Il format del Barrakud è una scommessa, tutta italiana per giunta. Tre anni fa l’idea era quella di portare sull’isola di Pag in Croazia un festival di musica elettronica itinerante dove il pubblico potesse spostarsi giorno per giorno in posti mozzafiato e godere di buona musica. Negli anni successivi la proposta si è affinata, con feste pomeridiane sulla spiaggia oppure su navi in mezzo al mare ed esibizioni serali in club esclusivi, comune denominatore la musica di qualità di artisti di fama internazionale. Quest’anno l’evento è raddoppiato, non solo l’avventura Croata ma anche un Barrakud Festival in Grecia presso l’isola di Corfù (dal 15 al 19 agosto), al motto di #Ravetheworld, che abbiamo vissuto fino all’ultimo minuto.
Lo diciamo subito, l’aver portato a Corfù nomi importanti ma non totalmente mainstream è stata a nostro avviso la vera carta vincente, che ha permesso ai 500 fortunati possessori di biglietto di assistere ad esibizioni intense quanto imprevedibili di Ben UFO b2b Jackmaster, Tom Trago, Lele Sacchi, Tom Demac, Benoit & Sergio, Corrado Bucci, PillowTalk, Oliver Koletzky, Lucy, Francesco Tristano e Nina Kraviz sullo sfondo di bellezze naturali uniche. Parliamo di imprevedibilità perché la maggior parte degli artisti coinvolti hanno compreso la dimensione peculiare di questo evento, lasciandosi loro stessi influenzare oltre che dal pubblico, anche dalle location (soprattutto quelle naturalistiche del pomeriggio) dando forma a dj-set perfetti per il momento, anche a costo di offrire qualcosa di alternativo rispetto alla loro proposta classica.
Si è partiti la prima sera con il back to back ovvero la condivisione del palco di Ben UFO e Jackmaster in un piccolo club affollatissimo sia in pista che nel giardino antistante, tra corpi danzanti ed altri in relax stile aperitivo. Dentro le luci erano bassissime e l’illuminazione scarna toccava appena la strumentazione dei due dj inglesi che si alternavano a colpi di techno dura e pura (Ben UFO) e ritmi UK Garage (Jackmaster). C’è intesa tra i due ed il set scivola via fino alle prime luci dell’alba, nonostante i nostri piedi pesanti dovuti alla lunga giornata di viaggio.
Il secondo giorno apprendiamo che Tom Trago ha avuto problemi con il volo e si esibirà la sera, dopo Lele Sacchi, anziché in spiaggia il pomeriggio. Arriviamo al club in tarda serata – è simile come struttura a quello del giorno prima ma con una sala principale più grande – ed assistiamo ad ottimi set dove si alternano dj italiani legati a doppio filo all’organizzazione Barrakud (tra gli altri Matteo Tumolo con una selezione musicale davvero buona). Peccato vedere la sala mezza vuota, il suono è impeccabile e lo stile dei dj anche, sarà per l’illuminazione un tantino invasiva ma anche se in pochi, ci si gode la pista. All’arrivo di Lele Sacchi la gente sembra inizialmente rispondere bene, la sua techno dal cuore funk è ben fatta e fa danzare ma alla lunga diventa prevedibile. La sala è pigra fino all’arrivo di Tom Trago che con maestria riconquista gli annoiati con un tocco diverso dal solito: poca house e molta techno, meno inventiva e ritmi forsennati. Si torna a casa con un poco di amaro in bocca ma pur sempre di primo mattino.
Ci svegliamo con calma e attendiamo il pomeriggio visitando la città di Corfù, dove sembra che i ritmi di vita siano rimasti quelli autentici di una volta. Nel pomeriggio ci dirigiamo dall’altra parte dell’isola, nella località di Paleokastritsa per assistere all’esibizione dal vivo di Tom Demac. Il luogo scelto dagli organizzatori ha dell’incredibile: siamo su un costone di roccia che dà sul versante occidentale dell’isola e sul mare; la postazione del dj guarda la piscina e lo specchio d’acqua infinito del mar Ionio. L’inglese non delude le aspettative ed a metà strada tra un live ed un dj set fa risuonare la sua tech-house in tutta la valle. Giungiamo all’appuntamento serale con un sorriso enorme sul viso, le immagini del pomeriggio sono ancora vive in noi. Eppure bastano le prime note di Corrado Bucci a riportarci coi piedi per terra, il ragazzo originario di Brescia miscela techno con reminiscenze jazz della sua infanzia e conquista tutti, autentico funambolo del mixer. E’ il turno di Benoit & Sergio e la notte prosegue al meglio con il loro peculiare mix di electro e house, sempre elegante e coinvolgente.
Il penultimo giorno ci spostiamo ad Ipsos per l’evento pomeridiano sulla spiaggia. E’ possibile raggiungere il luogo tramite una nave con le bandiere Barrakud spiegate al vento e la musica elettronica nelle orecchie. Raggiunta la costa c’è ad attenderci Corrado Bucci per un’altra sessione di musica techno di qualità e poi, subito dopo, i PillowTalk. La loro è una miscela di disco, house e techno ma dalla grana grossa, giusta per un evento en plain air tra tuffi al mare e sabbia nei capelli. La notte ci dirigiamo in quello che sarà anche il club di chiusura, una struttura ben più grande delle precedenti e dallo stile sobrio ma elegante. E’ la volta di Oliver Koletzki. Il dj berlinese propone una deep house mista a breakbeat che fa ballare tutti, mentre il tetto apribile del locale trasforma la sala in una sorta di rave all’aperto dal quale si può guardare il cielo stellato. Si torna a casa col sole.
