Che cos’è il Barrakud? Devo ammettere che anche io ci ho messo un pò a capirlo bene, mi chiedevo “E’ una festa? Un festival? Un viaggio organizzato? Cos’è?”. Eravamo in Croazia proprio nei giorni dell’evento, così ne abbiamo approfittato per fare un salto e capire cosa sia realmente questo progetto, per seguirne l’evoluzione sin dalla sua prima edizione. Siamo partiti dai laghi di Plitvice, nell’entroterra croato, per raggiungere l’isola di Pag, isola scelta per ospitare questi 7 giorni di feste e che sempre più spesso viene definita come “la nuova Ibiza” (paragone che analizzeremo più avanti). Una delle cose che sicuramente continuano a tener in vita il panorama di eventi di musica dance-elettronica è senza dubbio la capacità/necessità degli organizzatori (o meglio, di alcuni organizzatori) di reinventarsi, di trovare qualche escamotage al fine di render fresca la nuova stagione, il cercar continuamente nuove location, nuovi allestimenti, nuovi concept (esatto, portare nuova musica molto spesso non è proprio l’obiettivo principale). Il Barrakud, per l’appunto, è qualcosa di nuovo sotto molti punti di vista, forse anche per questo non ci è stato subito ben chiaro come definirlo. Durante i nostri 3 giorni di permanenza sull’isola di Pag, sotto le casse di Ellen Allien, Nina Kraviz, Jamie Jones, Philipp & Cole, i ragazzi del Morph e molti altri, abbiamo chiacchierato un pò con lo staff e ci siamo fatti spiegare al meglio come è nato e che cosa sia il Barrakud. “Party Trip”, così viene e dev’esser definito. La crew alle spalle di questo progetto già precedentemente organizzava viaggi portando la gente dove c’era la giusta musica; poi, da qui, è nato il concetto fondamentale del Barrakud: occuparsi non più solamente di viaggio ed alloggio, bensì anche dell’aspetto musicale e quindi dell’obiettivo del viaggio stesso andando ad organizzare, sotto lo stesso nome, un programma articolato in feste in club, after in spiaggia e boat party. Per questo “Party Trip”, perché è l’unico modo adeguato per definire questo progetto, quest’idea che sa veramente di fresco. Ma non è “tutto qui”, oltre a questo concetto fondamentale c’è anche un aspetto per così dire missionario che ci è stato definito come “metodo inglese all’italiana”. In altri termini, così come gli inglesi cercano di esportare fuori dal Paese i loro top brand, così il Barrakud ha come obiettivo quello di creare un network costituito dai migliori marchi italiani dell’ambito (club, party, dj…) ed uscire fuori dall’Italia, creare quindi un network itinerante che esporti il meglio della scena elettronica italiana. Proprio per questo motivo, accanto al Barrakud in sé, che di itinerante ha poco visto che manterrà la sua home base sull’isola di Pag, verranno organizzati su scala annuale anche dei mini-tour Barrakud europei che porteranno gli stessi concetti in giro per l’Europa attraverso delle “trasferte” di uno o due giorni. Questo è quindi il progetto, lo schema basilare, ma parliamo ora di quello che abbiamo visto noi, dell’aria che abbiamo respirato a Pag durante i giorni del Barrakud.
Pag, per chi non c’è mai stato, è una delle isole più brulle della Croazia, costituita da splendidi paesaggi, stradine strette e tortuose che salgono e scendono, spiaggette più o meno note, paesini e la frenetica città di Novalja. Spostata un pò più a Nord rispetto al baricentro dell’isola c’è la spiaggia di Zrće, è qui il parco giochi dell’isola fatto di spiaggia, mare, club, casse, afterhour e alcool… Sembra veramente di stare in uno strano parco divertimenti. Spostandosi di soli 10 metri si passava, nel nostro caso, dal basso di Benny Benassi alla selezione di Ellen; sulla spiaggia venditori di pizzette, panini, drink a poco prezzo e una marea di gente che si disperdeva fra i locali e i piccoli sassi che costituiscono la spiaggia. Siamo rimasti sull’isola dal 13 al 15 Agosto, prendendo parte alla festa con Ellen ospitata da 105 Club Nation, l’after beach con la Kreviz ospitata dal Privat, il festone con Jamie Jones ospitato dal Tenax per chiudere poi la mattina del 15 con i ragazzi del Morph (tutti questi nomi giusto per ricollegarci al discorso inerente all’esportazione dei marchi italiani). Beh, la nostra opinione, per ciò che concerne i party Barrakud, è più che positiva: si respira un’aria rilassata, si ascolta ottima musica, l’organizzazione è delle migliori e le location non sono niente male. Bellissimo è stato godersi il sorgere del sole sul mare a qualche decina di metri dalla consolle e ascoltare l’ultimo disco della serata con Ellen al Papaya, serata che, come avviene quasi sempre quando si va ad ascoltare Allien, è stata differente da tutte le altre a cui abbiamo assistito; il sound rimane sempre il suo, elettrico ed