensa che il genere sognato e voluto dall’artista era il jazz: troppo il tempo per giungere al vero scopo, quello di usare lo strumento come mezzo per oltrepassare le barriere dell’ovvietà e permettere così la massima libertà nell’espressione personale… Da lì la scoperta dell’elettronica, più intuitiva ed emozionale, in cui non ci sono spartiti e confini chiusi da non superare se non prima di aver passato le tappe imposte. Per Barem quello è un mondo nuovo, che si apre sotto i suoi occhi, un sogno che può toccar con mano, tangibile ed emozionale allo stesso tempo. Da qui parte la vita dell’artista, in cui il rispetto di date e scadenze sono motivo di orgoglio che lo spingono a verificare giorno per giorno che lui, tutto sommato, è tagliato per questo mondo. La passione e la dedizione che mette in ogni suo lavoro emergono con forza in ogni sua traccia, spinta da una minimal dai ritmi netti ma dalle melodie indissolubilmente legate alle sue origini latine. Ad oggi Barem continua sempre lungo questa strada, perfettamente delineata dalla sua passione verso la musica ma sempre nel rispetto dei ritmi di una vita lavorativa che può definirsi intensa ed entusiasmante allo stesso tempo.
I primi passi nella musica le hai fatti con la tua chitarra, dilettandoti in stili blues. Cosa ti ha affascinato dell’elettronica tanto da farti abbandonare la chitarra per la consolle?
Si, in un primo momento, perché avevo iniziato ad imparare il jazz ma ne sono rimasto un pò frustrato visto che era così complicato, in più non riuscivo a trovare delle persone con cui suonare al mio stesso livello. Allo stesso tempo, ho iniziato ad ascoltare musica elettronica e ne sono rimasto molto colpito visti tutti i vantaggi e le libertà che vi trovavo. Quando si impara la musica, è sempre un pò fastidioso essere costretti a rispettare le regole e le strutture che si devono studiare prima di poter iniziare a superare i limiti e creare qualcosa di nuovo. Con la musica elettronica questo si può fare subito, anche se non si è mai studiato musica. Questo e l’essere in grado di fare un progetto completo da soli, senza l’ausilio di nessuno altro, mi ha spinto a lavorare di più in quella direzione che, alla fine, mi ha fatto abbandonare la chitarra.
Da passione a lavoro, il salto fu breve, quando e cosa ti ha fatto capire che il lavoro del dj/produttore sarebbe stato il tuo futuro?
Ho fissato un termine per il mio progetto di lavoro. Nel 2005 mi sono detto che avrei avuto 2 anni di tempo per provare a fare musica e se non avesse funzionato, sarei dovuto ritornare a scuola. Ho iniziato a bussare alle porte, sono andato per strada e non ho mai smesso di viaggiare e crescere da allora. Credo di non aver mai pensato ad un futuro allora, appena iniziato a viaggiare, ma dopo il primo set lontano da casa, tutto questo è diventato il mio presente.
Come dj, hai da subito usato il laptop per lavorare. Cosa ne pensi di tutti quelli che criticano chi non usa i vinili e cosa invece apprezzi dell’uso del laptop?
A dire il vero, ho iniziato a lavorare con il vinile nelle mie prime uscite come dj. Sono stato costretto a passare al portatile qualche anno più tardi perché era estremamente costoso comprare vinili a Buenos Aires, e non stavo facendo così tanti soldi per permettermi di pagarli tutti. Ma ho sempre continuato a suonare con i vinili in digitale, perché mi dà sempre quella sensazione di usare un disco. Sono stato sempre colpito dal gusto e dalle competenze tecniche di alcuni dj, a prescindere la loro set up. Ammiro dj che usano solo il vinile, i cd, od il vinile con traktor o semplicemente Traktor. Se si facesse una serata in cui mi facessero sentire qualcosa suonato su cassetta, ammirerei anche quello. Ciò che mi piace di più del set up con il portatile è che, se nel bel mezzo di un set ti viene in mente una traccia che non suonavi da anni e che però sarebbe perfetta per quel momento, è possibile cercarla e suonarla. D’altra parte non è possibile portarsi dietro l’intera collezione di dischi in giro quando si suona in vinile. Ma comunque, alla fine, penso che i dj dovrebbero usare quello che in cui si sentono più a loro agio, smettendo di criticare i vari set up. La buona musica è buona musica, a prescindere dal formato.
