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[tab title=”Italiano”]Trovarsi nel momento musicale giusto con una hit che riesce a mettersi in mezzo, ad essere un crossover tra il clubbing ed il pop radiofonico. Questo è capitato a Ben Pearce che nel 2012 pubblicava “What I Might Do”: un successo mondiale, prime posizioni nelle chart più blasonate, un intenso tour promozionale insomma tutte le carte in regola per essere classificato come “celebrità”. E poi? Come si resta a galla, come si sopravvive al successo, che rapporto si ha con il pubblico… in questa intervista abbiamo chiesto a Ben di spiegarci tutto questo a distanza di qualche anno, a mente lucida e spogliato delle glorie passate e lui, non si è tirato indietro.
Iniziamo da quello che è successo subito dopo “What I Might Do”(2012). Disco di platino, settima posizione nella UK chart, traccia più ricercata su Shazam nel 2013, world tour insomma un successo planetario che, forse, non ti aspettavi. Raccontaci cosa succede quando da semplice addetto ai lavori ci si trasforma in Ben Pearce star internazionale, hai solo ricordi positivi?
Effettivamente è stato un vero shock per tutto il sistema così come lo è stato per me, immaginate per un attimo di passare da un classico impiego d’ufficio 9-17 a date in giro per il mondo. Tutto è avvenuto molto in fretta, mi piaceva così tanto che per un paio di anni davvero non ho capito cosa stesse succedendo. Ora sono più cosciente dell’accaduto e molto più autocritico, a tal punto da dire che il successo improvviso non aiuta. Bisogna sempre ricordarsi che si tratta comunque di un lavoro duro, assolutamente divertente che non cambierei con null’altro, ma non sbagliate considerandolo solo e puro divertimento, stiamo parlando pur sempre di impegno e sacrificio.
La tua adolescenza sonora è stata prettamente legata al pop punk/metal, come hai sviluppato l’interesse per il clubbing e per le sonorità affini?
Ritengo di essermi avvicinato al clubbing come molte altre persone, iniziando ad associare sballo e locali. Dopo la mia adolescenza punk/metal ho iniziato a frequentare nuovi amici, nuovi club dove si esibivano dj come Danny Tenaglia. Questo mondo mi ha subito catturato. In tutto ciò non ero più giovanissimo e, anche per questo, ho avuto feedback diversi, più concreti rispetto a chi aveva iniziato queste frequentazioni prima di me.
Il tuo ritorno su Moda Black con l’EP “Pomelo” è stato presentato come “club-focused house-meets-techno”, un progetto che si muove verso sonorità più underground. Vuole essere un taglio con il passato con la deep-house dall’appeal radiofonico, azzardiamolo, quasi pop?
Non sto abbandonando questo genere, anzi, penso che sia fantastico… ma il nuovo significato che si sta dando al termine deep-house, quello che oggi si rappresenta con esso, no, non mi appartiene. Sono un dj prima di tutto, quando il pubblico chiedeva un certo tipo di sonorità sono stato pronto ad accontentarlo; tuttora cerco sempre di cucire i miei dj set su misura del pubblico che ho davanti. “Pomelo EP” è, forse, più underground di quello che ho prodotto fino a ora ma non è nato da una forzatura, da un obbiettivo preposto. Produco la musica che più mi piace poi lascio che siti e blog di settore la etichettino.
In questo percorso di rivoluzione sonora che posto hai riservato alla tua collezione di “The Sextape Series”; serie nata come podcast dal carattere disco-funk poi evolutasi in party dall’atmosfera intima e calda, tipicamente disco. Continuerai a lavorarci su?
Probabilmente si, anche se non mi piace forzare troppo le cose. Erano, a modo loro, degli appuntamenti parecchio speciali un po kitsch e molto divertenti da realizzare. Mi piace suonare pezzi disco nei miei dj-set e ovviamente continuerò a farlo anche al di fuori degli appuntamenti “Sextape”. Il prossimo mese ho una data con Greg Wilson e Severino a Londra, XOYO club e sicuramente ci saranno molte influenze disco durante quella serata. Certo potrei tornare a mixare qualche podcast in più, ma per il momento non è nei miei piani.
