E chi li affonda, i Basement Jaxx? Caravanserraglio di suoni e ritmi già da vent’anni, e già dai tempi di un album d’esordio clamoroso come “Remedy” (1999), Felix Buxton e Simon Ratcliffe già più volte hanno dato l’idea di essere solo una effimera “sensazione del momento” per poi invece tornare negli anni successivi sempre a galla, e sempre nelle zone altissime della classifica (per usare una metafora non solo calcistica, ma anche proprio di popolarità e vendite discografiche). Parlando una buona mezz’ora con Felix, come è successo a noi, si capisce anche un po’ perché: l’entusiasmo e la positività nelle sue parole e nei suoi toni sono evidenti. A sentire lui, ti viene da pensare che in fondo fare musica bella e di successo sia una cosa facile, naturale, soprattutto semplice, senza bisogno di chissà quali alchimie. Chissà, magari è veramente così. Abbiamo anche provato a parlare di cose più “tecniche” con lui, oppure ad avventurarci su conversazioni riguardo alla parte più di nicchia e ricerca dei dancefloor: la sua cortesia è rimasta immutata, ma era evidente come ci stesse dando delle risposte di circostanza (e infatti le abbiamo omesse dalla trascrizione). Forse la ricetta per il successo, e per la longevità nel successo, è veramente molto semplice. Anche in una musica barocca e per certi versi quasi complicata, per ricchezza di elementi, come quella dei Basement Jaxx.
Allora Felix, come va?
Bene, bene! Sono tornato poco tempo da Ibiza, dove ho fatto un weekend da dj e poi sono rimasto prendendomi qualche giorno off. Col disco in uscita, abbiamo avuto un periodo molto intenso, ora tutt’e due abbiamo diminuito i ritmi e ci stiamo prendendo spesso e volentieri qualche pausa. Sai, è una sensazione molto bella essere tornati con un album in giro. Tanto più che le reazioni del pubblico sono state molto buone, in America nelle chart di Billboard siamo finito al primo posto, una gran cosa no? Siamo contenti. Anzi, siamo contenti perché la gente sembra contenta di noi: alla fine quello che ci interessa di più è soddisfare le persone.
Ma i giorni spesi ad Ibiza ti hanno più divertito o più stancato? Che poi tra l’altro il confine tra questi due stati è spesso sottile…
Eh, capisco cosa intendi… Mettiamola così: Ibiza può fare del bene può fare del male, dipende da come ti comporti. Io sono molto metodico nella mia tranquillità: faccio sempre un sonnellino rigenerante prima di uscire la notte. In più cerco sempre di scegliere i party all’aria aperta, quelli non al chiuso, meglio ancora se quelli liberi. Non sono uno che fa chissà quanto clubbing e, soprattutto, non mi drogo: perché sono le droghe quelle che alla lunga ti rendono stanco ed irritabile.
Però a questo punto mi viene da chiederti: con uno stile di vita così tranquillo, così “adulto”, come ti relazioni con un pubblico che ormai è quasi sempre più giovane di te, almeno quando ti ritrovi a fare da dj?
Giovani, non giovani… non cambia molto in realtà. Il principio è sempre lo stesso, nel clubbing: incontrarsi, ascoltare musica, ballare, esprimere se stessi. Sono inclinazioni che ti porti dietro a seconda del tuo atteggiamento nei confronti della vita, non a seconda dell’età. Io, per dire, amo ancora tantissimo ballare.
Tra l’altro prima ancora di essere un dj e un producer tu se non sbagli eri un vero e proprio “dancer” riconosciuto nella scena inglese…
Ho iniziato a ballare e fare il dj insieme, anzi, forse è proprio il ballo ad essere arrivato per primo.
Hai rimpianti, se ripensi a quegli anni? O nostalgia?
No. Perché quelle che allora erano delle passioni oggi sono diventate un lavoro: con la conseguenza che posso stare molto più tranquillo, anche se in realtà quello che faccio nel campo del clubbing lo devo fare in modo molto meno spensierato. Io non credo nei rimpianti: per me il passato è solo unicamente un bacino di esperienza da cui poter attingere continuamente per affrontare meglio il presente. Gli anni in cui c’era stata l’esplosione dell’house e dei rave in Inghilterra sono stati strepitosi, e lo sono stati anche perché non era una questione di soldi: non era questione di chi suonava, chi c’era in line up, quanto era famoso questo o quello, era questione di stare tutti quanti insieme e di divertirsi. La cultura house è una cultura inclusiva. Questo per me è sempre stato il punto fondamentale allora e continua ad esserlo ancora adesso.