Stavamo parlando del vinile e del più contemporaneo laptop, il salto è stato enorme: da analogico a digitale. Come pensi cambierà ancora il modo di fare il dj nel futuro?
Beh, la tecnologia ha aggiunto il looping, l’editing in tempo reale ed un sacco di altri strumenti che è possibile utilizzare per rendere ogni traccia audio nel modo che maggiormente si desidera. Alcuni dicono che questo non sia bello e che uccida le tracce originali, ma ho sentito anche molti dj editare e suonare con i miei brani e mi piace l’idea che questo si possa fare. Quello che penso che stia accadendo, è che un sacco di dj giovani stanno imparando a suonare direttamente col sync, sento che non avranno mai il tempo e il senso del groove, dello shuffle, nonché dell’armonia che un dj ha usando un vinile. Imparare a suonare sotto pressione, senza loop per salvarti il culo, ti insegna qualcosa che non scorderai mai. Ti permette di allenare le orecchie per sincronizzare le tracce in un modo che non potrai mai fare con l’uso del sync.
Come sono stati i tuoi primi anni nel mondo della musica? Com’era il panorama musicale a Buenos Aires e quanto spazio era lasciato ai giovani che volevano cimentarsi nell’elettronica?
Non è stato molto facile, anche perché la musica suonata nei club era molto più commerciale di quella che io e gli altri dj “minimal” stavamo proponendo. Per fortuna il tempo ci ha dimostrato di essere nel giusto e ora tutto è cambiato. All’epoca non c’era molto spazio però, ma solo se suonavi la musica che volevano loro, e questo non ci sembrava la strada giusta. Tutto è cambiato quando qualche promoters indipendente ha cominciato ad aiutarci e più tardi, dopo il successo internazionale, tutto si è iniziato ad evolvere nel modo giusto.
Kleine EP, il tuo primo album in cui troviamo la traccia Suki, più volte remixata e rieditata da molti dj. Come nasceva quell’album e che tipo di reazioni ti aspettavi dal pubblico?
Ho fatto quel disco dopo aver visto Richie Hawtin e Magda suonare dal vivo per la prima volta. Sono stato davvero ispirato da quello che avevano suonato e quella serata mi ha dato un sacco di idee e mi ha aiutato molto a capire meglio quello che stavo cercando di fare. Dopo una o due settimane avevo tutto pronto: inviai il lavoro solo a Foundsound Records e con mia sorpresa rilasciarono il lavoro e un sacco di dj importanti iniziarono ad ascoltarlo, iniziando a suonare le mie tracce in giro. Tra questi pure Richie e Magda. Quella fu la prima volta che ho pensato che quello sarebbe stato un ottimo colpo. Prima, stavo solo sognando.
Da quel primo album ad oggi di strada ne hai fatta molta: oggi fai parte della famiglia Minus, una delle più prestigiose. Com’è lavorare per questa etichetta e come ti senti sapendo di essere sempre a stretto contatto di uno dei top dj come Richie Hawtin?
E’ sempre stato un mio obiettivo far parte di una delle migliori etichette in quel tempo. Perlon, Minus e Playhouse erano le mie etichette dei sogni cui mi sarebbe piaciuto far parte, ma la mia musica a quel tempo era più di ispirazione Minus e quando ho firmato il mio primo brano con loro ero la persona più felice sulla Terra. Una volta dentro, ho imparato molto da tutti, per lo più da Richie, perché anche solo vendendolo suonare da dietro ti insegna molto. Anche vedere qualcuno di iconico come lui lavorare intorno alla scena e aiutare a modellare il futuro è un grande vantaggio. Vedere come vanno le cose nel primo periodo ti aiuta a non commettere errori stupidi che alla mia età, in quel momento, avrei potuto fare ogni giorno. Sapendo che puoi sempre contare su qualcuno di saggio e con dell’esperienza che ti aiuta a prendere decisioni difficili, ti fa sentire più sicuro e più sicuro di te stesso.