Rimanendo in ambito disco music, lo scorso maggio hai avuto l’onere d’intrattenere gli ospiti della Shoreditch House durante la presentazione del nuovo album di Giorgio Moroder, “Déjà vu”. Com’è andata?
E’ stato bellissimo, un onore essere invitato a proporre musica in un party simile.
Per un’occasione così importante avrai preparato una selezione altrettanto speciale.
Non proprio, ho portato con me qualche disco e delle chiavette USB come faccio per qualsiasi dj set. Non programmo mai le mie selezioni a meno che non si tratti di radio show o appuntamenti simili.
Solitamente per i tuoi dj set come organizzi la musica? La selezioni personalmente tra promo e nuove uscite o proponi prevalentemente tue tracce?
Non sono molto attento a quando siano uscite, di chi siano o che tipo di tracce siano, se sono valide le porto con me e nel momento giusto le propongo. Attualmente c’è troppa musica per pensare che alcune tracce siano più esclusive e preziose di altre, ti dirò di più, quando i dj le tengono segrete o evitano di svelarle a chi chiede informazioni a riguardo mi innervosisco. Qualche settimana fa a Manchester ho visto un ragazzo tra la folla che cercava di rintracciare info utilizzando Shazam, senza riuscirci. L’ho fatto avvicinare per digitargli il titolo sul suo telefono, la musica è fatta per essere condivisa.
Domanda scomoda. La presentazione del tuo debut album quando ci sarà? Ci stai pensando?
Ci sto pensando ma non molto concretamente, posso solo dirti che non sarebbe un album di, sola, musica house. Ho molte idee in testa e parecchio materiale già pronto per essere pubblicato nel corso di quest’anno, ma nessun piano per un album.
Un album di Ben Pearce, oggi, che influenze avrebbe, quali artisti catturano la tua attenzione ultimamente?
Come ti dicevo poco fa non sono un fan degli LP di sola house music. Io vengo dal mondo delle band e tuttora seguo molti gruppi, mi affascinano più di qualsiasi altra cosa; per me un album deve raccontare una storia, deve essere profondamente personale, intimo per essere valido. Sicuramente un LP che mi ha colpito di recente è stato “Portraits” dei Maribou State, incredibile. Altri artisti che catturano la mia attenzione, di cui condivido il pensiero e da cui mi lascio influenzare sono Andrew Mcmahon In The Wilderness, Toro Y Moi, Panic At The Disco, Young Guns.
Ricapitolando: dj, producer, remixer, label owner e anche management. Riesci a districarti con facilità tra questi molteplici ruoli mantenendo musica e business distanti tra loro?
No, sarebbe la risposta in sintesi- ride – ehm, è molto difficile. Sono stato fortunato sin dall’inizio ad avere con me un team fantastico ed efficiente. Ci siamo riusciti, siamo arrivati fin qui insieme; va ricordato che ci sono moltissime persone impiegate nel music business, relegate dietro le quinte, per far si che artisti come me si godano il loro successo. Tutte queste persone meriterebbero un applauso.[/tab]
[tab title=”English”]Being in the exact musical moment with a track that can get in the middle, to be a crossover between clubbing and radio-pop sound. This has happened to Ben Pearce, in 2012 he published “What I Might Do”: worldwide success, first positions in the most powerful chart, an intense promotional tour so, all the rules to be classified as a “celebrity.” And then? How be solid in the years, how he survives the success, what relationship he have with the audience… in this interview we asked Ben to explain all this after a few years, with a clear mind and bare of past glories, he has not pulled back.