Paradossale sentirlo dire, se ci pensi, da uno che ha formato un gruppo che è diventato altamente famoso.
La musica serve a migliorare la vita. Io vedo il mio lavoro come un servizio: tutti noi su questa terra abbiamo un compito, il mio è quello di portare gioia alle persone, farle ballare e, possibilmente, arricchire le loro esperienze.
A sentir queste cose noialtri critici musicali, sai com’è, dovremmo storcere il naso: da un musicista vogliamo coraggio, sfrontatezza, capacità di sfidare i gusti del pubblico andandogli magari pure contro pur di mantenere la propria purezza artistica…
Sì, ok. Bene. Ma non è come la vedo io. Come la vedo io, te l’ho detto. E sono felice di essere così.
Fino a che punto “Junto” contiene soluzioni sonore inedite per i Basement Jaxx e fino a che punto è invece qualcosa di tipicamente e riconoscibilmente vostro?
Oddio, è qui che entrate in causa voi critici musicali: siete voi che dovete decidere queste cose. Quello che ti posso dire io è che al momento di fare questo album io e il mio socio avevamo ben chiara in testa una cosa: dare vita a dei pezzi che avremmo potuto e voluto suonare anche in un dj set, qualcosa insomma che andasse bene proprio per i club. Uno spirito che avevamo ai tempi “Remedy”, quindi per certi versi è stato un ritorno alle nostre radici. Eravamo fiduciosi di poter dire qualcosa di interessante, anche di attuale e contemporaneo, per quanto riguarda il contesto della club culture; al tempo stesso volevamo essere sicuri di non tradire i nostri fan. E’ vero che noi amiamo sempre cambiare, evolverci, ma stavolta con “Junto” abbiamo preferito mirare all’essenziale, non buttarci in soluzioni troppo strane.
Sentivate un po’ di pressione addosso, durante la lavorazione del disco?
L’unica pressione era quella che noi esercitavamo su noi stessi: incidere del buon materiale, fare cose belle, varie e che comunicassero sensazioni positive. Se il disco si intitola “Junto”, è anche perché cercavamo la connessione, l’empatia tra noi e chi ascolta la nostra musica, oltre a sviluppare il concetto per cui su questa pianeta siamo tutti in qualche modo interdipendenti, nessuno si può chiamare fuori. Se connessione dev’essere, è fondamentale allora che si faccia di tutto affinché sia una connessione positiva.
Tutta questa positività… quanto durerà? Riuscirà a durare per sempre?
Speriamo! Noi cerchiamo sempre di essere onesti e sinceri verso quello che facciamo. Ecco, c’è stato un nostro lavoro – e mi riferisco a “Scars” – che è stato più scuro, cupo, forse anche più confuso. Bene: abbiamo scelto, vogliamo stare dalla parte della felicità. La felicità è una delle poche cose che puoi scegliere: perché nella vita puoi avere un lavoro di merda e non poterci fare nulla se non accettarlo a basta, perché non hai alternative. Ma essere felici, trovare sempre il lato positivo delle cose, è una scelta che sarà sempre tua, che nessuno ti può togliere. Anche se essere felici è difficile, è complesso, è molto meno banale ed immediato di quel che potrebbe sembrare. C’è stato un momento in cui avevo veramente tanti soldi, mi sono comprato una casa grandissima: beh, non era felice. Primo di mettermi a lavorare a “Junto” mi sono spostato in una casa più piccola, ho buttato via un sacco di cose, ho molto semplificato la mia vita e credimi, sto molto meglio adesso. “Pulire” la mia testa dai pensieri e da cose troppo materiali è stato fondamentale.
Com’è possibile che a distanza di vent’anni siamo ancora qua a parlare, e tanto, dei Basement Jaxx? Ti saresti aspettato che sareste stati un sodalizio così longevo e duraturo nel suo successo, per giunto in un contesto molto dinamico ed irrequieto come quello legato più all’elettronica di taglio dance che al rock?