Hai suonato nelle più famose location e clubs: Ibiza, Miami, Time Warp…sono solo un breve esempio. Cosa ne pensi dei locali e dei festival italiani?
Mi piace molto suonare in Italia. Mi ricorda molto l’Argentina. La folla è molto simile in un certo senso. Molto entusiasta, amichevole e chiassosa. I fan italiani faranno sempre qualsiasi cosa per andare a vedere i loro beniamini preferiti e trovo tutto questo molto bello.
E’ iniziato un nuovo anno, quali sono i buoni propositi di Barem? Cosa dobbiamo aspettarci per il futuro? Qualche collaborazione particolare?
In questo momento sono in Sud America fino alla fine di febbraio: metà di questi giorni li trascorrerò facendo vacanza, l’altra metà nel tour facendo il tutto in modo molto semplice come ogni inizio anno. E’ importante per me fare questo e iniziare con un sacco di energia a marzo. Sono quasi pronto a partire con il mio nuovo EP, che sarà rilasciato molto presto. Per quanto riguarda le collaborazioni, non ne ho quasi mai fatte, ma ultimamente ho parlato di fare qualcosa con il mio amico Ernesto Ferreyra di Cadenza. Forse lavoreremo su qualcosa quest’anno, ma non è ancora confermato nulla!
English Version:
Growing up in the ranks of Minus label, that formed him in his image and likeness once discovered the potential of the artist, that label that has become the symbol of the modern electronic music, the story of Mauricio Barembuem aka Barem, started from Argentina up to the whole world. Grew up with the desire to experiment with the music, leave immediately the study of the guitar, considered too “boring and methodical”, especially if you think that the kind dreamed and desired by the artist was the jazz. Too much time to reach the real purpose: use the instrument as a means to overcome the barriers of obviousness and thus allow the maximum freedom of expression… The discovery of electronic music, for Barem, is a new world, a dream that can experience first-hand, tangible and emotional at the same time. From here start the artist’s life, in which compliance with dates and deadlines are a source of pride. The passion and dedication that the artist puts into all his work emerge strongly in every track, in which the minimal rhythms are inextricably linked to its Latin roots. To date Barem always continues along this road, perfectly outlined by his passion for music, but always respecting the rhythms of a working life that can be defined as intense and exciting at the same time.
You have strated to do music with your guitar, making blues. What has fascinated you enough to give up the guitar to the console?
At first it was because I started to learn jazz and it was so complicated that I got a bit frustrated, plus it was not so easy to find people to play with at the level I had. At the same time I started enjoying electronic music and was very impressed by all the possibilities and freedom there was in it. When you learn formal music it’s a bit annoying how many rules and structures you have to go through until you can start bending the limits and create something new. With electronic music you can do that right away, even if you never studied music. That and being able to make a full project by yourself pushed me to work more into that direction and finally made me give up the guitar.
From passion to work, the jump was short. When and what made you realize that the work of the dj/producer would be your future?
I set a deadline for my project to work. In 2005 I told myself I had 2 years to try it out and if it didn’t work I was going back to school. I started knocking doors, went on the road and never stopped traveling and growing since then. I guess I never thought of a future back then, I just started traveling and after the first set away from home that became my present.
As a DJ, you have to immediately use the laptop for work. What do you think of all those who criticize those who do not use vinyl and what are the pros of the laptop?