Let’s start with what happened after “What I Might Do” (2012). It was a platinum record, reached seventh place in the UK chart, its was most Shazamed track in 2013, world tour; a worldwide success, which maybe you didn’t expect. Tell us what happens when a DJ/producer turns into an international star. Is it only positive memories?
It’s a real shock to the system, well it was for me anyway. Going from 9-5 office work to touring the world. It happened so fast and I was loving it so much it didn’t really make sense what it was doing to me for a couple of years. Now I’m a bit more conscious of it, I’m really self critical and I think that doesn’t help. It is a lot of hard work, amazing fun and I wouldn’t trade it for anything but make no mistake it’s a hard graft.
In your teens you were heavily into pop punk/metal. How did you develop an interest in clubbing and underground music?
The same way most people did I guess, narcotics and clubs. I got a new group of friends and started to go see acts like Danny Tenaglia, it was quite late on in my life so maybe a different experience than some people have had.
Your return on Moda Black with “Pomelo” EP was presented as “club-focused house-meets-techno”. Why do you want to break away from past deep house records and focus more on underground sounds?
I’m not breaking away from deep house, deep house is fantastic… the new meaning of what people think deep house is, that’s what I’m nothing to do with. I’m a DJ before anything else, so when I was playing these shows and that’s what people wanted to hear… I played it. I’m always tailoring my DJ sets to the crowd. This is maybe slightly more underground than what I’ve released in the past but it’s by no means an effort to be more underground. I’m just making music that I love and letting the blogs and music sites decide what they want to categorise it as.
“The Sextape Series” was born as a series of podcasts that are disco-funk orientated which has since evolved. Are you going to continue working on these?
Probably, I don’t like to force things. They were special in their own way, pretty cheesy and fun to do. I love playing disco, don’t for a second think I won’t be playing disco now unless it’s a ‘sextape set’. I’m playing at XOYO next month with Greg Wilson and Severino, that’ll be mostly disco. I might do some more podcasts at some point but I haven’t got any immediate plans.
Sticking with the disco vibes, last May you had the responsibility to entertain guests at Shoreditch House as part of Giorgio Moroder’s ‘Deja Vu’ album launch party. How did it go?
It was amazing, a definite honour to be asked to play at something like that
For a special party like that did you prepare a special selection of music?
Not really, I just brought a bunch of records and some USB’s like usual. I don’t usually plan sets unless it’s for a radio show or something.
How do you usually organise your music for your DJ sets? Do you select them from music promo’s and new releases or mainly play your own tracks?
I don’t think about when tracks came out or what they are, if they’re good and I want to then I’ll play them. There’s too much music out there to be precious, it really pisses me off when I see DJ’s refusing to tell somebody in the crowd what a song is. A few weeks ago in Manchester I saw a guy trying to shazam a song and it wasn’t working so I called out to him and typed it in his phone, music is for sharing.
Awkward question. When can we expect your debut album? Are you thinking about it?
Thinking about it but not in any real terms. I don’t think it would be house music, put it that way. I’ve got a lot of ideas, a lot of music going to be coming out this year but no real plans for an album just yet.
If you were to put out a Ben Pearce album today, which kind of influences will have? Which artists capture your attention?
Personally, I’m not a huge fan of house music albums. I come from a background of bands, I still listen to bands most of the time over anything else, for me albums tell a story and they are deeply personal. My favourite albums recently… like Maribou State’s last year was unbelievable. Then artists that catch my attention in terms of what I think musically I’d like to be influenced by would be Andrew Mcmahon In The Wilderness, Toro Y Moi, Panic At The Disco, Young Guns.
To recap, you’re a DJ, producer, provide remixes and own your own label. Do you find it easy to stay on top of everything and manage your business and music separately?
No, is the short answer! haha. erm, it’s hard. I’ve been lucky enough to have an amazing team behind me at mostly every stage since the beginning. We get there in the end, there’s so much work people don’t see behind the scenes in the music industry to make all this happen for people like me and everyone who works in that world should be applauded.[/tab]
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