Mai! Ti dirò di più: quando ero giovane, pensavo che ritrovarsi a fare il dj a quaranta e passa anni fosse una cosa triste… e ora guarda, quello triste sono io! Anche se in effetti ora suono meno di prima, però di sicuro continuo a suonare e non mi passa per la testa l’idea di smettere – e a giudicare dalle reazioni di chi mi sta davanti, visto che hanno tutti l’aria di divertirsi, non è ancora arrivato il momento di pensionarmi. Sai cosa ci aiuta? Il fatto di aver sempre avuto nei live show dei Basement Jaxx una forte componente legata al clubbing: certo, c’è teatro, danza, costumi, c’è qualche liturgia tipicamente rock, ci sono un sacco di cose bislacche perché a noi piace così, ma una delle radici principali resta sempre quella della club culture. Questo ci aiuta a mantenere la mente fresca.
Ecco, a proposito di concerti: quest’estate dovevate venire in Italia, in Umbria, poi all’ultimissimo la data è saltata. Cosa è successo?
Fondamentalmente, a quanto pare non ci hanno mai mandato l’anticipo che era stato pattuito. E’ stata una grossa delusione: noi tutti non vedevamo l’ora di suonare nel vostro paese, era tanto che non ci venivamo con un live show vero e proprio! L’abbiamo saputo proprio all’ultimo. Io per dire ero in Corea e mi stavo già dirigendo verso l’aeroporto per prendere il volo verso l’Italia quando mi hanno telefonato per dirmi che era meglio se cambiavo volo e me ne tornavo tranquillamente a Londra…
Eri in Corea, stavi per prendere un aereo per l’Italia, ma in pochi minuti hai cambiato il volo per andare a finire in un’altra nazione… credo ti sia già successo molte volte, no?, e in generale mi sa che fai una vita parecchio dislocata, almeno geograficamente parlando. Ti capita mai di pensare, ogni tanto, che sia tutto in qualche modo “troppo”?
Sì. Ma devi cercare di mantenere un equilibrio. Ci sono band comunque che stanno in tournée per mesi e mesi di fila, ma noi questo cerchiamo sempre di evitarlo. Un po’ di vita casalinga, tra una data e l’altra, è fondamentale per non perdere il senno. Almeno per noi. Tentiamo di non perdere di vista quelle che sono le cose veramente importanti nella vita di una persona. Da un lato, non devi essere avido, non devi per forza volere sempre tutto; dall’altro io ogni tanto sento delle rockstar lamentarsi della vita che fanno e mi viene proprio da dire “Ma come fai! Stai facendo il mestiere più bello del mondo e ti lamenti pure? Cosa c’è che non va in te?”.
Tu e Simon filate d’amore e d’accordo anche quando registrate o siete una di quelle coppie artistiche che per ottenere il meglio da sé deve passare da scontri, confronti duri, litigi feroci?
Siamo abbastanza bravi nel darci reciprocamente spazio vitale, così ognuno può crescere per bene le sue idee. Di solito le prime scintille arrivano da me, poi Simon ha l’abilità di dar loro corpo, senso, coesione. Lui d’altro canto è più musicista, io più cantante. Il messaggio parte da me, ma il modo in cui questo messaggio è fissato dipende molto da lui. Poi alla peggio arrivo io ad aggiungere qualche simpatico orpello!
Insomma: le cose nella ditta Basement Jaxx vanno ancora bene, siete felici, siete positivi, siete ottimisti. Direi che ci sono tutte le premesse per ritrovarci qua fra vent’anni a parlare ancora di voi.
Chi lo sa! Non si può mai dire. Appunto, pensa a quello che ti dicevo sul deejaying: quando ho iniziato, mai ho immaginato che dopo vent’anni sarei stato ancora in consolle! Ok, oggi trovare dj ultra quarantenni sulla cresta dell’onda è sempre più facile, però ecco, spero di non perdere il dono di capire quando sarà il momento di farsi, con calma, da parte. Intanto non penso così a lungo raggio: il mio sogno nel cassetto è fare un vero e proprio musical, ma intanto Jaxx a parte mi sono cimentato recentemente in un progetto molto bello, un evento speciale che serviva a sensibilizzare le persone sul problema dei non vedenti. Abbiamo organizzato una performance in cui tutti gli spettatori saranno bendati. La musica progettata per questa performance ha spesso frequenze incredibilmente basse, ai limiti della percezione umana. Fruirla già in condizioni normali è un’esperienza particolare, farlo da accecati sarà ancora più intenso e spiazzante. Ecco, progetti come questo mi appassionano veramente tanto, ne vedo molti altri così nel mio futuro.