Actually, I started as a vinyl dj. I was forced to switch to laptop sets some years later because it was extremely expensive to buy vinyl in Buenos Aires and I wasn’t making much money to pay for it. But I’ve always played digital vinyl, because I still get the feeling I’m playing records. I’ve been always impressed by the taste or the technical skills of certain DJs, regardless their set up. I admire DJs that play only vinyl, CDs, traktor vinyl or traktor sync. If you make a set that makes me feel something by playing cassettes, I’ll admire you too. What I like the most about the laptop set up is that if in the middle of a set you think of a track that you haven’t played in years and it would be perfect for that moment, you can search for it and play it. You can’t carry your entire record collection around when you play vinyl. But anyway, in the end I think DJs should use whatever they feel more comfortable with and stop criticizing set ups. Good music is good music in any format.
We were talking about the vinyl and the more contemporary laptop. The jump was huge: from analog to digital. How do you think will change the way to do the dj in the future?
Well, technology added looping, real time editing and a bunch of other tools that you can use to make every track sound and move more the way you want. Some people say that’s not cool and kills the original tracks, etc., but I also heard DJs editing and playing around with my tracks a lot and I like that they can do that. What I think it’s happening is that a lot of young DJs are learning to play directly on sync and I feel that they will never have the timing and sense of groove, shuffle and even harmony that a vinyl DJ has. Learning to play under pressure with no looping to save your ass teaches you a lot that you’ll never forget. It trains your ears in a way sync will never do.
How were your early years in the electronic music? What was the music scene in Buenos Aires and how much space was left to young people who wanted to engage in electronics music?
It wasn’t very easy because the music played in clubs was way more commercial than the music me and other ‘minimal’ DJs were playing. Luckily time proved us to be right and now everything turned around. There was space though, but only if you played the music they wanted, and that was never the case until some independent promoters started helping us and later on after international success the rest followed.
Kleine EP, your first album in which we find the track Suki, remixed and re-edited several times by many DJs. How was born this album and what kind of reaction did you expect from the audience?
I made that record after I first saw Richie Hawtin and Magda play live the first time. I was really inspired by what they did and that night gave me a lot of ideas and helped me to understand better what I was trying to do. After a week or two I had it all done, sent it only to Foundsound Records and to my surprise, they released it and lots of important DJs listened to it and started playing my tracks, including Richie and Magda. That was the first time I really thought I had a shot. Before that I was just dreaming about it.
From that first album up to today, you have come a long way: now you’re part of the family Minus, one of the most prestigious label. How is it working for this label and how do you feel knowing you are always in close contact with one of the top DJs like Richie Hawtin?
It has been always a goal for me to be on one of the top labels around that time. Perlon, Minus and Playhouse were my dream labels to join, but my music at that time was more inspired by Minus and when I signed my first track with them I was the happiest guy on Earth. I learnt a lot from everybody at the label, mostly from Richie because just to see him play from behind teaches you a lot. Also the way someone iconic like him works around the scene and helps shaping the future is a big advantage. You see how things in the first league are done and that helps you not to make stupid mistakes that at my age at that time I could make on every turn. Knowing that you can always count on someone that wise and experienced to help you make difficult decisions makes you feel safer and more confident.
You’ve played in the most famous locations and clubs: Ibiza, Miami, Timewarp … for example. What do you think of Italian clubs and festivals?
I love playing in Italy. It reminds me a lot to Argentina. The crowd is very similar in a way. Very enthusiastic, friendly and loud. The italian fans will do just about anything to go see their favorite acts and I find that to be very cool.
It’s started a new year. what are your good intentions? What should we expect for the future? Some special cooperation with regard?
Right now I’m in South America until the end of February, half on holidays and half on tour, but taking it very easy like every beginning of the year. It’s important for me to do this and start with a lot of energy in March. I’m also almost done with my new EP, which I expect to be out pretty soon. About collaborations, I almost never do that, but lately I’ve been talking about doing something with my good friend Ernesto Ferreyra from Cadenza. Maybe we’ll work on something this year but nothing confirmed yet!