eclettico, a tratti acido, è la densità di techno più o meno dura che cambia di volta in volta. Non da meno è stato vedere come l’essere umano non capisca più niente davanti ad un pallone e il mio non è sarcasmo, è vero rispetto per il potere unificante di quell’oggetto sferico! Mentre Nina Kreviz intorno alle 7-8 di pomeriggio portava avanti il suo set sexy e accattivante (accompagnato dal suo solito modo di ballare che ancora devo capire se è una “paraculata” o semplicemente… il suo modo di ballare) qualcuno ha tirato fuori un pallone scatenando la gioia del pubblico che ha iniziato a passarselo da una parte all’altra del club fra colpi di testa, schiacciate ed energici calci verso il cielo. Intanto, sugli schermi, venivano proiettati dei visual a dir poco interessanti, tanto che ci siamo andati a cercare il nome dell’artefice: Glamnoise. Dove si sarebbe andato a finire era ovvio, dopo un quarto d’ora il pallone è andato dritto dritto su uno dei giradischi in consolle (perché Nina suona rigorosamente con il vinile) facendo ovviamente saltare la puntina. Da una parte la manager con le mani nei capelli, dall’altra alcuni di noi che a questo punto non sapevano cosa aspettarsi e altri che, senza farsi troppi problemi, rivolevano semplicemente la palla nel dancefloor; la reazione migliore è stata quella dell’artista siberiana che una volta raccolto il pallone, sottraendolo alla manager iperpreoccupata, lo ha ritirato con tanto di sorriso fra la folla rialzando il fader, come se nulla fosse. Un bel momento.
La sera, purtroppo, non siamo rimasti fino a chiusura con Jamie Jones e l’orda di persone che aveva invaso l’Aquarius Club, ma ci siamo riservati qualche ora di sonno per andare poi, di prima mattina, all’after in spiaggia a cui ha partecipato anche Jamie sorseggiando drink al bar fino a quando il sole era ormai alto nel cielo. Qui poi, una sensazione veramente particolare: noi appena svegliati che praticamente avevamo (anzi, avremmo voluto) ancora cappuccino e cornetto in mano e intorno a noi luce solare arancione e un classico pubblico sfatto da after. Bravi i 2 ragazzi del Morph (Eletric Cafè e Pisto) che hanno fatto una selezione a mio avviso non eccessivamente appropriata per un after in spiaggia ma che, forse, proprio per questo ho apprezzato molto.
Per quanto riguarda il paragone Ibiza-Isola di Pag, devo dire che mi sembra abbastanza superficiale e soprattutto inutile. In primis trovo non sia di nessuna utilità mettere sullo stesso piano due isole che sono da quasi ogni punto di vista completamente diverse, ma non in senso negativo per l’una o per l’altra, sono semplicemente diverse. Per dirne una, i club principali di Pag danno tutti sul mare cosa che invece non succede ad Ibiza, d’altra parte l’aria e lo spirito dell’Isla blanca rimangono propri, almeno per ora, solo della stessa. Pag è indubbiamente un’isola che si sta trasformando in una delle nuove mete del popolo danzante, ma che lo sta facendo forse senza risolvere problemi immediati che si presentano quando si ospita un determinato tipo di pubblico. Mi sto riferendo a parcheggi (tutti a pagamento) per centinaia e centinaia di macchine che hanno un’unica entrata e un’unica uscita… Vi lascio immaginare cosa voglia dire dopo una festa aspettare che ognuno (ogni persona che si trovava in uno dei locali della spiaggia di Zrce), nelle condizioni psicofisiche più disparate, sia arrivato all’uscita e abbia trovato i soldi sufficienti per il parcheggio (Kune, non euro)… Una situazione alquanto bizzarra.
Come per Ibiza poi, la strada principale è una, una strada che attraversa l’isola, con l’unica differenza che a Pag i guardrail sono rari e la strada principale è molto pericolosa, soprattutto per tornare verso la città di Pag. Insieme a queste, ci sono altre “piccole” accortezze che potrebbero aiutare a trasformare l’isola in un nuovo paradiso per la club culture e per chi, come i ragazzi del Barrakud, ha voglia di mettersi in gioco e di dar vita ad un nuovo progetto.
Tornando al nostro Party Trip, che per ovvie ragioni non ha nulla a che fare con i problemi logistici dell’isola, il nostro pensiero è che sia un progetto più che valido, destinato a crescere ed a ospitare sempre più gente (già quest’anno sono andati sold out circa 1200 posti letto). L’idea di unire l’organizzazione del viaggio e delle feste all’obiettivo di esportare il meglio della produzione italiana è forse una delle migliori dell’ultimo periodo. Aspetteremo i prossimi mini-tour per vedere come si evolve il progetto e la prossima edizione estiva del Party Trip per avere il verdetto finale, anche se, stando a quello che abbiamo visto e ascoltato, ai tramonti e ai sorger del sole che il sound Barrakud ci ha regalato, siamo molto fiduciosi.