E’ la giornata di chiusura ma cerchiamo di non pensarci, ci aspetta quello che dai più è atteso come l’evento principe del festival: il live di Lucy (al secolo Luca Mortellaro che sulle nostre pagine avete imparato a conoscere bene) presso “la grotta”. La cornice è di quelle che ricorderemo per molto, molto tempo; a tutti gli effetti una grotta naturale ai piedi di una montagna con alle spalle un arcipelago in mare aperto, un bacino verde ed azzurro dov’è risuonata la techno multiforme del dj italiano, galvanizzato come tutti noi da un’atmosfera irripetibile – qui sotto la sua intervista esclusiva prima dell’esibizione dove ci prometteva una caponata sonora come piatto portante del suo set.
Dopo un pomeriggio così non potevamo più chiedere altro, eppure ci siamo ritrovati dopo poche ore a ballare la techno condita con suoni di pianoforte campionati e stravolti attraverso le macchine elettroniche di Francesco Tristano e la deep house d’ordinanza di Nina Kraviz che accontenta la platea seppur arrivata in ritardo. Chiusura buona per un’edizione che ha dato moltissimo agli appassionati di musica elettronica.
Diremmo quindi che si tratta di una scommessa vinta, alla crew di Barrakud vanno i nostri complimenti perché raddoppiare la proposta e spingere sulla qualità dell’ascolto non sono scelte banali. Si poteva optare per qualcosa di più semplice, meno rischioso, magari puntare principalmente sulle location e meno sui nomi coinvolti, ma non sarebbe stata la stessa cosa. Questa avventura ci è piaciuta soprattutto perché si è mirato ad un obbiettivo alto e quando ciò accade, il risultato non può che essere eccellente. Ci aspettiamo per l’anno prossimo altro coraggio e magari una line-up pomeridiana ancora più “lunga” che possa valorizzare al meglio l’esperienza pre-serale. Continua così Barrakud… #Ravetheworld.
Come mai hai deciso di vivere a Berlino?
Lucy: Ho abitato per tre anni a Parigi ed avevo in testa questa idea di creare una piattaforma per poter mettere insieme le mie esperienze e quelle dei miei amici. Sentivo che questa cosa non poteva venir fuori dove vivevo ma c’era bisogno di una apertura maggiore, che è quella che poi ho trovato a Berlino. Lì mi venne naturale l’idea di aprire una etichetta musicale, la Stroboscopic Artefacts. E’ una città dove la comunità artistica è molto forte e ti permette di ritagliarti il tuo spazio, senza compromessi di alcun tipo. Ci vivo ormai da sette anni e seppur sta cambiando, rimane un incubatore di idee.
Comporre musica in una realtà che è fortemente legata alla techno ti ha influenzato? Nelle tue produzioni si sente un mix di influenze molto vario, non per forza riconducibile a questo suono.
Mi sento un vampiro in questa città e devo ammettere che nel momento in cui ci vivi dentro ti da la possibilità di farti le esperienze più varie ed allo stesso tempo di esprimerti liberamente. Si ascolta di tutto e più di ogni altra cosa a Berlino c’è la possibilità di crescere al modo che si preferisce, senza alcun preconcetto. Poi ci sono i locali, che sono aperti a nuove esperienze musicali, anche quelli storici come il Berghain, che tra l’altro sono gestiti da teste giovani che sono in continua ricerca di nuovi talenti. Quando loro vedono in te lo shining allora è fatta, conta quello e niente altro, né il genere che fai né qual è la tua storia.
Hai citato il Berghain, parlaci della tua esperienza, lo trovi cambiato?
E’ cambiato ma doveva cambiare. Negli ultimi sette anni sono subentrati nuovi generi, alcuni resident dj sono cambiati, la città stessa è cambiata ma quel club continua ad essere lo specchio di una città in continua trasformazione. La mia prima volta al Berghain come ascoltatore fu sette anni fa per un exdended set di 12 ore Marcel Dettmann che mi ha aperto un mondo. Quando mi chiamarono come performer fui felicissimo, accadde praticamente dopo la seconda uscita su Stroboscopic Artefacts. L’avere alle spalle un’etichetta per me è fondamentale, riesco in questo modo a chiarirmi il percorso, sapere dove andare.
So che ti piacciono i Kraftwerk perché hanno cambiato la storia della musica ma anche perché sono sempre stati un passo avanti a tutti senza avere un atteggiamento da intellettuali.
La musica elettronica per i tedeschi è cultura nazionale. I Kraftwerk ne sono l’esempio più grande, loro erano il pop anche quando davano alle stampe dei dischi complicatissimi o innovativi, non si sono mai chiusi nell’intellettualismo e poi sono sempre stati attenti al rapporto con il pubblico ai loro show…
Come David Lynch con Twin Peaks, anche se qui tocchiamo altri ambiti.
Praticamente sì, è un paragone che funziona.
Se dovessi definire l’esibizione al Barrakud con una pietanza, cosa ci cucinerai questa sera?
Fammici pensare bene, credo sarà una cosa grassa ma gustosa… una caponata!